Domus 1090 è un’esplorazione sul tema della mobilità che intercetta i primi studi sull’aerodinamica e le auto elettriche, fino alla relazione dei trasporti con l'ambiente costruito. “Da bambino, negli anni Quaranta e Cinquanta, ero ossessionato dal movimento e dalla velocità”, scrive Norman Foster nell’editoriale. Oggi, continua il guest editor 2024, le città sono cambiate poco, ma rimaniamo una società fortemente legata all’uso dell’automobile e all’espansione urbana, producendo “un elevato consumo di energia e un’alta impronta di carbonio”. Il futuro della mobilità è quindi connesso strettamente alla pianificazione urbana e alle infrastrutture.
I tre saggi espandono alcuni temi specifici, pensando a come la mobilità possa essere progettata per rendere le città più sostenibili ed eque. Stephen Bayley indaga l’immaginario legato all’automobile e la sua relazione con l’uomo. Quello che era un oggetto che esprimeva sogni e libertà, si è trasformato nel catalizzatore delle nostre preoccupazioni ambientali, facendo entrare in crisi l’auto convenzionale, che oggi è alla ricerca di un nuovo linguaggio visivo. Thomas Stone affronta il tema della pianificazione integrata di urbanistica e trasporti. Focale in una fase storica in cui l’incremento dell’urbanizzazione è un fenomeno globale, essa può rendere efficaci politiche lungimiranti e inclusive per la popolazione urbana, permettendo a tutti di muoversi. Marco te Brömmelstroet e Jonne Silonsaari ragionano attorno al tema della scarsità degli spazi che nelle città sono riservati ai bambini. Gli autori traggono spunto da una serie di casi-studio oggi in fase di sperimentazione.
La sezione Architettura raccoglie progetti di recente realizzazione in Cina, Canada, Paesi Bassi e Iran.
Xiangning Li scrive dell’ultimo lavoro di Mad Architects, che ha completato il suo primo progetto orientato alla mobilità nella città di Jiaxing. La stazione ferroviaria è pensata come un’infrastruttura che, da un lato, ricostruisce un dialogo con il passato, ripristinando la vecchia stazione di mattoni, mentre, dall’altro, ricuce e articola la relazione fra i due lati della stazione, creando nuovi e ampi spazi verdi. A Québec City, la terza fase di progetto della Promenade Samuel-De Champlain è disegnata da Daoust Lestage Lizotte Stecker architecture. Leander Kalil racconta di questo tratto del lungofiume San Lorenzo con un passato industriale, oggi riconvertito a luogo ricreativo per la città e i suoi abitanti. Ad Amsterdam, VenhoevenCS architecture + urbanism realizzano un parcheggio per 4.000 biciclette sotto il livello dell’acqua. Kirsten Hannema racconta che a questo programma si aggiunge la costruzione di aree pubbliche e spazi per la biodiversità. A Teheran, Ka Architecture Studio interviene sulla stazione della metropolitana di Meydan-e Jahad attraverso una serie di volte di mattoni, dando un’enfasi a una tipologia urbana che è stata scenario di forti scontri fra Governo e cittadini dopo la morte di Mahsa Amini nel 2022. Il progetto, scrive Giulia Ricci, è parte di uno sforzo più ampio di pedonalizzazione della capitale iraniana. Il Future Car Park di Daniel Statham Studio, a Hangzhou, viene descritto da Guanghui Ding come un tentativo di rivoluzionare la tipologia dell’autosilo. Il progetto comprende sistemi automatizzati per il parcheggio, spazi pubblici e per eventi, oltre a un giardino pensile in copertura.
Da bambino, negli anni Quaranta e Cinquanta, ero ossessionato dal movimento e dalla velocità.
Norman Foster
L’intervista di Norman Foster a Robin Chase, imprenditrice americana del settore dei trasporti, evidenzia come il futuro stia nella più sostenibile città compatta, dove ci muoveremo non con i Suv, ma con mezzi di dimensioni più adeguate e consumi più contenuti.
Nella sezione Design, Alessandro Benetti presenta Luvly O, minicar elettrica tutta da montare la cui infrastruttura tecnologica e i kit di sviluppo sono stati brevettati dall’azienda svedese Luvly. Un’auto che punta a essere commercializzata su scala mondiale, che “offre ai suoi clienti un godimento etico prima che estetico”. Mandi Keighran racconta del sistema a idrogeno Croft. Frutto della collaborazione fra la start-up americana Croft e lo studio Layer di Benjamin Hubert, potrebbe migliorare il nostro modo di viaggiare: con maggiore autonomia e minore impatto sull’ambiente.
In Archivio, Matthew Foreman scrive della riscoperta di un pioniere dell’aerodinamica, l’ingegnere viennese Paul Jaray. Per Foster sull’arte, l’architetto britannico sceglie la Citroën DS, storica e iconica automobile rimasta in produzione dal 1955 al 1975. In Book reviews, Luca Galofaro recensisce tre libri – di Henry Grabar, Thalia Verkande e Marco te Brömmelstroet, e Ben Goldfarb – che trattano della relazione fra ecologia e mobilità. In Postscript, Foster rilegge l’infrastruttura come collante urbano.
L’intervista di Norman Foster a Kent Larson, direttore di City Science al MIT Media Lab, si concentra sull’equilibrio fra soluzioni tecnologiche e politiche pubbliche come chiave per realizzare una mobilità sostenibile. Nella Cover story, il fotografo canadese Edward Burtynsky racconta lo scatto di copertina, che ha per oggetto lo stabilimento BYD del distretto nazionale dell’Alta Tecnologia di Changzhou, un importante impianto produttivo della Cina orientale.
Nella sezione Diario, Davide Vargas racconta della seconda edizione di Interaction Napoli, manifestazione di arte pubblica. Javier Arpa scrive, in Emerging Territories, della recente trasformazione urbana di Tirana, mentre in Eventi racconta della Biennale di arte contemporanea di Diriyah, in Arabia Saudita. In Human Design, Paola Carimati racconta della ricerca di Giulia Foscari, fondatrice di Una/Unless, per Criosfera, la lampada realizzata per Artemide. In Grafica, Francesco Franchi presenta il metodo aperto di Bruno Munari in occasione della mostra “Bruno Munari. Tutto” alla Fondazione Magnani Rocca (Parma, fino al 30 giugno). In Mnemosine, Cristina Moro introduce il sodalizio creativo alla radice del nuovo brand Tamart, lanciato alla Mdw, che mette in produzione gli oggetti progettati nella seconda metà del Novecento da Tamar de Shalit e Arthur Goldreich. In Punti di vista, Giulia Ricci coinvolge Sylvia Lavin, storica critica e teorica che insegna alla Princeton University, e Kate Crawford, docente ed esperta internazionale di intelligenza artificiale. La conversazione verte sulla necessità di ricostruire la dimensione fisica dell’IA che, a dispetto della sua apparente impalpabilità, ha grandi impatti in termini architettonici, sociali e ambientali.