Vivienne Westwood: addio alla designer della rivoluzione, dal punk alle passerelle

Dagli anni Settanta la stilista londinese appena scomparsa ha sovvertito il rapporto tra moda e cultura, con il suo approccio situazionista al design. 

Dame Vivienne Westwood ha percorso la sua ultima passerella, spegnendosi all’età di 81 anni nella sua Londra. Se ne è andata negli ultimi giorni dell'anno, con la discrezione che aveva sempre caratterizzato la sua persona, nonostante dalla sua mente (e macchina da cucire) fosse nato il movimento culturale più dirompente del Ventesimo secolo: il punk.

Westwood è infatti stata (assieme al compagno e manager dei Sex Pistols Malcolm McLaren) il demiurgo del punk come attitudine alla vita e manifesto estetico, prima ancora che come genere musicale. Nei ’70, le sue boutique in World’s End, la propaggine più popolare e povera di Chelsea, da Let It Rock a Too Young To Live, Too Fast To Die, da SEX alla fondamentale Seditionaires, furono responsabili di un approccio nuovo e sconvolgente alla moda giovanile.

Lo sublima una fotografia dell’estate 1977, quella della consacrazione del punk a Londra, in cui un uomo attempato in abito grigio a zampa d’elefante, eredità dei Settanta, guarda perplesso la facciata di SEX, con la sua imponente insegna rosa e la commessa e musa di Westwood Jordan Mooney in un outfit tra il bondage e la Atom Age. E’ un passaggio di consegne generazionale e culturale.

"Londra è ancora di moda", Domus 647 racconta le creazioni di Vivienne Westwood, Febbraio 1984.
"Londra è ancora di moda", Domus 647 racconta le creazioni di Vivienne Westwood, Febbraio 1984.

Come appunta il sociologo Dick Hebdige nel suo fondamentale saggio Subcultures: The Meaning of Style, con Westwood il punk si è affermato come la prima post-sottocultura nella storia, a riflettere la progressiva frammentazione e l’auto-citazionismo della cultura occidentale a venire. Westwood ha dato il la al primo pastiche di riferimenti stilistici e culturali sintetizzati in capi tagliati, frammentati e riassemblati tra loro come se la macchina da cucire fosse presa da un moto anarchico e situazionista.

E dire che a questa rivoluzione dell’essere Dame Vivienne non arriva fino ai 30 anni, quando la vita della maggior parte delle persone è già decisa e indirizzata sui binari ben saldi del conformismo e della routine. Con gli studi in art school mai terminati per mancanza di fondi, un figlio e un matrimonio alle spalle, Westwood si reinventa creatrice di gioielli per il mercato di Portobello Road dove incontra il più giovane e vulcanico McLaren. Con lui ha un altro figlio nonostante l’intenzione di abortire. Preferì spendere i soldi per l’operazione in un maglione di cashmere. Sarà proprio McLaren a trasmetterle, in pieno ’68, nozioni di situazionismo, corrente filosofica che tornerà, quasi un decennio dopo, ad animare il suo approccio al fashion design.

Nasce tutto da un surplus di magliette rock invendute e portate a casa da McLaren, senza dubbio più abile a interferire nei meccanismi della comunicazione di massa con piglio situazionista che a gestire artisti o smerciare dischi. Vivienne le taglia, le tinge nella vasca da bagno, le adorna con zip e ossa di pollo bollite nella cucina di casa, ma soprattutto con stampe provocatorie, come Svastiche e Gesù crocifissi, o che alludono a una sessualità per il tempo proibita e fuori dagli schemi. Così come i capi in latex, che Westwood fu tra le prime ad accompagnare fuori dalla nicchia del feticismo sessuale e ad introdurre nel discorso della moda. 

Nel 1981, a punk sdoganato e spiritualmente defunto, arriva la prima passerella con una collezione new-romantic dedicata ai pirati e ispirata da una ricerca su pattern storici tratti dal volume The Cut of Men’s Clothes di Norah Waugh. Un fil rouge che la porterà, dopo anni difficili in cui erano le candele a illuminare la boutique World’s End in assenza di fondi per pagare la corrente elettrica, alla collezione Witches (FW 1983-84) con capi decorati da Keith Haring, alla celebrazione del tartan nelle collezioni Anglomania (FW 1993-94) e On Liberty (FW 1994-95), al recente sostegno ambientalista con la collezione Climate Revolution nel 2021, fino al sodalizio con Harry’s Tweed, il cui orb, simbolo della corona britannica, è rimasto ad oggi marchio incontrastata del suo genio.

Vivienne Westwood con la celebre maglia Destroy venduta nella sua boutique Seditionaries, 1977. Foto courtesy di Vivienne Westwood.

D’altronde Westwood, nonostante l’iconoclastia, è diventata icona nazionalpopolare, anzi simbolo per eccellenza di quella capacità tutta britannica di bilanciare tradizione e dissacrazione, come nel volto della Regina Elisabetta II trafitto da una spilla da balia che ha egualmente segnato la stagione del Giubileo d’Argento e del punk nell’estate 1977.

In quella che sembra essere una beffa del destino, le due regine d'Inghilterra – quella ortodossa e quella apocrifa – sono scomparse a pochi mesi di distanza, a sottolineare la fine di un'epoca per il Regno Unito e la cultura popolare tutta. Quando esattamente trent'anni fa, nel 1992, si erano incontrate in occasione della cerimonia per l'insignizione dell'OBE alla stilista, Westwood si era presentata al cospetto della monarca in un sobrio tailleur grigio, tutto fuorchè punk, salvo rivelare in seguito di non indossare l'intimo.

Ora il punk è morto, per davvero.

L'orb simbolo della corona britannica nel logo di Vivienne Westwood.
L'orb simbolo della corona britannica nel logo di Vivienne Westwood.

Immagine di apertura: Naomi Campbell sfila nella collezione Fall-Winter 1993-94 Anglomania. Foto courtesy di Vivienne Westwood.

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Alla Milano Design Week 2025, G.T.DESIGN presenta Sahil, una collezione di tappeti in juta firmata da Deanna Comellini. Il progetto combina sostenibilità, artigianato e design essenziale, ispirandosi a culture nomadi e celebrando la naturale bellezza della materia.

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