Il nome di Luigi Caccia Dominioni si lega indissolubilmente alla storia dell’architettura e del design del ‘900 come si lega all’immagine e al contesto culturale della città di Milano. Fin dai suoi studi in architettura e dalle prime collaborazioni negli anni ’30 con altri nomi destinati a diventare fondamentali nel dopoguerra, sviluppa una combinazione estremamente sofisticata e personale di linguaggio moderno ed elaborazioni su decorazione, plasticità ed elementi storici che diventerà riconoscibile quasi come uno “stile Caccia”, espresso in oggetti come in edifici. Lo troviamo nella radio Phonola del 1937 come nella sedia Catilina del 1958, o in complessi milanesi a scala urbana quali corso Italia e questa “casa” collocata al centro di un grande quadrante ancora in definizione alla fine degli anni ’50, un simbolo della Milano che cresce riscrivendo ancora una volta il suo carattere visuale. Domus pubblicava la casa di Piazza Carbonari nel giugno del 1963, sul numero 403.
A Milano, in una zona che si va trasformando
Le fotografie di queste pagine illustrano gli aspetti architettonici di questa recente costruzione di Caccia, ed anche la sua isolata presenza nel paesaggio, nell’incompleto paesaggio di una zona cittadina ancora vaga. Una zona vicina al “centro direzionale” di Milano ma ancora in attesa di sistemazione urbanistica. E questa ancora spaesata architettura è però l’esempio di come, con quali qualità, su quale livello, si può fare di questa zona un moderno quartiere residenziale.
L’edificio è un lucido e splendente volume senza rilievi sulla superficie luminosa e continua del rivestimento in ceramica (in piastrelle di litoceramica della Piccinelli) i serramenti si disegnano a filo di facciata, e il loro disegno corre lungo i fronti, “risvoltando” sugli angoli – una impostazione grafica, senza più richiamo alla struttura –; e le diverse misure e forme delle aperture sono unificate dall’essere ogni elemento portato a filo di facciata il risultato è un compatto blocco unico. (Da cui sporge alla sommità della facciata ovest, il grande bow-window alto due piani).
In questi aspetti della facciata l’edificio riprende una soluzione propria di Caccia, già da lui adottata in un’altra casa ad appartamenti a Milano, in via Nievo, costruita nel ’57. Un’altra soluzione sua tipica è quella dell’ascensore di servizio, che corre in una fessura verticale a filo della facciata; il movimento della cabina è visibile dall’esterno il profilo sagomato della fessura è un “divertimento”.
La casa è circondata dal giardino, un esteso giardino che copre il triplo dell’area dell’edificio e nel giardino sono scavate e del tutto interrate le autorimesse, cui si scende attraverso una rampa sinuosa.