Negli anni in cui si avvia a diventare una colonna del design e dell’architettura italiana, Gae Aulenti pone anche le fondamenta dei suoi principi di progettista: dalla collaborazione con Ernesto Nathan Rogers, per il quale cura la grafica di Casabella-Continuità, eredita infatti una necessità di pensare ogni progetto come elemento della città, o più in generale per la città. Ma è poi lei a spostare più in alto l’asticella della riflessione, estendendola anche alla scala dell’oggetto, del product design, degli interni. Siamo alla fine degli anni ’60 e Aulenti concepisce a Milano per la famiglia Agnelli una casa dal programma molto specifico: sarà strutturata dalle stesse opere d’arte che ospita, da una collezione che farà parlare l’architettura ancora tempo dopo, quando Renzo Piano progetterà per lei uno scrigno da sospendere sopra il tetto del Lingotto a Torino. Questo appartamento milanese è più di un raggruppamento di oggetti “urbani”, è una sequenza di quegli environments, di quegli spazi che stanno tra il prodotto, l’installazione d’arte e l’esperienza pura, con cui Aulenti si consacrerà a livello internazionale pochi anni dopo, nella mostra Italy: the New Domestic Landscape del MoMA.
Domus lo pubblica sul numero 482, nel gennaio del 1970.
Il luogo di una collezione
Gae Aulenti, architetto; consul. arch. Livio Castiglioni per l’illuminotecnica e l’elettroacustica
È a Milano. È un alloggio (un grande soggiorno ed un bagno, con la camera da letto affacciata in soppalco) ma soprattutto è il luogo di raccolta di un gruppo scelto di opere d’arte, con cui si ama vivere, di tanto in tanto: il luogo di una collezione. Uno spazio architettonico forte, che a queste opere, eterogenee, fa da supporto, un supporto espressivo, non inerte, partecipante al racconto che esse svolgono. Opere come personaggi, la cui simultanea presenza, e collocazione, in un rapporto dialettico, crea un environment. In questo spazio ed in questo rapporto le opere si esaltano a vicenda; né questo spazio ha senso senza di loro.
Le opere scelte sono opere americane pop e, vicino ad esse, opere di più sottile astrazione, come il Noland e il Judd, oppure di diverso approfondimento figurativo, come il Bacon, il Duchamp-Villon, il Magritte, il Nolde.
(In tale ambiente i mobili veri e propri tendono a scomparire; divani e poltrone, dello stesso colore della moquette, non sono che rilievi del pavimento; soltanto il “tavolo” emerge, ma è un tavolo “per tracciatura su lamiere”, da fabbrica, scelto perché si contrappone, con la sua violenza figurativa e con i suoi colori, alle opere di Lichtenstein e di Segal che ha vicine).