Molto probabilmente arriveremo all’apertura della Biennale 2023 senza anticipazioni su quali forme aspettarci dagli interni del padiglione affacciato sulla Darsena dell’Arsenale.
Ma forse è anche la prima volta in cui conoscerli in anteprima non sarà indispensabile: nel progetto curato da Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi), la superficie del Padiglione Italia è quella dell’Italia stessa. Come già svelato in questi mesi con Spaziale presenta, la prima fase del progetto, il contenuto è fatto dall’attivazione di 9 progetti sul territorio nazionale, di cui il contenitore-padiglione sarà una sintesi concettuale e formale.
Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2023, cosa sappiamo a oggi
Una fotografia generazionale, un padiglione grande quanto un Paese. Fosbury Architecture ci racconta Spaziale, la rappresentanza italiana in 9 progetti alla Biennale di Lesley Lokko.
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- Giovanni Comoglio
- 28 aprile 2023
Foto di Sara Scanderebech
Foto di Sara Scanderebech
Foto di Luca Campari
Foto di Luca Campari
Foto di Eleonora Agostini
Foto di Eleonora Agostini
Foto di Barbara Rossi
Foto di Barbara Rossi
Foto di Giacomo Bianco
Foto di Giacomo Bianco
Foto di Giovanni Emilio Galanello
Foto di Giovanni Emilio Galanello
Foto di Alessanddro Iovino
Foto di Alessandro Iovino
Foto di Adrianna Glaviano
Foto di Adrianna Glaviano
Foto di Mattia Balsamini
Foto di Mattia Balsamini
Sono progetti che raccontano la possibilità di intendere diversamente il significato di “fare architettura”, come ci conferma Fosbury, specialmente ora che a farla è una generazione cresciuta in uno scenario di crisi pressoché cronica, nel quale si trova a dare risposte a contesti sociali che spesso esprimono bisogni di senso, di empatia, di riconnessione al loro spazio e al loro territorio. È da questo che si genera il concetto alla base di Spaziale, “Ognunə appartiene a tutt3 l3 altr3”, ed è su questo che il team curatoriale di Fosbury ha selezionato gli Spazialisti, “coloro che sfruttano gli strumenti codificati della progettazione per mettere in discussione le condizioni sociali dei luoghi in cui intervengono”.
Perché è nel criterio curatoriale di costruzione del team che si individuano le due grandi caratteristiche di Spaziale: l’essere cioè “una fotografia generazionale”, come ci racconta Giacomo Ardesio “ed una selezione di pratiche che in un modo o nell'altro sono perimetrali rispetto al classico studio architettura, sia in termini di formato (agenzie, collettivi) sia di ambito tra chi guarda all’arte contemporanea, al social design, all’effimero, al progetto partecipato”.
In termini di risultati visibili e tangibili, ci dice invece Claudia Mainardi, “Spaziale ha diversi gradi di materialità della sua legacy: alcuni progetti lasciano piccole infrastrutture pubbliche, altri si innestano in processi di attivazione locale già avviati, altri ancora hanno persino già ricevuto indipendentemente ulteriori fondi per il loro sviluppo futuro. Tutti però creano spazio. La posizione di Spaziale non è quella dell’architettura non costruita. Anzi, a differenza di un’esposizione d’architettura convenzionale fatta di riproduzioni, modelli, disegni, il contenuto del nostro progetto è l’architettura stessa, realizzata e attivata nella realtà”.
Immagine di apertura: Concrete Jungle, Terraferma veneziana, foto di Giacomo Bianco