David Thulstrup è l'astro nascente del design scandinavo. Classe 1978, un nuovo (e luminosissimo) studio ricavato in un ex edificio industriale a Copenhagen, dieci anni di attività professionale alle spalle (ha fondato lo Studio David Thulstrup nel 2009 dopo aver fatto pratica da Jean Nouvel a Parigi e Peter Marino a New York), il giovane designer danese è ormai lanciatissimo nel panorama del progetto internazionale con lavori di grande visibilità e importanza. A cominciare dal Noma, il ristorante stellato danese affacciato sul porto di Copenhagen, di cui Thulstrup firma gli interni (arredi compresi): nel 2018, grazie a questo lavoro, è stato nominato “Spatial Designer of the Year”, conquistando anche il “Wallpaper Design Award”, sempre per il Noma e il prestigioso “Furniture of the year” per l'ARV Chair, una sedia in legno e corda piena di poesia, anch'essa nata per i clienti del ristorante danese.
Architetto, il Noma le ha portato fortuna: dopo la sedia, anche un sistema di illuminazione studiato per gli interni del ristorante, entra in produzione (è di scena all'Euroluce, nello spazio espositivo dell'azienda austriaca XAL). Vuole raccontarci la storia di questo progetto? Come è nato?
Come risposta alla specifica domanda di un cliente molto esigente, René Redzepi (lo chef stellato patron del Noma, ndr), che desiderava un sistema capace di integrarsi e adattarsi, diciamo in modo quasi camaleontico, ai diversi contesti del ristorante, pur mantenendo la sua identità, il suo segno forte. Due i requisiti fondamentali: la flessibilità, necessaria per adeguarsi ai cambiamenti di layout (i punti-luce, grazie ad un sistema di cavi che corrono lungo il soffitto possono assecondare qualunque variazione nella disposizione dei tavoli) e, poi, la variabilita’ (parliamo di intensità, calore e direzionalità della luce), indispensabile per rispondere al cambio di stagionalità, al mutarsi della luce nel corso della giornata. Ma anche per assecondare l'offerta culinaria del ristorante: la cucina del Noma propone, infatti, menu differenti a seconda della stagione.
Il “sapore” della luce secondo David Thulstrup
Il designer danese partecipa all'Euroluce 2019 con il suo nuovo progetto: un sistema di illuminazione nato per il ristorante stellato Noma di Copenhagen. Che “dialoga” con il cibo servito nel piatto.
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- Laura Ragazzola
- 09 aprile 2019
Insomma, lei sta dicendo che la luce si “adatta” al cibo che servito nel piatto...
In un certo senso è così. La “flexibility” della luce, intesa anche con questa, forse inedita, interpretazione, è la chiave di lettura di questa collezione... .
Quando lei disegna un prodotto da che cosa parte? Qual è l'aspetto prioritario su cui concentra la sua ricerca?
In questo specifico caso ho dovuto tener conto della natura del luogo e della sua complessità, ma in generale l'attenzione è sempre rivolta, prioritariamente, al contesto in cui si opera o dove il prodotto troverà la sua applicazione: ci deve sempre essere piena sintonia con l’ambiente sia costruito sia naturale. Vede, non si tratta solo di disegnare oggetti, mobili o accessori che possano risultare belli, piacevoli, talvolta anche iconici e audaci per soluzioni formali... per me è importante avere sempre un approccio olistico, per guardare al progetto a 360 gradi, con uno sguardo consapevole e attento verso la storia, la società, l'ambiente e le sue problematiche.
E' la prima volta che partecipa al Salone del Mobile?
No. L’anno scorso abbiamo presentato “Partition”, una collezione di pannelli acustici sviluppati con una tecnologia di isolamento performante che abbiamo studiato in collaborazione con un’azienda austriaca per Wallpaper*Handmade.
Ma in generale sono sempre venuto a Milano come visitatore in cerca di ispirazione. Tuttavia la Design Week di Milano è anche un'importante occasione professionale (e perchè no, un bel momento ricreativo) per tutto il mio team...
Cosa ne pensa della capitale lombarda? Conosce Milano?
Non come meriterebbe, purtroppo. Vengo sempre in occasione del Salone del Mobile e vivo la città con questa particolare atmosfera. Ma cerco sempre di integrare gli aspetti professionali con quelli culturali.
Trovo Milano una città stimolante: ci sono moltissime cose da vedere, ammirare e da cui prendere ispirazione. Decisamente è una città meravigliosa! Mi trovo sempre a mio agio...
E cosa ne pensa del design made in Italy? Quali sono i designer italiani che ammira si più?
Difficile dirlo: la qualità è così alta e gli esempi di riferimento sono così numerosi! In Italia, poi, le tracce della storia sono vive, forti, a tal punto che il passato diventa una fonte di ispirazione importante, che non si può ignorare. Ma contemporaneamente ci si ritrova immersi in un presente incredibile, pieno di stimoli: questo accade a Milano.
Finalmente quest’anno ho programmato di visitare la Fondazione Achille Castiglioni: per me il designer milanese è ancora oggi un'inesauribile fonte di ispirazione… E, poi, ho sempre avuto una passione per Piero Portaluppi, per i suoi edifici, i suoi interni. Andrò a vedere anche la sua casa-museo. Insomma, c'è solo l'imbarazzo della scelta!