È il dicembre del 1968 quando, proprio su Domus, quando Joseph Rykwert chiede a gran voce che vengano riaccese le luci sulla figura di Eileen Gray, pioniera del design troppo a lungo rimasta nell’ombra. Ancora una volta è un uomo a parlare per una donna, ma quanto meno nei termini di un rispettoso tributo, all’epoca del quale Gray ha 90 anni, e Le Corbusier – l’ultimo ad averla pubblicata, nel 1937 – è morto da tre, non distante da quell’unico capolavoro dell’architettura moderna che Gray ha progettato a Roquebrune, la villa E 1027. Villa che oggi si associa tanto alla figura della sua progettista, quanto alle immagini all’apparenza giocose proprio di Le Corbusier che vi dipinge colorati murales: proprio quei murales sono però un atto che Gray denuncia come aggressione, ai danni di un’architettura che è anche storia personale, nata da un’intimità ormai conclusa. Domus racconta questa storia nel maggio del 2018, sul numero 1024.
La violenza di Le Corbusier su Eileen Gray
Formalmente arida, la sigla alfanumerica E 1027 nasconde un aspetto sentimentale, oltre che un progetto architettonico: l’unione tra Eileen Gray e Jean Badovici, indicata dalle iniziali (E) o dai numeri corrispondenti alle iniziali dei nomi (10 per J, 2 per B e 7 per G). È un’architecture vivante, in sintonia con la testata che Badovici dirigeva.
Nata nella contea di Wexford, Irlanda, discendente da una famiglia aristocratica, Eileen incontra Badovici, d’origine rumena, a Parigi. Lui sostiene le nuove tendenze e la spinge a disegnare una casa, non solo mobili, nonostante Eileen non fosse un architetto. Compra un terreno sul mare a Roquebrune e le lascia carta bianca, occupandosi solo di alcuni aspetti tecnici. Lei condensa in pochi metri quadri di cemento armato – in tutto neanche 150 – soluzioni funzionali e stilistiche che fanno entrare la E 1027 nella storia.
I due rompono poco dopo la fine dei lavori, avvenuta nel 1929. Badovici ospita Le Corbusier al mare e gli permette di realizzare murales coloratissimi, che alludono alla bisessualità dell’irlandese, intaccando la purezza cromatica originaria e la disposizione dell’arredo. La Gray lo accusa di avere compiuto un “atto di vandalismo”. Corbu era ossessionato dalla casa e da quel tratto di costa e si costruisce il famoso capanno di 14 metri quadri vicino alla E 1027.
Dal Cabanon scende al mare venerdì 27 agosto 1965, per l’ultima nuotata fatale. Tre anni dopo Domus rende omaggio alla “pioniera del design” togliendo la polvere dal suo profilo affilato. Alcuni pezzi della casa – la poltrona Bibendum e il piccolo tavolo E 1027 – entrano in produzione sottraendo l’autrice a un lungo oblio. Non ci si spiega come mai “un’opera di tale sensibilità e talento sia stata così trascurata”, scrive Joseph Rykwert. Sullo stesso numero di Domus si mette in evidenza come i mobili tubolari della Gray precedessero quelli di Le Corbusier. Per tutto il tempo che le era rimasto da vivere – morì quasi centenaria nel 1976 – lei non mise più piede nella sua E 1027, non salì più i gradini della scala a chiocciola col tetto di vetro.
Immagine di apertura: crop dalle pagine di Domus 1024, maggio 2018