Il 16 aprile alle ore 22:00, nei giorni della Milano Design Week 2018, il direttore di Domus parlerà di Silenzio e Vuoto (temi del numero di aprile 2018), con Massimo Recalcati e Fabio Peri, direttore scientifico del Planetario. Leggi qui la biografia dei due principali protagonisti della serata.

Massimo Recalcati (1959) è un noto psicoanalista, accademico e saggista italiano. Il suo lavoro teorico nella psicoanalisi indaga alcune tematiche fondamentali quali la psicopatologia contemporanea e dei disturbi alimentari, la riflessione sulla figura del padre nell’epoca ipermoderna e l’analisi del rapporto tra psicoanalisi e creazione artistica. Tra i suoi libri recenti, tradotti in diverse lingue, ricordiamo: Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa (Milano 2014); La forza del desiderio (Magnano-Biella 2014); Melanconia e creazione in Vincent van Gogh (Torino 2014); Le mani della madre. Desiderio, fantasmi ed eredità del materno (Milano 2015); Jacques Lacan, vol. II: La clinica psicoanalitica. Struttura e oggetto (Milano 2016); Il segreto del figlio. Da Edipo al figlio ritrovato (Milano 2017); La pratica del colloquio clinico. Una prospettiva lacaniana (Milano 2017).

Michele De Lucchi (1951) ha studiato architettura a Firenze e si è trasferito a Milano all’inizio degli anni Settanta. Nel periodo dell’architettura radicale è stato uno dei protagonisti di movimenti come Cavart, Alchimia e Memphis. Ha disegnato lampade ed elementi d'arredo per importanti aziende italiane ed europee. In particolare Michele De Lucchi ha disegnato Tolomeo, la lampada che ha venduto più esemplari nel mondo, prodotta da Artemide dal 1987. È stato responsabile del Design Olivetti dal 1988 al 2002 e sviluppato progetti sperimentali per Compaq Computers, Philips, Siemens e Vitra. Nel 2018 è direttore di Domus, primo dei 10 architetti che si avvicenderanno alla guida di Domus per 10 anni, fino ad arrivare al centenario della rivista. Dice di lui Andrea Branzi: “Quello di De Lucchi è un design nel quale le nuove tecnologie e quelle tradizionali si alternano senza frizioni, mosse da una serena intelligenza. Possiamo definire questo scenario come il frutto più maturo di quella ‘modernità liquida’ di cui parla Bauman nel 1999: prende la forma di ciò che lo contiene.”