Il contesto attuale della crisi economica che sta colpendo l'Europa, e in particolare la Spagna, dimostra l'importanza di Piensa Madrid ("Pensa Madrid") come piattaforma che focalizza il dibattito sulla situazione attuale e sul futuro della capitale spagnola. Sebbene la sua proposta sia nata cinque anni fa, oggi più che mai è essenziale rivolgere la nostra attenzione a questo tipo di piattaforme di pensiero poiché rappresentano un'opportunità dialettica e di partecipazione fra lo spazio urbano politico e lo spazio urbano in crisi. Proprio per questo lo spirito dialettico è stato una delle principali strategie che ha dato origine alle diverse questioni dibattute in ciascuna delle sessioni di Piensa Madrid: l'autogestione come modello di città è possibile? L'architettura metropolitana può essere un prodotto esportabile? I lavoratori del sesso sono sufficientemente rappresentati nell'amministrazione delle città? Un orto può diventare lo strumento di evidenziazione ecologica urbana? Dibattendo tali controverse questioni, i partecipanti a Piensa Madrid hanno a mano a mano costruito diverse fasi di valutazioni, discussioni e idee che propongono nuovi contesti operativi a Madrid per il futuro dell'architettura e della città.
Durante le sue ultime edizioni, la piattaforma ha riunito importanti pensatori internazionali e locali, provenienti da ambiti diversi – urbanistica, attivismo politico, architettura, sociologia, arti figurative, associazioni e comitati di quartiere –, invitati a discutere della realtà della città, sempre da un punto di vista critico e propositivo. Tra gli invitati val la pena citare associazioni, imprese e collettivi operanti nella città di Madrid quali l'editore Traficantes de Sueños, la piattaforma interdisciplinare di gestione urbana Paisaje Transversal, il sito web Idealista.com, l'associazione Campo de la Cebada e il Comitato di quartiere del Nodo sud di Madrid, oltre a figure del panorama critico legate allo sviluppo ideologico delle città quali José Maria Ezquiaga, Juan Freire, Marie Vanhamme e José Pérez de Lama, e studi di architettura madrileni che lavorano per trasformare la capitale quali PKMN, Zuloark, Nerea Calvillo e Uriel Fogué.
Piensa Madrid
Conversazione con Ariadna Cantis e Andrés Jaque, curatori di Piensa Madrid, la nuova piattaforma di pensiero che offre un'opportunità di confronto e partecipazione fra lo spazio urbano politico e lo spazio urbano in crisi, perché – dicono – "la città è un progetto corale".
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- Gonzalo Herrero Delicado,María José Marcos
- 20 novembre 2012
- Madrid
Piensa Madrid promuove la dialettica come motore di sviluppo, filtra la protesta come motore di proposta e vuole dare voce al nuovo sistema emergente culturale, sociale ed ecologico che compone la città. La Madrid del futuro sta già nascendo nelle periferie, nella presa di coscienza e nella partecipazione dei cittadini, negli spazi democratici indipendenti e nelle aspettative ottimiste dei madrileni.
Gonzalo Herrero Delicado e María José Marcos di DOT Agency siedono con i curatori per parlare dell'incontro.
Maria José Marcos + Gonzalo Herrero Delicado: Che cos'è Piensa Madrid e quali sono i suoi obiettivi?
Ariadna Cantis: Piensa Madrid è una piattaforma indipendente di valutazione, discussione e proposta della città di Madrid. Il suo obiettivo è riunire alcuni dei più importanti attivisti, urbanisti, rappresentanti di categoria, professionisti e artisti per discutere su quali siano le realtà della città, in che modo possano evolversi, e quali potrebbero essere le opzioni da sostenere. Piensa Madrid è una piattaforma che propone un dibattito trasversale.
Qual è stata l'evoluzione della piattaforma in questi cinque anni?
