Ferrarese, classe 1958, avvocato con spiccate doti letterarie, Dario Franceschini è il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che meglio ha saputo interpretare l’idea di patrimonio in una società complessa alle prese con grandi cambiamenti sia strutturali che funzionali.
Nel suo percorso al MIBAC, Franceschini è stato capace di condurre il Ministero verso una dimensione inedita e quanto mai attuale, introducendo cambiamenti significativi e spesso di rottura sia nella concezione istituzionale del bene pubblico che in quella, delicatissima, del rapporto tra ideazione e fruizione dell’esperienza culturale nella società italiana dell’inizio del XXI secolo.
Nessuno meglio di lui poteva quindi intervenire per il lancio del sito web della storica rivista Domus, un punto di riferimento nella tradizione internazionale che si rilancia come il laboratorio italiano del dibattito sull’architettura, il design, l’arte. In una parola tutto quello per cui l’Italia è nota nel mondo.
Walter Mariotti: Ministro Franceschini, che ruolo hanno secondo lei l’architettura e il design oggi?
Dario Franceschini: L’architettura ha il compito di disegnare lo spazio umano, costruire i limiti della sua esperienza e dare significato al suo contenuto. Oggi tutto questo si declina in un’opera adeguata a ricostruire il senso di comunità, perduto in gran parte delle nostre città e soprattutto nelle periferie. Occorre pensare, progettare e realizzare spazi vissuti, a partire da quelli in cui lavora e sogna la gran parte delle popolazioni delle nostre metropoli. In cui gli aggregatori culturali costituiscano i nuovi centri di una città ripensata, in cui le persone si muovono verso le periferie per conoscere, sperimentare e praticare il nuovo. Il design, invece, è chiamato a infondere bellezza unita a praticità nell’uso quotidiano, due requisiti fondamentali per la nostra epoca.
Walter Mariotti: Quali sono le emergenze che l’architettura deve fronteggiare oggi?
Dario Franceschini: La riqualificazione urbana, con l’adeguamento di molti edifici anche in aree centrali o semi centrali delle città dal punto di vista antisismico, del risparmio energetico, della sicurezza. Il ripensamento delle periferie, anche con inserti di architettura contemporanea pregevole, capace di generare valore materiale e immateriale. La qualità della vita metropolitana, con la progettazione e la realizzazione di infrastrutture di trasporto pubblico adeguate alle esigenze di una popolazione ormai sempre più mobile.
Occorre pensare, progettare e realizzare spazi vissuti, a partire da quelli in cui lavora e sogna la gran parte delle popolazioni delle nostre metropoli.
Walter Mariotti: Può l’architettura rappresentare una risposta alla fragilità del paese, che abbiamo purtroppo visto negli ultimi disastri ambientali, e alle grandi trasformazioni sociali, come le migrazioni?
Dario Franceschini: L’architettura è senza dubbio lo strumento. La risposta può stare solo nella politica intesa nel senso più alto del termine, ossia nella capacità di comprendere i fenomeni e di guidarne l’evoluzione. Per superare la fragilità dell’Italia occorre porre fine all’abusivismo edilizio e al mattone selvaggio non solo con i divieti e la repressione ma soprattutto con l’educazione al costruire, per evitare che interi quartieri sorgano su letti di torrenti, fiumi interrati, zone argillose, aree altamente sismiche se non addirittura vulcaniche. Allo stesso modo le trasformazioni sociali vanno interpretate e costantemente accompagnate, con le necessarie politiche di inclusione necessarie a fare di una potenziale crisi un’autentica opportunità di crescita per il Paese. Le migrazioni sono una costante della storia dell’umanità, sta alla politica adoperarsi, anche attraverso una buona architettura, affinché non sorgano ghetti ma nuove comunità in cui nuovi e vecchi italiani possano convivere, confrontarsi e arricchirsi reciprocamente.
Walter Mariotti: Oltre che una risorsa del nostro sistema industriale, il design può essere un elemento di avanzamento culturale e d’integrazione?
Walter Mariotti: Il nostro design è il frutto del gusto e dell’estetica della cultura italiana, naturale che possa essere anche uno strumento di integrazione.
Walter Mariotti: Che rapporto vede tra tendenze e progetti, tra società e utopia?
Dario Franceschini: Senza utopia non c’è società, senza progetti non ci sono tendenze. È puntando a obiettivi ambiziosi che si mobilitano le energie necessarie a realizzare uno scopo. Senza una visione ci perderemmo nel quotidiano e nella soddisfazione dei bisogni primari.
