Mentre gli anni dell’impegno si accingono a fluire nel postmoderno minando così i presupposti tanto del moderno quanto delle utopie radicali, anche un discorso come quello dell’housing sociale – che sicuramente armonizzava meglio le sue necessità e le sue forme con i principi del movimento moderno – attraversa una fase dove si cerca di abbracciare le complessità di una società trasformata, che ha già visto i fallimenti dei progetti urbani modernisti del dopoguerra e i tempi più duri del radicalizzarsi delle ideologie. In questo contesto, un gruppo di professionisti coordinato da Mario Fiorentino concepisce nel tessuto sfrangiato della periferia di Roma un complesso che vuole al tempo stesso riunire tutti gli ingredienti di un vivere urbano fatto di collettività e interazione, e imporre questo programma al contesto, con la sua forma di grande vascello lungo un chilometro che si staglia ancora adesso su colli e campagna affacciandosi verso l’Agro Romano. Un intervento dal successo precario destinato ad animare lunghe controversie nei decenni successivi, che nel maggio del 1981, sul numero 617 della Domus di Alessandro Mendini, meritava l’analisi di uno dei più importanti storici e critici dell’architettura italiana, Manfredo Tafuri.
Diga insicura. Sub tegmine fagi...
Sicuramente, senza le esperienze consumate nello “studio Asse” e nei progetti per megastrutture dei primi anni '70 Mario Fiorentino non avrebbe potuto approdare a un risultato come quello del Corviale. Che è direttamente confrontabile, a nostro parere, con il quartiere milanese al Gallaratese di Carlo Aymonino: se quest’ultimo, infatti, segna nel non-luogo della conurbazione milanese un punto interrogativo raggrumato, il quartiere Corviale a Roma si distende per circa un chilometro nel tentativo di costituirsi come magnete riorganizzativo di un sito urbano disgregato e come modello di integrazione di residenze e servizi. Il Gallaratese e il Corviale: Aymonino da un lato, Fiorentino, Gorio, Michele Valori e Piero Maria Lugli dall’altro: a più di venti anni di distanza dal Tiburtino, che aveva visto gli stessi architetti citati collaborare con Ridolfi e Quaroni, gli esempi che abbiamo accostato mostrano l’ampiezza della divaricazione che ha fatto esplodere la “scuola romana”.
E in effetti, anche il frammentismo in grande scala degli anni della febbre megastrutturale lega Fiorentino ad Aymonino e a Quaroni: lo stato d’animo generato dall’impatto con la dolorosa realtà contadina è qui sostituito da quello provocato dalle speranze riposte nell’accelerazione del futuro. Sempre di una necessità di catarsi, comunque, si tratta. Ma nel Corviale la protezione dell’utopia non regge più. Dovendo dare risposta a una domanda dell’operatore pubblico, Fiorentino recupera in pieno le sue capacità di abile mediatore. Un unico sistema di 200 metri di spessore con originali tipi edilizi è realizzato con avanzate tecniche di prefabbricazione. Eppure, questa città compressa in un solo sistema lineare solo teoricamente è riproducibile. L’autentico risultato è nell’aver persuaso l’IACP della validità della proposta: priva di profezie, tale decantazione dei canti al futuro si realizza trionfalmente come soglia o limite della periferia romana, senza alcuna certezza di poterne realmente condizionare gli sviluppi.
Didascalico, quindi, il Corviale. La sua perentorietà si staglia contro lo sfacelo urbano circostante, la sua proposta impegna la committenza a una sperimentazione inabituale, l’allaccio fra la lunga struttura residenziale e i servizi indica possibili modi di articolazione del complesso.
Riflettiamo ancora. Fiorentino da San Basilio al Corviale: si tratta di due opere “di decantazione”, rinunciataria e artigianale la prima, disincantata ma propositiva la seconda. In mezzo, un “vuoto di valori”. L’esito storico, che il Gallaratese e il Corviale designano per le atmosfere dell’età della ricostruzione è troppo parlante per non ammettere la produttività del décalage ideologico vissuto dalla cultura italiana. Le ambiguità di tali opere sono appunto in quell’aver vissuto e non guidato, la crisi: e certo né Aymonino né Fiorentino sono “autori” in senso benjaminiano, così come non si sono mai fatti “astuti come colombe”. Indubbiamente, una soluzione come quella del Corviale non può fungere da modello: non a caso, il complesso è stato criticato in tal senso da chi lo ha letto nel quadro dei nuovi interventi sulla periferia romana.
Al proposito, viene da fare un ulteriore confronto: per le sue dimensioni, per la forma allungata, per il suo costituirsi come città nella città, il Corviale sembra paragonabile al Karl Marx-Hof di Karl Ehn a Vienna: due contrapposizioni alla città di segno diverso. Nel Corviale, non vive il primato del semantico rivendicato da Ehn, né esso difende un’assoluta autonomia funzionale: caso mai, comune è la volontà di introdurre differenze nella continuità metropolitana. Privo di referenti nell’attuale struttura urbana, il Corviale fa propri i segni della “povertà”, e si aggancia nonostante tutto al sito. Una “diga insicura” si radica in una periferia che neanche il pennello di Sironi potrebbe più riscattare: nel luogo in cui “abitare” è impossibile, cala così un monumentale aforisma, che parla di un tragico dissidio fra l’unità e le differenze.
- Progetto:
- Insediamento IACP al Corviale, Roma, 1973-1981
- Coordinatore generale:
- Mario Fiorentino
- Gruppo di coordinamento della sezione edilizia:
- M. Fiorentino, R. De Simoni, M. Montani, E. Piroddi
- Sezione edilizia:
- Gruppo Fiorentino (G. De Giorgi, M. Fiorentino, A. Quistelli, H. Selem, F. Sferra Carini); Gruppo Gorio (C.M. Briganti, S. Danielli, F. Gorio, E. Ricciardulli); Gruppo Lugli (R. De Simoni, P.M. Lugli, M. Montani, A. Montenero, P. Visentini); Gruppo Sterbini (N. Dagostin, F. Donato, E. Piroddi, G. Sterbini); Gruppo Valori (G. Calpini, R. Einaudi, D. Levanti, G.P. Rotondi, M. Valori).
- Sezione strutture:
- Gruppo Morandi (G. Colombini, R. Morandi, M. Valenzi, G. Via)
- Sezione impianti:
- Gruppo Parolini (F. Conti, G. Parolini, C. Pierini, C. Platone, R. Sbriccoli)
- Sezione progettazione esecutiva e costi:
- F. Novelli, G. Tardella
- Segnaletica:
- S. Fiorentino
- Scultori:
- N. Carrino, C. Lorenzetti, T. Magnoni, C. Santoro, G. Uncini
- Direzione lavori:
- F. Novelli