Ambientata nell'iconica Cité des Arts, un complesso architettonico ibrido situato a Besançon (Francia), che unisce un vecchio magazzino in mattoni e le linee contemporanee di una nuova ala progettata dall'architetto giapponese Kengo Kuma nel 2013, “Minimo” invita il pubblico a scoprire il lavoro di Olivier Vadrot. In programma fino al 30 settembre 2018, la mostra ripercorre circa 15 anni della carriera dell’architetto e artista francese attraverso una serie di maquette e fotografie. Ridotta a un unico lungo tavolo posizionato al centro del grande open space, la scenografia è volontariamente semplice e rende conto dell'approccio progettuale di Vadrot, caratterizzato dalla grande attenzione all’economia di mezzi e materiali. “Quello che mi piace del progetto allestitivo è che ognuna delle opere risulta ugualmente importante ed è presentata senza gerarchia”, confessa Sylvie Zavatta, direttrice del museo, che ha commissionato la realizzazione della scenografia allo stesso Vadrot. “Mi piace considerarlo come un riassunto o un estratto del mio lavoro”, afferma l’architetto. La scelta di utilizzare solo miniature – sia di progetti realizzati che non – era una necessità, poiché la maggior parte dei suoi progetti “sono installati in centri culturali o progettati per spazi pubblici e quindi impossibili da accogliere fisicamente qui al museo”.
Francia. Una mostra celebra l’architettura effimera di Olivier Vadrot
Il Frac Franche-Comté di Besançon ospita “Minimo”, la prima retrospettiva dedicata al lavoro dell’architetto e artista francese.
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- Laura Drouet & Olivier Lacrouts
- 28 luglio 2018
- Besançon, Francia
Ricreare l’approccio partecipativo che caratterizza il lavoro di Vadrot è stata una delle sfide più significative per il team curatoriale. Concepiti come strumenti che incoraggiano lo scambio tra le persone – Sylvie Zavatta li descrive come “sculture interattive” – i progetti dell’architetto sono infatti normalmente attivati dagli stessi utenti; un aspetto molto difficile da trasmettere in una mostra costituita da semplici modellini. “Per questo ho pensato di aggiungere immagini di grandi dimensioni sulle pareti”, afferma Vadrot. “Così, grazie a un sorprendente effetto ottico, le sagome dei visitatori sembrano sovrapporsi a quelle presenti sulle fotografie appese ai muri del museo. Un po’ come quei paesaggi stampati davanti ai quali ci si fa fotografare nei luoghi turistici”, scherza l’architetto.
Volendo includere ulteriormente questa dimensione ludica all'interno della mostra, Vadrot ha inoltre deciso di ricreare una versione in miniatura di Faire c'est Dire, il progetto sviluppato in occasione della Biennale di Architettura di Saint Etienne in collaborazione con il collettivo francese Tectonique Architectes nel 2017. Come un gigantesco gioco di costruzioni, la struttura incoraggia i visitatori a collaborare alla realizzazione di una piccola architettura.
“La mostra è composta principalmente da maquette. In genere in un museo i modellini sono preziosi manufatti dai quali i visitatori sono tenuti a distanza di sicurezza. Eppure, per gli architetti sono strumenti di comunicazione importanti, attorno ai quali possono riunirsi gruppi di persone per discutere e prendere decisioni, a differenza di una presentazione powerpoint in cui si è chiamati semplicemente a guardare passivamente uno schermo”, afferma l’architetto. “I modellini sono estremamente gratificanti da sviluppare", continua, “e volevo condividere questo piacere con i visitatori”.
Oltre a essere un riferimento esplicito alle miniature presenti nella mostra, nonché al suo progetto Circo Minimo – un teatro mobile in legno progettato nel 2013 durante una residenza artistica presso la Villa Medici di Roma – il titolo della mostra, “Minimo”, celebra anche il gusto dell’architetto per i progetti su piccola scala e l'uso di materiali e processi di lavorazione umili. Un approccio che, secondo Sylvie Zavatta, può essere visto come una “scelta politica”. “Per questo ho voluto presentare il suo lavoro contemporaneamente a quello dell'artista austriaco Lois Weinberger, che, come Olivier, mette in discussione le gerarchie sociali e lo stare insieme usando come mezzo espressivo le piante”, spiega la direttrice.
“La maggior parte dei lavori di Olivier sono progettati per i musei e sono caratterizzati da tre elementi principali: sono economici da produrre, mobili ed effimeri. Per un’istituzione culturale come la nostra, le prime due qualità sono essenziali poiché ci capita spesso di dover modificare lo spazio espositivo in base alla mostra che presentiamo, e questo ha un costo”, continua Zavatta. “Il carattere effimero è un altro aspetto interessante; il nostro spazio di archiviazione, infatti, non è estensibile. Ma soprattutto, il concept di Olivier mira a delegare lo stesso processo di produzione dell’allestimento”. Caratteristiche che avevano già attirato l'attenzione di Zavatta in passato e che l’avevano convinta all'inizio di quest'anno a commissionare all’architetto una struttura in legno da utilizzare sia come biblioteca che come welcome desk per il museo. Chiamata Studiolo, la piccola architettura è ora annidata all’ingresso del museo e fornisce un luogo accogliente ai visitatori e allo staff per perdersi tra le pagine dei libri in vendita.
- Minimo
- fino al 30 settembre 2018
- Sylvie Zavatta
- Olivier Vadrot
- Frac Franche-Comté
- 2, passage des arts, Besançon, Francia