Negli ultimi cinque anni il fotografo Luca Quagliato ha percorso in lungo e in largo l’A4 da Torino a Venezia, passando per Milano, per portare avanti un lavoro importante, necessario e molto complesso. Come mostrare, cioè, quel che non si vede? È questa la domanda a cui molte delle sue fotografie cercano di dare una risposta, che è estetica solo nella misura in cui riesce a risolvere un quesito di etica.
Quel che non si vede, infatti, è presente in tutte le sue immagini, anche se in molti casi è nascosto sotto la superfici: è quindi proprio nel suo non mostrarsi che diventa il soggetto di ogni foto. Questo perché La Terra di Sotto — evocativo titolo della serie — è quell’area dell’industrioso Nord che l’Italia cela ai suoi stessi occhi, quella parte di suolo della Pianura Padana contaminato dagli scarti di un secolo di produzione industriale.
Armato di full frame e obbiettivo decentrabile, ma soprattutto del dubbio e del coraggio che fanno di ogni fotografo un potenziale investigatore, Quagliato ha attraversato un paesaggio avverso e tumultuoso anche se apparentemente immobile e silenzioso, puntando l’attenzione sui casi storici come su quelli di più bruciante attualità: dalle cave di amianto in provincia di Torino ai poli petrolchimici della laguna di Venezia, dall’eredità chimica della Caffaro a Brescia al complesso equilibrio dei quartieri costruiti su discariche illegali come Santa Giulia a Milano.
Le foto di Quagliato, vedute di solida struttura e grande impatto,si muovono tra la semplice forza del mostrare e la mai eccessiva necessità di dimostrare: le più forti e scioccanti sono ovviamente quelle in cui l’evidenza supera l’immaginazione, mentre più intriganti e inaspettate risultano quelle in cui l’estetica dei nuovi topografi americani—viene in mente un Robert Adams a colori—disvela il tema lentamente.
Nel 2020 La Terra di Sotto diventerà un libro, attualmente in prevendita, pubblicato da Penisola Edizioni con la collaborazione di Urbanautica Institute. A contribuire alla sua riuscita sono la partecipazione al progetto del giornalista investigativo Luca Rinaldi, membro di IRPI (Investigative Reporting Project Italy) che da tempo si occupa di crimini ambientali, le infografiche del cartografo Massimo Cingotti e di Matteo Aimini, ricercatore in architettura del paesaggio, e la veste grafica curata da Roberta Donatini.
Non sarà facile guardare queste fotografie, ma è importante capire che il Secolo del rifiuto, come lo definisce Rinaldi, non è semplicemente passato: i suoi effetti sono ancora qui, proprio sotto i nostri piedi.