Domus: Secondo il brief, i padiglioni di Expo devono essere del tutto riciclabili, mantenere il 50% di spazio aperto e usare il verde come elemento progettuale. Come si sono risolte queste indicazioni nel progetto del Padiglione del Messico?
Francisco López Guerra Almada: Principalmente con un’architettura temporanea, che può essere facilmente “disarmata” per essere ricostruita altrove. L’unico elemento che deve essere rotto sono i piani di calpestio. Tutto il resto – la pelle, la struttura il telaio – si può riutilizzare: è un edificio riciclabile, anche in vista della probabile destinazione d’uso futura come padiglione espositivo itinerante. Per questo motivo tutte le strutture sono realizzare con incastri e viti, prive di saldature.
Domus: È già previsto un uso futuro della struttura del padiglione?
Francisco López Guerra Almada: Al momento sono al vaglio diversi progetti: il primo è che rimanga in Europa, diventando un padiglione itinerante in diversi Paesi; l’alternativa è che torni in Messico per viaggiare nei diversi stati della Repubblica Messicana. In entrambi i casi il progetto ha tenuto conto del futuro “mobile” di quest’opera con la completa smontabilità di ogni elemento.
Domus: Come si è svolto il processo di selezione per aggiudicarsi la progettazione del padiglione?
Francisco López Guerra Almada: Nel marzo 2014 abbiamo vinto il concorso indetto dal governo, aperto a tutti gli architetti messicani che avessero già progettato un edificio di almeno 3.500 metri quadri a destinazione pubblica o culturale. La nostra proposta è stata selezionata tra le 39 idee presentate.
Domus: In che termini questo padiglione rappresenta l’architettura messicana contemporanea?
Francisco López Guerra Almada: Il concetto da cui nasce trae le proprie radici nella più profonda storia messicana: il mais rappresenta l’alimento essenziale di questo paese, che ha contribuito alla sua diffusione nel mondo, ma anche quello da cui è nata l’identità culturale di un popolo intero. Questo concetto si è trasformato in spazio tridimensionale originando un’architettura che, per forza di cose, rappresenta perfettamente il nostro Paese.
Il bar all’aperto, con i tavolini a circondare una grande magnolia – albero sempreverde di origine americana diffuso anche in Europa – che per l’inaugurazione dovrebbe essere in piena fioritura, veicola inoltre lo spirito di convivialità che caratterizza il popolo messicano.
Domus: Il progetto si è trasformato in architettura vera e propria grazie all’intervento del general contractor Nussli Italia, che si occupato di adattare il progetto originale alla normativa italiana (procedimento standard seguito da tutti i padiglioni). La realizzazione corrisponde all’idea originale?
Francisco López Guerra Almada: Sì perché, nonostante alcuni spazi si siano ridotti per ricavare ambienti tecnici e per rispondere alla normativa sulla sicurezza, l’idea principale di un pubblico in costante movimento è stata mantenuta: un’esposizione universale non è una mostra statica dove il pubblico si sofferma per mezz’ora su una singola opera. Questo concetto si traduce fisicamente nel sistema di passerelle che corrono lungo tutto il padiglione.
Domus: Come vi siete trovati con le maestranze italiane che hanno lavorato al cantiere?
Francisco López Guerra Almada: Benissimo. Tutto il processo si è svolto senza intoppi e l’intervento di partner locali ci ha permesso di procedere a grande velocità: a luglio sono cominciati gli scavi e le opere di fondazione. Tra fine agosto e metà settembre abbiamo cominciato la costruzione vera e propria (non voglio annoverare le fondazioni perché queste rimarranno proprietà di Expo) e oggi siamo tra i padiglioni più prossimi al completamento. La presenza di un partner locale ci ha inoltre permesso di non dover essere costantemente presenti a supervisionare il cantiere.
Francisco López Guerra Almada ha fondato lo studio Loguer nel 1982 e ha vinto il Premio Nazionale di Architettura Louis Barragán. Specializzato in architetture museali, ha progettato anche il Padiglione Messicano ad Aichi nel 2005 e quello dell’America Latina a Saragoza nel 2008.