Piensa Madrid è nata cinque anni fa in risposta alla brutale crescita della città e alle sue trasformazioni, invitando a pensare e a riflettere sulla complessità di processi contrassegnati da fenomeni demografici, sociali, economici, urbanistici e culturali. Quello che all'epoca ci aveva colpiti era il fatto che nessuno si fermasse a riflettere su questi argomenti... c'era un vuoto assoluto di dibattito, oggi invece i laboratori di idee si sono moltiplicati.
Dopo cinque anni di Piensa Madrid, quali cambiamenti sociali, urbanistici o politici, se ci sono stati, credi siano avvenuti in città?
A Piensa Madrid vogliamo dare voce a chi non la ha, e dare una struttura alle voci esistenti. Piensa Madrid propone un dibattito aperto, democratico e orizzontale. Ci occupiamo dei cambiamenti urbanistici in relazione alla crescita della città, ai cambiamenti spaziali e ai cambiamenti sociali, alla gentrificazione dei quartieri; quei cambiamenti impercettibili, o che comunque non risultano tanto evidenti.
La città è un progetto corale, non si costruisce solo con architetti e urbanisti. Bisogna dare voce ai cittadini e agli esperti.
Il progetto Piensa Madrid è iniziato quando la crisi era agli albori, nell'ultima edizione la crisi è diventata più acuta in ogni settore. In che modo questo ha influito sulla curatela di Piensa Madrid?
La piattaforma Piensa Madrid ha anticipato la crisi, in modo più o meno intuitivo. Parlavamo di occupazione dello spazio pubblico molto prima dei processi attuali di occupazione. A Piensa Madrid concepiamo la crisi come un'opportunità, sia per riflettere che per pensare e agire.
Tra le persone invitate si nota un'evoluzione: da una prima edizione contraddistinta da relatori internazionali all'ultima in cui tutti i partecipanti sono legati direttamente alla città. A cosa è dovuta questa evoluzione verso una visione introversa di quel che significa Madrid?
La prima edizione ha proposto una valutazione della città di Madrid – analizzata e diagnosticata da un gruppo di esperti nazionali e internazionali – rispetto a due grandi temi: il territorio e la società. Le edizioni successive hanno coinvolto intenzionalmente agenti già attivi a Madrid: laboratori che avevano cominciato a organizzarsi e a operare in città, per dare così visibilità al loro lavoro. Il format rispondeva ad azioni tematiche quali la nascita dei laboratori e l'attivismo; la cultura e la sua evoluzione in una città in cui la cultura istituzionale locale e nazionale convive con gli spazi alternativi; la notte ecc. Una città il cui ultimo piano generale risale al 1997 richiede necessariamente una revisione che raccolga e concili le proposte provenienti dall'amministrazione con quelle dei cittadini, tramite la mediazione di esperti.
Gli architetti hanno partecipato a tutte le edizioni, anche se la loro presenza si è andata assottigliando a vantaggio di una maggiore rappresentanza di agenti che normalmente non vengono accolti in questo genere di forum, per esempio comitati di quartiere o collettivi sociali minoritari. Quali conclusioni trai rispetto al ruolo che dovrà svolgere o che sta già svolgendo l'architetto nel momento di concepire le città?
La città è un progetto corale, non si costruisce solo con architetti e urbanisti. Bisogna dare voce ai cittadini e agli esperti. La città deve essere in grado di ascoltare. Madrid è una costellazione di situazioni, talvolta fragili e talvolta potenti associazioni di fattori economici. Madrid non può più continuare a essere costruita in forma frammentata. Occorre una visione globale. Dobbiamo allontanarci e ampliare la visuale per diagnosticare i problemi e risolverli da una maggiore distanza. A Piensa Madrid ci siamo resi conto che bisogna guardare le cose da una prospettiva più ampia.
I politici sono stati coinvolti nella piattaforma Piensa Madrid solo in rarissime occasioni. Credi che il divario tra la società e i dirigenti politici sia sempre più pronunciato?
