La palazzina che dal 1934 si attesta su quella linea dove Parigi sfuma nel Bois de Boulogne – la porte Molitor, XVIème arrondissement – è tutto fuorché un edificio generico e sconosciuto: la sua facciata campeggia su quasi tutti i libri di storia dell’architettura, e dalla sua porta sono passati tanti nomi che sempre di quei libri fanno parte. Parliamo della palazzina dove Le Corbusier ha avuto casa e studio, fino alla morte.

Pur nella sua collocazione e nella sua tipologia abbastanza convenzionali – è un edificio di appartamenti, riempie un vuoto in una cortina edificata di stampo ottocentesco – questa palazzina incarna molti dei principi con cui Le Corbusier pensava a innovare case e città: si affaccia verso un parco – il Bois – e verso impianti sportivi – il Parco dei Principi, la piscine Molitor – soddisfacendo due dei punti costitutivi della sua visione, la Ville Radieuse; ribalta gli schemi del classico edificio haussmanniano parigino, mettendo in facciata l’ingresso dei garages e gli ambienti di servizio; l’ultimo piano, quello di solito riservato alle stanze della servitù, diventa quello principale. E poi, il plan libre.

Tanti aggiornamenti, lavori, trasformazioni si sono avvicendati sulla palazzina, alcuni ancora sotto la supervisione dello stesso Le Corbusier che l’aveva progettata con Pierre Jeanneret. E poi ci sono gli interni degli appartamenti, pienamente editabili in omaggio al plan libre, e mai messi sotto tutela a differenza del resto dell’edificio.
Uno di loro, trasformato pesantemente negli anni ’70, è stato acquistato nel 2024 da clienti interessati a risalire ad uno spirito originario, a mettercisi in dialogo.
È in questa direzione che hanno lavorato le progettiste dello studio Rreel, attraverso un processo di ricerca storica, “archeologica” come viene descritta, intrapreso col supporto di Fondation Le Corbusier, per ritrovare tracce del layout originario anni ’30 – soggiorno e camera su strada, bagno cucina e studio su corte – senza però replicarlo letteralmente in questa nuova fase.

Il plan libre è enfatizzato, definito attraverso elementi semplici, interazione tra superfici e oggetti collocati nello spazio, svolte marcate da sculture: un’unica parete curva, un abbraccio che parte dall’ingresso, separa un living con al centro la cucina-scultura da una camera con bagno e, di nuovo, una scultura (in questo caso, la doccia); allo stesso modo, da sempre, un pilastro libero nel vuoto segnava la transizione da vestibolo a soggiorno: e lo ritroviamo anche nel nuovo layout.
Il dialogo con la poetica di Le Corbusier passa anche per i materiali e la palette cromatica: ritroviamo nei caloriferi e nei tubi a vista, nelle mattonelle del nuovo oggetto-cucina, alle pareti, i blu e i rossi, il bianco e il legno in toni caldi che avevamo trovato poco distante nella Maison La Roche, ma non necessariamente applicati negli stessi punti in cui ce li si aspetterebbe.
Questa composizione di linee, forme pure, sequenze e griglie si connette visualmente alle pareti perimetrali, coi loro mattoni di vetro Nevada e le loro superfici sviluppate in origine da Saint Gobain, e riapre un discorso che non sembra volersi chiudere, dagli anni del Moderno ai nostri.
- Collaboratori:
- Atelier fr/fr