Anche quest’anno, durante il Salone del Mobile in Corso Como 10 si parla di maestri, di etica del progetto, di creatività a 360 gradi. Dopo Gio Ponti e il suo approccio di sintesi delle arti espresso tramite Domus, la rivista che ha diretto per quasi 40 anni dal 1928 al 1979 (con un’interruzione dal 1941 al 1947), quest’anno è la volta di Umberto Riva, sessant’anni di lavoro spaziando dall’architettura al disegno industriale, dalla grafica agli interni, dall’urbanistica alla pittura, dal restauro all’allestimento museale. Classe 1928, premiato di recente con la Medaglia d’Oro alla carriera della Triennale di Milano, Riva ha partecipato attivamente alla messa a punto di “Forme: Umberto Riva, architetto e designer” (aperta fino al 5 maggio) con il curatore Gabriele Neri, che ci racconta: “Per Umberto questa è stata un’occasione di rivisitazione autobiografica della propria opera, anche perché molti degli oggetti che sono in mostra sono pezzi unici provenienti dal suo archivio privato. L’allestimento lo ha disegnato lui con Emilio Scarano, fino a poco prima che inaugurassimo era qui a disegnare ed aggiustare quanto ancora non funzionava, a perfezionare il progetto”.
Umberto Riva e l’elogio del progetto lento
La Fondazione Sozzani presenta una mirabile sintesi dei sessant’anni di lavoro di uno dei maestri più schivi e geniali del mondo del progetto italiano. In mostra prototipi, pezzi unici, quadri, disegni e schizzi inediti provenienti dall’archivio privato dell’architetto.
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- Loredana Mascheroni
- 08 aprile 2019
- Milano
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Foto Gabriele Zanon
Il racconto del lavoro di Riva si sviluppa attraverso tre ambiti tematici intrecciati tra loro: il primo raccoglie una selezione di “vetri illuminati”, come lui definiva le sue lampade; il secondo è dedicato all’arredo, attraverso pezzi storici e opere inedite come la poltrona E19 edita dalla Galleria Giustini Stagetti di Roma; il terzo si concentra sulla sua ricerca grafica con quadri, elaborati architettonici e fotografie di edifici. Il compendio di questo ritratto fatto per forme è il film inedito “Umberto Riva” a cura di Francesca Molteni e Claudia Adragna di Muse Factory of Projects, un viaggio dentro al quotidiano del progettista per vederlo all’opera, per conoscere il suo metodo. Che non è mai cambiato. “In fondo”, continua Neri, “Riva lavora sempre allo stesso progetto, come afferma spesso lui stesso facendo riferimento a una circolarità di riferimenti che ritornano in questo gioco di forme che è il progetto. Dagli anni Sessanta a oggi ritroviamo delle matrici formali simili nei quadri, nei disegni, nelle piante e nelle sezioni, a volte anche nelle lampade. Tutto si tiene insieme e non c’è divisione tra design e architettura, disegno di uno spazio pubblico e di una sedia. Nella sua carriera Riva non ha mai escluso niente dalle possibilità del progettare. Tutto è stata una sfida, una ricerca anche abbastanza sofferta sulla forma, sui materiali - dal cemento al vetro di Murano, dall’acciaio al legno fino alla plastica. Tutto quello gli arrivava è stato analizzato ed esplorato con il filtro della sua particolare personalità”.
Nella frenesia e nella densità che caratterizzano le settimane del design, quella di Milano in modo particolare considerati i suoi numeri, questa piccola mostra pacata si distingue, segna il passo e invita a riflettere su come si debba progettare. “Riva appartiene a quella generazione di architetti che comprende Franco Albini e Carlo Scarpa” racconta Neri, “professionisti che hanno un modo di progettare lento, individuale, ben diverso da quello a cui siamo abituati oggi. Un metodo che Riva continua a praticare, come dimostra la sedia E19, e che lo ha portato a realizzare pezzi senza tempo, come testimonia quel cortocircuito spazio-temporale inaspettato che si è creato con Blade Runner 2049”. Nella futuristica scenografia del sequel del 2015 della famosa pellicola di Ridley Scott compare la lampada E63 che Riva disegnò nel 1963 ispirandosi a una scultura di Brancusi. Quella lampada, che nel tempo è stata rivisitata con finiture e materiali diversi dalla versione originale, poteva certo sembrare futuristica negli anni Sessanta ma ha colpito anche l’immaginario di quest’epoca. Una dimostrazione dell’atemporalità del progetto di Riva.
- Forme: Umberto Riva, architetto e designer
- Gabriele Neri
- Umberto Riva, Emilio Scarano
- Milano
- Galleria Carla Sozzani, Corso Como 10
- dal 7 aprile al 5 maggio 2019