Come il passaggio di millennio era stato circondato da una fitta nuvola di prefigurazioni e riflessioni – una mostra del MoMA del 2001 aveva voluto fare il punto sul lavoro del futuro – tornando più indietro anche l’ormai ineludibile ingresso dell’informatica nel flusso lavorativo degli uffici aveva segnato un prima e un dopo, sul fare degli anni ‘80, condizionando estetiche ma anche tendenze sostanziali nel design dei processi, degli oggetti e degli interni. Nel settembre 1982, introducendo sul numero 631 di Domus una rassegna di arredi per l’ufficio del futuro dalle grafiche letteralmente stellari, Michele de Lucchi – che sarebbe diventato Guest Editor di Domus nel 2018 – partiva dall’informatizzazione del lavoro per tracciare un profilo della scrivania prima meccanica poi elettronica nella storia, estendendosi verso una narrazione prefigurativa di spazi caratterizzati da un efficientamento sempre maggiore, con esiti diversi per l’hardware degli arredi e il software delle pratiche umane, con un punto ancora oggi aperto, riassunto nel passaggio: “diminuiranno i rapporti interpersonali nelle fasi strettamente operative del lavoro (perché aumenterà il tempo passato a colloquio con le macchine) ma contemporaneamente aumenterà il tempo a disposizione per concentrarsi sul soddisfacimento di necessità sociali più “umane”.
L’era della scrivania elettronica
Era già successo circa un secolo fa: la rivoluzione tecnologica aveva fatto esplodere le fantasie e non pochi intellettuali, uomini di cultura e di scienza si erano lasciati andare ad avveniristiche predizioni. La scintilla era stata l’idea che con le macchine si potesse sostituire totalmente l’uomo nelle sue funzioni fisico-muscolari moltiplicandone le capacità d’azione e soprattutto la potenza. Macchine gigantesche o piccoline, graziose o aggressive invadevano il mondo e (per i pessimisti), distruggevano la natura e atrofizzavano l’uomo, o (per gli ottimisti), permettevano di scoprire i più reconditi segreti della terra e dell’universo, alleviavano l’uomo dai lavori più duri e faticosi e permettevano il sorgere di una fantastica civiltà del benessere.
Ora l’occasione si ripete e il motivo è forse ancor più affascinante: computers, cervelli elettronici e memorie magnetiche potrebbero sostituire l’uomo in tutte le sue attività razionali e mentali. Le predizioni attuali riguardano quella che è stata definita la rivoluzione elettronica o dell’informatica, rivoluzione che del resto è in atto da diversi anni ma che come fenomeno di massa sta imponendosi soprattutto ora con il diffondersi dei personal computers e con una consapevolezza più vasta delle potenzialità dell’informatica.
La rivoluzione dell’Informatica comunque oggi avanza con un ritmo di miglioramento di circa il 30 per cento annuo dei rapporti prestazioni-costi e potenza-costi delle memorie primarie solid-state e dei componenti elettronici di elaborazione. Si può pensare poi che questo miglioramento continui per tutti gli anni 80 e parte degli anni 90 per stabilizzarsi poi verso il 2000 quando avremo a disposizione strumenti che sono calcolati poter essere 256 volte migliori di quelli attuali. I campi della nostra civiltà socioeconomica dove questa evoluzione maggiormente porterà i suoi frutti sono fondamentalmente nell’automazione dei servizi, nell’automazione dell’industrie, e infine, con sviluppi molto più rapidi, nell’automazione dell’ufficio.
Il mondo dell’ufficio è infatti quello dei tre maggiormente preparato ad accogliere nuove tecnologie anche perché, rispetto gli altri, ha usufruito di una attrezzatura molto poco sviluppata in confronto con la massiccia capitalizzazione del settore. In pochi anni gli uffici sono diventati un grosso settore di spinta grazie alla coincidenza di una notevole offerta e forte richiesta di nuove tecnologie. Il fenomeno dell’“office automation” non a caso è un argomento oggi di grande attualità: per adottare poi un linguaggio elettronico si potrebbe dire che gli effetti del fenomeno vanno analizzati nelle strutture “software” e “hardware” del lavoro.
Le strutture “software” sono quelle più direttamente relazionate con l’organizzazione stessa del lavoro: questa è in lenta e continua evoluzione già da molti anni e la spinta per la quale si sviluppa è la ricerca di una maggiore produttività attraverso interventi nelle strutture operative. Il computer accelera questa evoluzione e ne avvalora i risultati se non altro perché anch’esso ragiona in termini di specializzazione sempre più ristretta che corrisponde a quanto succede nel processo di distribuzione degli incarichi. Con il computer si modificano all’interno dell’ufficio tutte le strutture legate al potere dell’informazione che per anni aveva formato la base della distribuzione gerarchica delle responsabilità e si favorisce la specializzazione dei compiti di singoli all’interno di gruppi.
