Nei tre decenni che hanno preceduto lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 Madrid ha raddoppiato la superficie costruita, arrivando a completare fino a 58.000 nuove unità residenziali in un anno. L'espansione dei quartieri residenziali suburbani si è diffusa come un arcipelago di centri commerciali e di cosiddette "città" legate alle grandi aziende, accessibili solo in automobile e costruite grazie a una struttura di appalti fondata sulla massiccia dislocazione di lavoratori transnazionali in condizioni di lavoro precario. Con oltre 300.000 abitazioni non occupate e il territorio regionale disponibile quasi esaurito, i giovani (con un tasso di disoccupazione del 43,5 per cento e in condizioni di precariato instabile) sono ben lontani dal potersi permettere anche solo un contratto d'affitto, mentre le banche e gli istituti finanziari spagnoli hanno dichiarato nel primo trimestre del 2011 profitti per 3.714 milioni di euro. In ampie fasce della società giovani e anziani ritengono che il modo in cui la città si sviluppa non rappresenti affatto i loro interessi e le loro sensibilità. L'iniquità nella distribuzione della rappresentanza nelle istituzioni democratiche trova una controparte nella forma urbana. La radicale diffusione delle zone riservate alle auto cui si è assistito costituisce una deliberata strategia di disimpegno dalle realtà che compongono la città. La stessa logica rende possibile la quarantena dei lavoratori del sesso nel parco di Casa del Campo e la miseria e il traffico di droga nella baraccopoli di Cañada Real Galiana: entrambe sono isole urbane accessibili soltanto in auto.
Per comprendere quello che è accaduto alla Puerta del Sol di Madrid è importante prendere in considerazione fatti che non sono stati abbastanza tenuti in conto. Fin dal primissimo giorno la tendopoli è stata tenuta scrupolosamente pulita e in ordine. Sono state istituite infrastrutture, strategie di comunicazione e commissioni logistiche, con le quali sono stati messi a punto protocolli di dibattito e di deliberazione. Il lavoro è stato gestito tramite modalità di auto-organizzazione. La protezione degli apparati tecnologici dal sole e dalla pioggia è stata montata e installata in loco. I manifestanti si sono organizzati per prendere a prestito servizi igienici provvisori e hanno regolamentato l'uso delle docce nei vicini appartamenti dei sostenitori. Quando gli ispettori sanitari del Comune hanno visitato la tendopoli hanno concluso che le condizioni igieniche erano adeguate, affermando che era "ben spazzata e che non si era trovata traccia di rifiuti".[2] Ben presto le assemblee sono diventate avamposti della partecipazione. Se qualcuno affermava che i banchieri si comportano da hijos de puta molti partecipanti incrociavano silenziosamente le braccia, in segno di deprecazione dell'emarginazione della prole dei lavoratori del sesso attraverso il linguaggio. Alle beffe del primo giorno all'indirizzo dello striscione "LA RIVOLUZIONE SARÀ FEMMINISTA O NON SARÀ" si è risposto con la programmazione di seminari sul femminismo che articolavano il dibattito sull'eguaglianza di genere che si svolgeva nella tendopoli. Sol non è stata una manifestazione ma piuttosto un processo di ricostruzione istituzionale della vita quotidiana. Uno sforzo collettivo per portare dentro la politica la vita quotidiana della città, in cui si è fatto tesoro del capitale sociale, dello spirito associativo e del buon comportamento derivanti da un precedente patrimonio di esperienze e di costruzione sociale, vitale al fine di rendere possibile il movimento e di cui bisogna tener conto.
A Madrid alla fine degli anni Ottanta l'urbanistica speculativa e privatistica ha suscitato la risposta di una complessa rete di piccoli gruppi organizzati urbani interconnessi. Questo resoconto per esempio non può dar posto alla lunga lista centri sociali autogestiti che hanno dotato la città di un'intensa attività assembleare sotterranea, nella quale si sono sviluppate le forme di dibattito poi adottate al Sol. In questo quadro architetti, artisti e filosofi hanno trovato occasione di ridefinire il modo in cui il sapere degli esperti poteva essere inserito e integrato in un quadro relativamente simmetrico di sensibilità, saperi, prassi e competenze esterne a essi. Ed è stato sempre in questi luoghi che le realtà emarginate hanno avuto modo di costituirsi come interessi e conquiste sociali grazie alla forza fornita dall'associazionismo. Tutte insieme queste motivazioni hanno dato vita a quella che per molti è rimasta una Madrid invisibile. Una città delle minoranze, fragile e instabile, fatta di architetture dell'appropriazione e, in parecchi casi, di occupazioni illegali.
La tendopoli di protesta del Sol ha mostrato al mondo il dibattito tra l'urbanistica dell'emarginazione e quella contrapposta del dibattito istituzionale. Un luogo di tensione tra la città dei fatti compiuti e la città che non pretende di risolvere il conflitto e il relativo dissidio, ma di dargli un posto nello spazio pubblico. La prima è alleata con l'architettura della tabula rasa e del consumo estensivo delle risorse, la seconda agisce tramite la riappropriazione, la costituzione di reti e la reistituzionalizzazione dell'esistente.
Tenuto conto di ciò si potrebbe chiedere: quali sono risultati di 15M in campo urbanistico? Probabilmente l'attività parlamentare connessa, realizzata nelle zone adiacenti, nonché un cospicuo movimento sociale in cui la militanza online ha imparato a trovare spazio nelle "arene offline", ma soprattutto una forma urbana specifica: la città come controversia. Ora le carte sono in tavola e le ideologie si esprimono apertamente in un parlamento. Realizzare la possibilità di delineare la città nella forma senza discussione del consenso normalizzato non è più possibile. Chi si lamentava aveva ragione: il bersaglio della sfida era la "normalità" come forma urbana.
Note:
1. Francisco Granados, ministro per la Regione di Madrid, ha lamentato che uno spazio pubblico sia stato "sequestrato da pochi interrompendo il corso normale della vita quotidiana di Madrid" El País, 28 maggio 2011.
2. Bruno García, "La acampada supera el examen de los inspectores municipales de Salud", El País, 28 maggio 2011.
Andrés Jaque è un architetto libero professionista. Vive a Madrid, dove dirige il suo studio Office for Political Innovation, che esplora le potenzialità che emergono dal confronto tra la pratica architettonica e una cornice teoretica di politica post-fondazione e gli approcci simmetrici alla sociologia della tecnologia. Il motto dello studio è: "l'architettura è un render tecnologico della società".