Non è più tempo di flâneur. Fino a qualche anno fa, il visitatore del Salone del Mobile poteva passeggiare tra i padiglioni lasciandosi catturare dallo scintillio delle merci esposte. Oggi non è più così. Oggi molti padiglioni sono invalicabili o comunque difficili da penetrare. Ci sono QRCode e filtri. Bisogna preservare la privacy. Monitorare gli accessi. Fissare appuntamenti. Avere un planning prefissato. È il business che lo chiede. Impossibile vagabondare, perdersi, vagheggiare e imbattersi all’improvviso in imprevedibili coup de foudre.
Impossibile anche stare da soli, intrattenere una relazione fisica con gli oggetti. La tecnologia e i bodyguard fanno da filtro. E allora si entra e si esce da un padiglione all’altro, si osserva, si satura lo sguardo e si cerca qualcosa. Non è detto che tutti cerchino al Salone le stesse cose, anzi. Io per esempio ho cercato soprattutto l’innovazione: nell’uso dei materiali, nelle rivisitazioni tipologiche, negli impasti di forma e di colore, ma anche la discrezione, la semplicità e la sobrietà. E tra le cose che ho potuto vedere (ma non ho visto tutto…), quelle che seguono mi sono sembrate fra le più interessanti.
1. Linea, Alessandro Mendini, Porro
2. Twain, Konstantin Grcic, Hella Jongerius, Magis
3. Heb, Francesco Rota, Desalto
4. Underdog, Lorenzo Damiani, Campeggi
5. MY A.I. Evolution, Philippe Starck, Kartell
6. Black Flag, Konstantin Grcic, Flos
7. Luigi (o mi amate voi), Gaetano Pesce, Bottega Ghianda
8. Array, Umut Yamac, Vibia
9. Mostra Costellazioni, Formafantasma, Euroluce
10. Ku Do Azò, Ahokpe+Chatelin, Salonesatellite