Per superare la fragilità dell’Italia occorre porre fine all’abusivismo edilizio e al mattone selvaggio non solo con i divieti e la repressione ma soprattutto con l’educazione al costruire, per evitare che interi quartieri sorgano su letti di torrenti, fiumi interrati, zone argillose, aree altamente sismiche se non addirittura vulcaniche.
Walter Mariotti: Il ruolo della critica e della società civile, ovvero del genio italiano, di cui Domus è l’emblema, sarà ancora importante nella società digitale del XXI secolo?
Dario Franceschini: Sarà determinante. La società digitale è niente senza contenuti. Il genio italiano, la capacità di critica, la creatività sono generatrici di quella cultura senza cui ogni contenuto è vano.
Walter Mariotti: Domus ha gemmato molte edizioni internazionali (Cina, Sri Lanka, India, Germania, Centro America, Africa), che rappresentano un punto di riferimento obbligato per il dibattito contemporaneo. È un segno della forza del Made in Italy e della cultura italiana?
Dario Franceschini: Lo stile di vita italiano è noto, apprezzato e invidiato in tutto il mondo. È un segno di forza che le edizioni internazionali nascano non come pallidi tentativi di imitazione ma come gemmazioni dirette di una testata autorevole e accreditata.
Walter Mariotti: Uno dei grandi temi di oggi è il recupero del paesaggio, la sua preservazione. C’è un modello di paesaggio che ha in mente? Dove per paesaggio si intende un territorio antropizzato che regga il cambiamento climatico e l’intervento umano?
Dario Franceschini: Senza intervento umano non esiste il paesaggio, che è il frutto dell’armoniosa interazione tra civiltà e natura dove l’uomo plasma con sapienza l’ambiente che lo circonda. Questo è il modello del paesaggio europeo, declinato in ogni nazione con propri caratteri originari dovuti alla storia sociale, politica e economica. È nostro preciso dovere difendere questo modello, prevenendo gli abusi sia tramite la repressione della cementificazione selvaggia che tramite una maggiore educazione al costruito, e adattarlo al cambiamento climatico, sia esso dovuto all’azione umana che a cause naturali, con una maggiore cura del territorio. Tutto questo sarà al centro degli Stati Generali del Paesaggio che si terranno a Roma a Palazzo Altemps il 25 e il 26 ottobre.
Walter Mariotti: È possibile pensare a una rete che tuteli le migliaia di borghi, molti dei quali abbandonati, che costituiscono il patrimonio architettonico e artistico d’Italia, spesso minore, ma che dà il “sapore” del Paese?
Dario Franceschini: L’approvazione della legge Realacci sui piccoli Comuni è un'ottima notizia al riguardo. Si tratta di un provvedimento fortemente sostenuto dal Governo che prevede misure concrete per lo sviluppo economico e la crescita dei piccoli comuni in chiave sostenibile e per contrastarne lo spopolamento. La legge è stata da poco approvata nell’Anno dei Borghi a conferma della completa sintonia tra le scelte del Governo e le volontà del Parlamento che su un tema così strategico si è unito al di là delle appartenenze e politiche. È una grande opportunità per il rilancio e lo sviluppo dei piccoli comuni, dei borghi e di interi territori che rappresentano il cuore e l'anima della nostra identità.
Senza intervento umano non esiste il paesaggio, che è il frutto dell’armoniosa interazione tra civiltà e natura dove l’uomo plasma con sapienza l’ambiente che lo circonda.
Walter Mariotti: C’è un modello nel mondo a cui fare riferimento o il modello è quello italiano?
Dario Franceschini: Il modello italiano è adatto ai caratteri originari del nostro Paese, ricco di un patrimonio diffuso frutto delle numerose civiltà che vi si sono sviluppate nei millenni e di una frammentazione politica durata mille e cinquecento anni. Ogni nazione ha la sua storia e nella sua storia risiedono i problemi del presente e le soluzioni del futuro.
Walter Mariotti: A che punto è il progetto sul recupero delle periferie?
Dario Franceschini: Presto partirà il recupero del Cerimant di Tor Sapienza, un’area militare abbandonata nella periferia est della Capitale ma collegata con binari fino alla stazione Termini che sarà un potente aggregatore culturale, con residenze d’artista, laboratori, spazi sperimentali. È il primo dei tanti progetti a partire, tutte iniziative che porteranno le periferie a essere i nuovi centri delle nostre città, dove la gente va per sperimentare le nuove tendenze creative. Molti di questi progetti saranno visibili al pubblico nella mostra “Da io a noi: la città senza confini” al Palazzo del Quirinale, che si apre per la prima volta all’arte contemporanea con un’esposizione significativamente dedicata alle periferie urbane.