Hestia, la dimora

Nella sede bolognese di ABC cinque artiste esplorano l’universo della casa come spazio architettonico, ma anche come dimensione intima in cui si conservano oggetti e ricordi.

Marina-Gasparini, <i>Nonposso + esserci x te</i>, stampa digitale e ricamo su lino. 108 elementi 20x30x4 cm ognuno. 2007. Photo Paolo Terzi
Apre sabato 21 marzo, nella sede bolognese di ABC la mostra “Hestia. La dimora, cinque artiste e una divinità”, una collettiva tutta al femminile curata da Maura Pozzati.
Cinque artiste si sono date appuntamento in una dimora bolognese recentemente diventata spazio espositivo, per esplorare con linguaggi diversi l’universo della casa: come spazio architettonico, ma anche come dimensione intima in cui si conservano oggetti e ricordi. La “dimora” è uno spazio circoscritto ma così universale e centrale per lo sviluppo dell’essere fin dall’antichità, da avere una divinità a sua protezione: Hestia.
Valentina D’Accardi, <i> Senza Titolo</i>, dalla serie “Hestia”, 2015. Stampa ai sali d’argento con interventi di grafite, acquerello e tecnica mista, 24 x 30,5 cm. <b>A destra</b>: Valentina-D'Accardi, <i>Hestia</i>, 20x29cm.
In apertura: Marina-Gasparini, Nonposso + esserci x te, stampa digitale e ricamo su lino. 108 elementi 20x30x4 cm ognuno. 2007. Photo Paolo Terzi. Sopra, a sinistra: Valentina D’Accardi, Senza Titolo, dalla serie “Hestia”, 2015. Stampa ai sali d’argento con interventi di grafite, acquerello e tecnica mista, 24 x 30,5 cm. A destra: Valentina-D'Accardi, Hestia, 20x29cm.
Paola Angelini, Valentina D’Accardi, Marina Gasparini, Sabrina Muzi e Anna Rossi porteranno in mostra ad ABC una suggestiva lettura di questo luogo.
Nella mitologia greca Hestia è la divinità votata alla protezione della dimora, della casa e del focolare; è una dea minore, tra le meno conosciute, che viene però tenuta in grande onore, e nei sacrifici consumati nell’ambiente domestico, viene invocata e riceve la prima offerta.
Nel percorso espositivo, la casa non sarà rappresentata solo dal punto di vista architettonico, ma anche nella sua dimensione temporale che ben riesce a comunicare il trittico di nature morte di Paola Angelini. Uno Studio di Luce, realizzato dall’artista durante un soggiorno in Norvegia, paese in cui i fiori e gli oggetti sono i metronomi di una scansione temporale interiore: “gli stessi fiori appaiono ripiegarsi su se stessi e gli oggetti tremare e cadere. Per Paola Angelini il tempo diventa davvero ‘visivo’”.
L’interpretazione di Valentina D’Accardi conduce all’identificazione del tema della dimora con la donna e con la stessa Hestia. Fotografie in bianco e nero ritraggono una donna bella, casta e pura, perché lontana dal mondo delle guerre e delle passioni, che sta a protezione della casa perché è fisicamente dentro di essa, alla finestra. “[…] la finestra è una soglia merlettata e bianca, una “grata” attraverso cui parlare sottovoce, una pellicola tra il dentro e il fuori […]”.
Marina Gasparini, <i>Spaesaggio</i>, 2011, fili di cotone nero e indurente tessile. Installazione composta da 11 elementi di dimensioni varie da 45x60 a 100x140 cm. Photo Rolando Paolo Guerzoni
Marina Gasparini, Spaesaggio, 2011, fili di cotone nero e indurente tessile. Installazione composta da 11 elementi di dimensioni varie da 45x60 a 100x140 cm. Photo Rolando Paolo Guerzoni
Marina Gasparini interpreta la dimora con un’installazione in scala 1:1 che riproduce una cucina da cui poi si intravedono altre stanze e spazi. Walking words on four walls è ingombrante ma leggera e in essa la dimora è racchiusa nel filo rosso che “cuce” insieme i suoi lavori, fatti di oggetti domestici e di parole rubate ad attimi di poesia fatte con un filo rosso che cuciono spazi abitativi che si possono percorrere, guardare, toccare ed esplorare entrandoci: “Un incantesimo […] per entrare in una dimensione metafisica, dove l’orologio non esiste più e dove i gesti ripetutamente eseguiti ordinano la nostra vita”.

Le opere di Sabrina Muzi cercano invece nell’armonia con la natura lo spirito di quel focolare che originariamente era fissato nel suolo, “l’ombelico attorno al quale la casa si radica nella terra, la terra intera, che diventa casa di tutti gi uomini”.

Nello spazio della dimora l’artista ha creato un campo energetico-rituale che ricorda i riti dello sciamanesimo siberiano, in una serie di immagini con cui si tenta di ristabilire il patto con la natura: sull’immagine in bianco e nero dell’artista germogliano semi e piante, radici e tuberi che diventano ornamenti e abbellimenti, come nelle maschere antiche:  “metafisicamente ogni volto è per sempre, purché sia un volto vero ed esprima un daimon”, titolo delle opere.

Anna Rossi presenta gli umori della famiglia R., lavoro inedito concepito per questa mostra che trasforma la stanza in un ricordo comune, legato all’infanzia, alle parole e ai gesti quotidiani delle madri. Una stanza piena di fazzoletti di ogni colore e fattezza, una sorta di protezione di sé e di volontà di restituire a quella frase: “Hai preso il fazzoletto?” tutta la dolcezza del gesto materno, la cura verso il bene più grande, come se davvero il fazzoletto potesse allontanare ogni dolore.

21 marzo – 15 maggio 2015
inaugurazione sabato 21 marzo 2015, h.18.30
Hestia
La dimora, cinque artiste e una divinità

a cura di Maura Pozzati
ABC
Via Alessandrini 11, Bologna

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