“Non era laureato, eppure è stato un grande architetto. E oggi il suo nome si staglia nella storia della città che lo vide nascere (e morire nel 1985) più di quanti lo combatterono, accusandolo di esercizio abusivo della professione”. Così il quotidiano «L'Unione Sarda» (3 agosto 2009) parla di Ubaldo Badas, l'architetto cagliaritano autore di alcune tra le più interessanti opere architettoniche realizzate a Cagliari nel XX secolo. Non solo architetto. Il genio creativo di Badas è andato oltre: è stato incisore, pittore, designer e ha contribuito significativamente allo sviluppo delle arti decorative e dell'artigianato in Sardegna tra gli anni Trenta e Cinquanta. Sebbene poco conosciuto oltremare, nel 1940 una delle sue più note realizzazioni, l'ingresso dei Giardini Pubblici, è stato elogiato nelle pagine de «L'architettura italiana», ove si sottolinea la “spigliata fantasia nella scelta delle forme e dei materiali” di un progetto “eseguito con esemplare accuratezza”. Con particolare cura per il disegno e sotto il segno di linguaggi e soluzioni formali spesso originali, il percorso evolutivo di Badas è partito dal modernismo per approdare all'internazionalismo del dopoguerra. A Cagliari, proprio il razionalismo porta il suo nome, assieme a quello di Salvatore Rattu.
E' il terzo decennio del Novecento quando il capoluogo isolano viene in contatto con la sobrietà e i geometrismi del nuovo stile. Il momento è quello in cui il giovane Badas dà vita ad alcune tra le più importanti realizzazioni “moderne” presenti in città, alle quali conferisce un'originale inflessione mediterranea. Ci riferiamo alla passeggiata del terrapieno, alla Scuola all'aperto "A.Mereu", entrambe caratterizzate dall'uso dei mattoni a vista, alle popolarissime palazzine di piazza Pirri, odierna piazza Kennedy, alla colonia marina (nota ai ai più col nome di ex-ospedale marino), costruita sulla spiaggia del Poetto e oggi versante in uno stato di abbandono e degrado. Con estremo rispetto per il contesto urbano e paesaggistico in cui sono inserite, tutte le realizzazioni del Badas degli anni Trenta palesano una grande capacità di lettura e interpretazione dei luoghi, mentre il secondo dopoguerra segna la svolta internazionalista, in cui viene messo in discussione il linguaggio modernista degli anni giovanili. È il periodo in cui l'architetto cagliaritano 'sposa' lo sperimentalismo postbellico, un periodo in cui le sue produzioni diventano di assai controversa attribuzione. Badas infatti, dopo aver abbandonato l'Ufficio tecnico del Comune di Cagliari, si occupa di artigianato all'E.N.A.P.I. e poi all'I.S.O.L.A. E' il momento in cui - sostiene Franco Masala, autore per l'Ilisso di una "Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del '900" – avviene il passaggio al neoliberty. Il genio dell'architetto si esprime al meglio nel Padiglione intitolato a Eugenio Tavolara e costruito a Sassari per la Biennale del 1956. Considerato come l'opera più compiuta del Badas del dopoguerra, il padiglione palesa il recupero delle possibilità
espressive dei materiali, variamente usati e combinati.
Al 1957 risale il progetto per la villa di via Milano 42 a Cagliari, firmato dall'Ingegner Ferrari. Un progetto che, come altre opere private, Badas non può sottoscrivere per via della mancata laurea. Ed è questo il reale motivo per cui oggi, a cinque anni dal centenario dalla sua nascita, celebrato nel 2004 con una mostra nella città natale, scriviamo di Ubaldo Badas: la villa, il suo valore e una decisione dei giudici del Tar Sardegna, che hanno respinto il ricorso contro i vincoli imposti dalla Soprintendenza alla villa di via Milano, stabilendo che essa potrà essere abbattuta. Al suo posto sorgerà una lussuosa palazzina in un quartiere altrettanto lussuoso, al centro di una città che aspira a diventare “capitale del Mediterraneo”. Parte della vicenda ha origine dal conflitto d'attribuzione per la paternità della villa, il cui primo progetto, spiega con certezza Franca Ferrari, figlia del suo primo proprietario e costruttore, è stato seguito da Ubaldo Badas: «Lo ricordo nel cantiere, Badas collaborava con mio padre, ingegnere, in qualità di architetto». Da qui il grido d'allarme in difesa della memoria storica della città. Un grido che si oggettiva nell'impegno e nella preoccupazione dei molti cittadini impegnati in una raccolta firme in difesa della villa e dei due edifici d'epoca vicini, i numeri 38 e 40, anch'essi a rischio d'abbattimento. Un grido in difesa della bellezza urbana, che inorridisce di fronte al rischio che via Milano si trasformi in una strada qualsiasi, standardizzata, e perda le qualità che la definiscono come “quella via in quella città”, ovvero, riprendendo le parole del regista Enrico Pau, il «bellissimo viale alberato di case basse che oggi conosciamo».
Per i cagliaritani, abitanti di una città che aspira a divenire “capitale del Mediterraneo”, il caso della villa e dei due edifici vicini ha il sapore di una storia già sentita. In città si sono spesso avvicendate 'situazioni' simili. Al riguardo non può non venirci alla mente la vicenda di Tuvixeddu, la più grande necropoli punica del Mare Nostrum romano, che rischia di venir deturpata dalla costruzione di una strada a quattro corsie. La storia è certamente diversa, e diversi sono i suoi protagonisti. Eppure la sostanza è la medesima, così come medesimo è il risultato, ovvero la perdità dell'identità estetica di una città. Così, chiudendo il cerchio, citeremo ancora Enrico Pau, che nelle pagine del «La Nuova Sardegna» racconta quel giorno in cui, ancora piccolo, accompagnato dal nonno, passeggiando sotto i portici di via Roma, si rendeva conto che il bancone dello storico Caffe Torino, disegnato proprio da Ubaldo Badas, era scomparso. I raffinati arredi in legno erano stati sostuiti per far posto a uno stile anonimo, che si è oramai impossessato di tutti i bar cittadini.