È proprio compito dell’arredo far sì che questa diminuzione di spazio non corrisponda anche ad una diminuzione di confort, ma anzi sia l’occasione per ristudiare la funzionalità del posto di lavoro.
Una più funzionale distribuzione delle informazioni attraverso le macchine favorirà poi più efficienti interscambi tra i vari gruppi operanti sullo stesso progetto o impegnati a perseguire un obiettivo comune e questo consentirà meno errori evitando tutte quelle variazioni che possono avvenire con passaggi di informazione non diretti. In generale l’effetto principale sarà quello per cui si lavorerà meno ma con più intensità e produttività, diminuiranno i rapporti interpersonali nelle fasi strettamente operative del lavoro (perché aumenterà il tempo passato a colloquio con le macchine) ma contemporaneamente aumenterà il tempo a disposizione per concentrarsi sul soddisfacimento di necessità sociali più “umane”.
Per le strutture “hardware”, l’ingresso dell’office automation causerà notevoli mutazioni soprattutto nell’arredo, che diventerà l’elemento capace di assorbire le incompatibilità tra uomo e macchina. L’enfatizzazione di tale rapporto sta via via comunque riducendosi e va meglio delineandosi quella che è la reale funzione dell’ergonomia, scienza assunta per l’occasione a tutelatrice della igienicità del rapporto con gli strumenti di lavoro. Questa è e rimarrà una scienza di verifica, uno strumento di controllo che funzionerà per garantire “comportamenti naturali” e non potrà diventare, come in alcuni casi si è tentato, una disciplina creativa che individua e realizza i confort più sofisticati.
La funzione delle normative si farà sempre più sentire e garantirà soprattutto in termini di sicurezza la qualità costruttiva dei singoli elementi di arredo. Favorirà inoltre, attraverso la standardizzazione delle misure, una più semplice integrazione di elementi speriamo senza limitare la qualità di immagine e di design. Uno dei problemi più grossi da risolvere sarà quello dei cavi perché insieme alle macchine arrivano negli uffici i cavi e in proporzione numerica molto maggiore. E il problema dei cavi non va considerato come un capriccio di qualche arredatore che non vuol vedere fili penzolanti; i cavi elettrici, telefonici e di interconnessione vanno sistemati in vani separati di facile accesso per le ispezioni, ma “sicuri” per eventuali incidenti o manomissioni. Vanno previste canalizzazioni orizzontali e verticali all’interno stesso dei vari elementi di arredo avendo anche l’avvertenza di predisporre vani per l'immagazzinaggio di cavi in eccedenza o per raccogliere anse.
Aumenterà sempre più l’esigenza di avere sistemi di arredo il più flessibili possibile, non solo per adattare al meglio gli arredi agli spazi e alle funzioni cui sono destinati, ma anche per concedere la possibilità di trasformare totalmente un ambiente nel giro di poche ore o nello spazio di un weekend. Questa prestazione è sempre più richiesta agli arredi che sempre più tendono a rifarsi al modello di sistema di arredo americano (Steelcase, Herman Miller, Westinghouse), sistemi caratterizzati dal fatto che utilizzano il pannello come elemento base di tutto l’arredo, sia per quanto riguarda funzioni strutturali che di immagine.
Il valore dei metri quadri aumenta di giorno in giorno e contemporaneamente ne diminuisce la quantità a disposizione: gli arredi devono considerarne le conseguenze che inevitabilmente significheranno minor spazio a disposizione per persona. È proprio compito dell’arredo far sì che questa diminuzione di spazio non corrisponda anche ad una diminuzione di confort, ma anzi sia l’occasione per ristudiare la funzionalità del posto di lavoro. In questo senso i sistemi americani che realizzano le “vertical work station” già propongono soluzioni significative e sono in grado di ottenere con una apprezzabile concentrazione degli elementi di arredo, configurazioni che favoriscono l’“intimizzazione” dell’operatore che siede al suo posto di lavoro.
Dedicare poi minor tempo al lavoro permetterà di avere molto più tempo a disposizione e presumibilmente aumenteranno le pretese culturali ed intellettuali delle persone che lavoreranno negli uffici. Questo fenomeno provocherà l’esigenza di meglio sapersi riconoscere nell’ambiente dove si lavora, quindi la necessità di personalizzare il proprio posto di lavoro.
Siamo forse i primi uomini dell’era elettronica e tutto il mondo che ci circonda si sta trasformando e così l’ufficio, che sta abbandonando il suo aspetto di ambiente di lavoro dell’era tecnologica per ricomporre una sua nuova immagine. Sono moltissimi i fattori che contribuiscono a questa evoluzione, fattori elettronici, tecnologici, sociali, economici, culturali; non per ultimi, però, anche semplici fattori di immagine, quella immagine che quando la si percepisce ci permette di relazionare tutto il resto e, spesso per passaggi semplicemente intuitivi, ci consente di arrivare molto più avanti.