Andrés Jaque: Piensa Madrid è considerata uno stadio nel quale la città può agire a livello collettivo, non soltanto una base di consensi ma uno spazio per fare luce sulle controversie che la città contiene dentro di sé. Noi mettiamo a confronto esperti che devono prendere decisioni con rappresentanti del mondo accademico, artisti, attivisti e minoranze. È un tentativo di trasportare la dimensione urbana nel campo politico. È importante riconoscere l'esistenza di tessuti politici contro corrente rispetto alla politica dei partiti. Questi tessuti vengono riconosciuti quando vengono messi a confronto e la discussione può diventare molto più dettagliata. Comunque abbiamo avuto anche politici come Ángeles Albert, l'uomo che ha promosso il Centro Autogestionado Tabacalera de Madrid o Timothy Chapman, l'attuale responsabile delle politiche culturali della città.
Madrid è, insieme a Berlino, una delle città europee con il maggior numero di manifestazioni all'anno, se ne contano quasi 1750. È evidente che i cittadini sono sempre più impegnati nelle agende politiche e nelle decisioni che esse comportano. Credi che questi movimenti dal basso abbiano una ripercussione reale sulle arene politiche?
Sicuramente sì. Da una parte attualmente a Madrid i collettivi costituiscono un prezioso tesoro per il loro know how sulle tecniche di dibattito o perfino sull'uso del linguaggio. Questo è senza dubbio il risultato dell'intensa attività di assemblea svoltasi in città negli ultimi cinque anni. A poco a poco il movimento si sta trasformando non soltanto in una mostra di proteste effimere, bensì in una vera atmosfera sociale, in cui vengono sperimentati stili di vita alternativi per lottare contro le regole finanziare mondiali e contro le egemonie produttive. Solo una minoranza radicale vive dentro questa atmosfera, ma gran parte della società in qualche modo la respira. A essere sinceri però, dal mio punto di vista, il modo in cui parliamo delle città è obsoleto. Questo è un aspetto importante dell'intera questione. Il capitale si muove da una città all'altra delocalizzando gli spazi. Gli effetti delle attuali instabilità toccano tutti i settori delle popolazioni di Madrid, Amburgo o Lima, rendendo solo piccolissime fette di esse sempre più ricche. I complessi urbani non coincidono più con le città statiche. L'accesso o l'esclusione dai complessi urbani privilegiati costituisce il meccanismo attraverso il quale la disuguaglianza sta crescendo nella realtà urbana di tutto il mondo.
In che modo Piensa Madrid discute questi processi indispensabili per riuscire a operare cambiamenti concreti?
Seguendo il consiglio di Dewe: entrando nei dettagli di ciascuna situazione, individuando le persone che formano parte dei processi e mettendole a confronto. Non abbiamo intenzione di creare cambi rapidi, vogliamo contribuire ad attivare un clima.
Nei dibattiti di Piensa Madrid si è sempre registrata una nutrita presenza di persone legate al mondo della cultura; che importanza credi abbia la cultura nel momento di concepire il futuro di una città?
Madrid è senza dubbio una città orientata verso la cultura. Le istituzioni che se ne occupano, sia quelle ufficiali sia quelle informali, sono numerose e il loro contributo alla nascita delle realtà quotidiane è di importanza vitale per comprendere la città.
La cultura può essere il catalizzatore affinché i cittadini riescano a mettere in atto cambiamenti concreti nelle politiche di amministrazione delle città?
La cultura non è una parte avulsa dalla realtà. È parte dell'economia, della società, della sensibilità condivisa. Non vogliamo che sia una cultura pop. Discutere la cultura ci consente di descrivere in modo più inclusivo la dimensione urbana.
Che conclusioni trai dopo ogni edizione di Piensa Madrid? Che effetto concreto ha organizzare dei dibattiti nel momento di formalizzare i cambiamenti a Madrid?
Non meno di quattrocento persone, in un ampio raggio di età e provenienze, partecipano alle nostre attività. Si sta costruendo un contesto critico e relazionale nel quale di Madrid non si discute nemmeno. Questo è forse il laboratorio più partecipativo della città. Non possiamo però prevedere l'effetto che potrà produrre sulla trasformazione reale della città.