“Se stai leggendo queste istruzioni, vuol dire che le Poste Italiane in fondo funzionano”. Comincia così, qualche mese fa, l’indagine di Stefano Maffei e Marcello Pirovano per la Design Week di quest’anno. L’invito, rivolto ai designer italiani, è riflettere sul futuro.
È un’idea semplice (ma, lo diceva anche Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, “semplice non è banale, non è breve”). È un’idea che permette loro anche di tirare le somme delle ricerche passate (tutte sul futuro: dal cibo alla stampa 3D all’artigianato) con Subalterno1, galleria di ricerca sul design indipendente italiano. Ed è, infine, l’occasione di riflettere sul futuro stesso della galleria: ora che le curatrici del distretto Ventura-Lambrate, dove Subalterno è nato nel 2011, si sono spostate altrove e la zona sta cambiando.
In pratica, Maffei e Pirovano chiedono a un centinaio di designer italiani di mettere nero su bianco la loro idea di futuro. Per farlo, usano (con un pizzico di divertita provocazione mediatica) uno strumento “antico” come le Poste: mandano un kit che contiene una busta preaffrancata, un foglio bianco, un foglio di carta millimetrata con succinte istruzioni e tante parole-chiave. Rispondono quasi tutti e il risultato è una mostra collettiva ricca di spunti, riflessioni, provocazioni che, come spiega Maffei, “srotolati e guardati uno dopo l’altro farebbero nascere mille dibattiti”. Insomma, se stai leggendo questo post, passa da Lambrate: ne vale la pena.
Un po’ di numeri: quanti hanno partecipato? Quanti hanno declinato?
Marcello Pirovano: Abbiamo mandato 100 richieste ad altrettanti designer italiani, di età differenti. In 77 hanno accettato. Di questi, 68 hanno mandato un progetto. Tutto via posta ordinaria.
Com’è nato il progetto? E, soprattutto, perché questo tema?
Stefano Maffei: Abbiamo cominciato (tardissimo come sempre), con una serie di riflessioni rispetto a quello che è successo in zona. È cambiato il contesto culturale dove è nato il nostro tipo di proposta, che è di ricerca. Facevamo quindi fatica a immaginare il nostro futuro. Ci siamo chiesti “Cosa succederà qui? Che tipo di discorsi riusciremo ad affrontare?”. Perché l’ambiente genera delle domande, una discussione, anche – banalmente – nelle persone che passano. È emersa così questa idea d’interrogare il futuro. Abbiamo i tanti pezzi delle esplorazioni che abbiamo fatto in questi anni. Non volevamo però parlarci addosso, ma fare entrare in questa conversazione le intelligenze e le amicizie della nostra rete.
Una bella occasione per coinvolgere molti più designer rispetto al solito…
SM: Certo, anche perché la Galleria Subalterno1 ha dei limiti oggettivi, dobbiamo sempre fare cose dal formato molto piccolo. Ci piaceva l’idea, visto che siamo tagliati fuori dall’economia di Google, di riappropriarci di un modo diverso di pensare le cose. Ne è venuto fuori un critical design “de noartri” (ridendo, ndr). C’è il tema della lentezza dell’immaginario, che parla forse anche della tecnologia, ma non è tecnologico. E poi l’idea che può produrre utopia e distopia; radicalità oppure anche ironia.
Designer diversi e di età diverse?
MP: Assolutamente. Si va dai 25 anni di Giuseppe Arezzi ai 66 di Alberto Casiraghy.
Per i designer è stato anche un po’ come tornare sui banchi di scuola
SM: C’è il riferimento al foglio bianco, all’idea della prova, la carta millimetrata… Riporta però tutto anche a una dimensione più intuitiva e meno semplicemente proiettiva. Alcuni sono lavori concettuali molto sofisticati. Non c’è ripetizione, ognuno è un mondo diverso. L’allestimento li comprime, ma immaginando di srotolare un nastro e di vederli tutti uno dopo l’altro nascerebbero mille dibattiti.
MP: I designer non avevano la patinatezza dei social né le mani di un artigiano. Più autoproduzione di così non potrebbe esserci.
Qualcuno che ha faticato a stare tra i limiti?
MP: Mi viene in mente Odoardo Fioravanti che ha ridotto a una poltiglia cremosa tutto il contenuto del kit, facendo un accenno alla modernità liquida e parlando di futuro cremoso. Non si può dire che non sia stato nei limiti, ma li ha decisamente rivisti.
Quali sono stati i lavori che vi hanno sorpreso?
MP: Faccio delle coppie. Fabio Bortolani e Antonio Colomboni hanno usato il foglio come tela, Bortolani ha creato una critica al “postaccio”, il centro commerciale che affligge la pianura padana. Colomboni ha fatto una pala d’altare 3.0, pop e transgender dove un uomo allatta due bambini. Entrambi sono accomunati dalla tecnica pittorica, come Duilio Forte. Poi abbiamo Diego Grandi che ha ricamato un foglio citando una cartolina postale degli anni Venti e si è ispirato alle colture dei terreni agricoli visti dal satellite. Similmente, Augustina Bottoni ha cucito la parola “utopia”. E poi Gionata Gatto con una lampada post-capitalista che usa il foglio per tirare fuori la carica residua che tutte le pile esauste hanno grazie a inchiostro conduttivo e LED. The charging paper di Simone Simonelli e Giulia Cavazzani ha invece un ricevitore dietro il foglio che permette di assorbire una donazione di 2 euro da chi appoggia il cellulare al foglio. Un modo per dare sostegno alla ricerca dei designer. Duecitti (con Distopil) e Studio Irvine (con Utopil) hanno lavorato entrambi sul tema della pillola, la prima per la distopia e la seconda per l’utopia.
Macrotemi?
MP: le riflessioni sono divise a metà tra chi vede il futuro in modo positivo, con ironia o in modo onirico, e chi in modo negativo, attraverso gli occhi della crisi presente. C’è chi si è concentrato su un distacco totale dalla realtà. Per esempio, le maschere di Giulio Iacchetti o Lucia Massari. Altri hanno usato la tecnologia, come Gatto, Corraini, AM design office. Altri ancora, riflessioni più scientifiche, come Studio Graffe che ha analizzato uno Stato immaginario afflitto dal surriscaldamento globale. O Sovrappensiero che ha analizzato quello che sta succedendo su un’isola del Pacifico che con il riscaldamento globale e l’innalzamento delle acque scomparirà.
- Titolo mostra:
- Send me the future. Visioni dal futuro di (quasi) 100 progettisti italiani
- Curatori:
- Stefano Maffei, Marcello Pirovano
- Allestimento:
- Andrea Gianni
- Luogo:
- Subalterno1
- Indirizzo:
- via Conte Rosso 22, Milano
- Date di apertura:
- 17–22 aprile 2018 | 10:30–19:00