Rattle and Hum degli U2 è il primo Cd che ho acquistato nel 1988. La nuova vertigine tecnologica compensò la poesia del gesto di centrare il solco con la puntina del giradischi Technics, poesia ormai svanita.
Acquistare un album non si esauriva nel semplice gesto di pagare un oggetto, lo precedeva una fase di seduzione che passava attraverso i primi video musicali, le interviste, la radio e i concerti: poi la cura con cui il vinile era conservato, pulito e riposto nella preziosa custodia che a sua volta raccontava testi e immagini degli artisti. Bono, il leader degli U2, ammise di sentire la mancanza dello strumento fantasma generato dal crepitio della puntina che ‘consuma’ il vinile: ma apprezzava la continuità di ascolto che il Compact disc offre, la scomparsa del lato A e lato B, la possibilità di ascoltare il progetto musicale senza soluzione di continuità.
Il Compact disc è stata una svolta tecnologica enorme ma facile da assorbire: l’oggetto è sempre di forma circolare e gira su se stesso, esiste una custodia con delle immagini, il titolo dell’album e la scaletta dei pezzi contenuti. L’oggetto musica rimaneva tridimensionale. Ma da un po’ è arrivato MP3: un file leggerissimo, un peso astratto fatto di byte, e l’hard-disk di un comune computer può contenerne migliaia.
Un lettore MP3 ha le dimensioni di un pacchetto di sigarette e funziona con mini schede di memoria. Ore e ore di musica trasmesse attraverso morbidi e sofisticati auricolari. Il musicista americano Moby, in un suo intervento su The Economist, dopo aver ricordato che la musica è da sempre condizionata dai metodi con i quali è distribuita (un pezzo di musica pop dura circa quattro minuti perché il primo vinile stampato supportava questi tempi e, per le stesse ragioni, gli album su compact disc durano settanta minuti) sostiene che MP3 libererà la musica da questi e molti altri vincoli.
Lo scenario che Moby prefigura, e che già viviamo, è quello di musica scaricata attraverso il Web senza condizionamenti: “Voglio sentire i greatest hits dei Led Zeppelin, ma senza le ballate lente dal 1975 al 1977” e il computer obbedirà. Nessun legame con le grandi case di distribuzione, nessun vincolo economico, massima libertà anche in fase compositiva. Quello che accade con MP3 è qualcosa di più, la vera smaterializzazione della musica.
Nella fase di campionamento avviene la trasformazione del suono da analogico a digitale che genera un file audio. La musica si trasforma in un codice binario e l’oggetto musica non è più tridimensionale. MP3 significa MPEG 1 – Layer 3, dove MPEG identifica un algoritmo di compressione audio, acronimo di Motion Picture Export Group, il gruppo di studiosi che riuniti sotto la ISO (International Standard Organization) individuano e generano le codifiche standard internazionali per la digitalizzazione audio e video. Basandosi su ricerche di psicoacustica, (disciplina che studia la percezione uditiva dell’uomo) questo algoritmo elimina le informazioni non necessarie contenute all’interno di un file musicale e lo rende compresso e leggero.
In questo processo per sottrazione le “informazioni non necessarie” sono le frequenze ‘deboli’ non percepibili quando adiacenti a quelle ‘forti’, quindi eliminabili. L’orecchio è ingannato, o meglio assecondato nelle sue debolezze. I lettori MP3 sono però disegnati per tentare di allontanare l’idea che all’interno non ci sia più qualcosa che girando riproduca musica: il design propone ancora forme e segni circolari, nelle proporzioni ci ricordano le dimensioni dei più familiari walk-man e alcuni riprendono addirittura il design delle vecchie musicassette.
L’esigenza di un design rassicurante ha impedito per molto tempo al telefono cellulare di essere privato dell’antenna, pur essendo tecnologicamente possibile, per paura di farlo somigliare a un rasoio elettrico. MP3 è allora, concettualmente, il rasoio elettrico della musica, perché ha scardinato l’immagine del brano musicale legato a un supporto rigido. Anche il confezionamento e la promozione della musica non hanno più gli stessi tempi e gli stessi luoghi, insiste Moby.
Un computer può diventare una sala di registrazione e produrre file MP3 da proporre su internet in un pomeriggio. Il musicista, “lap-top performer”, vede la sua musica comporsi sullo schermo, le dita che corrono veloci sulla tastiera per correggere le frequenze, nuovi suoni vengono scelti nelle librerie che ne contengono migliaia campionati: da un assolo di chitarra di Hendrix al rumore incessante di una pressa idraulica, tutto può essere migliorato, accorciato, ripetuto all’infinito, stravolto, letto al contrario. I suoni sono nell’aria, confusi, rarefatti e casuali, e dunque il talento è l’unico requisito ancora necessario per farli incontrare con successo. L’artista si nasconde, non è necessario costruire un’immagine che ne amplifichi la musica, e in ogni modo non deve necessariamente coincidere con la sua fisicità.
Il processo di smaterializzazione della musica prosegue nel mascheramento del suo creatore: cartoni animati digitali al posto dei componenti del gruppo dei Gorillaz, i Red Hot Chili Peppers rappresentati come personaggi di un videogioco in Californication, DJ Shadow in Rabbit in Your Headlights è un vagabondo ripetutamente investito in un tunnel e Moby è nel primo piano soffocante di un occhio. MTV offre quotidianamente la metamorfosi mediatica della musica: ma la musica come fenomeno di aggregazione necessita del suo cerimoniere e come in tutte le forme d’arte l’artista va celebrato: in questo procedere per sottrazione, la musica come algoritmo può essere anche un limite.
MP3 e internet sono un’alchimia micidiale ma non sufficiente a definire e concludere tutto il fenomeno della musica. La tridimensionalità della musica non è nell’oggetto che la trasporta ma in ciò che esso rappresenta: lo strumento computer, come contenitore di musica, è privo di personalità oltre che bidimensionale. Non sembra una conquista, sebbene di apprezzabile comodità, potere avere tutti i greatest hits dei Led Zeppelin escludendo le ballate lente dal 1975 al 1977: questo era possibile già diversi anni fa con metodi più artigianali.
È più importante scindere l’impiego del computer, come strumento di creazione musicale, dal computer come strumento di distribuzione. La distanza è profonda: MP3 è un risultato, un prodotto finito che condizionerà la musica così come è accaduto con il primo vinile e il primo Cd mentre è un atto creativo utilizzare lo strumento computer per fare nuova musica.
La musica sarà sempre accompagnata da qualcosa che la renda tridimensionale. Rispettare il confine che definisce il diverso impiego dello stesso strumento è necessario: la musica smaterializzata rappresenta una soglia oltre la quale ci può essere il silenzio.