Quando Eco commissionò a Tinto Brass i corti per la Triennale

Il regista italiano aveva partecipato alla XIII Triennale di Milano del 1964, invitato da Eco e Vittorio Gregotti, con due cortometraggi sperimentali che interpretavano il concetto del tempo libero in epoca moderna.

Come impieghiamo il tempo libero? La riflessione di Tinto Brass alla Triennale del 1964

È il 1964, quando Umberto Eco commissiona al giovane Giovanni Brass, in arte Tinto, due cortometraggi da proiettare alla XIII Triennale di Milano, nell’edizione dedicata al tempo libero. La sezione introduttiva è curata da Eco e da Vittorio Gregotti, la grafica è affidata a Massimo Vignelli e il sonoro a Livio Castiglioni: sarà una delle Triennali più suggestive e apprezzate dal pubblico.

Si riflette sul concetto di tempo libero e soprattutto sulla sua qualità: temi come lo sport, i viaggi, il cinema, l’intrattenimento, i balli e le vacanze sono indagati attraverso allestimenti memorabili. I lavori luminosi di Nanda Vigo e di Lucio Fontana, l’interpretazione di Gae Aulenti del momento di gioia in cui si arriva al mare, rappresentato dal coro di grandi donne picassiane che si lanciano verso una spiaggia infinita, in una luce calda e abbagliante amplificata dagli specchi.

La spettacolarità degli allestimenti, “Il simbolo brillante e negativo di questa Triennale”, si legge su Domus di quegli anni, diretta da Gio Ponti e Cesare Casati, sembra aver messo in secondo piano la produzione industriale, difficilmente percepibile: “Se alla Triennale lo spazio dedicato alla produzioni fosse stato più vasto, avrebbe potuto accogliere molti altri esempi (forse rilegati nei magazzini della mostra) che invece dovranno aspettare o la prossima Triennale o essere conosciuti attraverso altre vie”. (Domus 417, 1964)

Tempo libero, il cortometraggio di Tinto Brass per la Triennale del 1964 è visibile nell'Archivio audiovisivo della Triennale di Milano

I cortometraggi che Brass realizza per la Triennale, Tempo lavorativo e Tempo libero, sono proiettati alla fine della sezione introduttiva, all’interno del "caleidoscopio", una struttura piramidale disegnata da Gregotti, Lodovico Meneghetti e Giotto Stoppino, ricoperta di specchi, che moltiplicano e amplificano lo spazio percorribile, sino ad annullare l’orientamento, “Astrazione del presente per isolare il concetto di tempo libero”. (Domus 417, 1964)

Brass, trentunenne, è da poco rientrato da Parigi, dove ha avuto modo di lavorare alla Cinémathèque Française, lo storico archivio che conserva e promuove il patrimonio cinematografico francese e attorno alla quale si muovono i protagonisti della Nouvelle Vauge come Jean-Luc Godard, Roberto Rossellini (di cui Brass fu allievo e assistente) e François Truffaut, che nel frattempo ha conquistato il pubblico con il suo primo lungometraggio Les Quatre Cents Coups.

Il cinema sperimentale francese influenza il linguaggio del giovane Brass. Umberto Eco era stato colpito proprio dal suo film Chi lavora è perduto (in capo al mondo), uscito nel 1963, la storia di un giovane anarchico disoccupato che gironzola per Venezia annoiato e senza meta, un film che “(…) Tra scompensi e cadute di gusto, ha scatto, estro e qualche pagina di sforza sconsolata, a metà strada tra Rossellini e Godard”, riporta il Morandini.

L'interpretazione del tempo libero nell'allestimento di Gae Aulenti per la XIII Triennale: le donne picassiane si lanciano verso una spiaggia infinita, a rappresentano un momento di gioia: l'arrivo al mare. Da Domus 417, 1964. Foto Casali Domus.

Per la Triennale, Brass attinge al materiale d’archivio raccolto per un suo precedente lavoro, Ça ira, il fiume della rivolta, un montaggio di immagini di repertorio che documentavano gli orrori delle guerre, prese dai notiziari dell’epoca. Realizza così Tempo libero e Tempo lavorativo, due filmati di circa dieci minuti, fatti da una sequenza martellante di fotogrammi: un acrobata, una mongolfiera, una ballerina, un uomo che cavalca uno struzzo, la vista della Senna, il traffico, Parigi, di nuovo una ballerina, giocatori di carte, uomini in costume, una banda. E poi, in Tempo lavorativo, immagini di fabbriche, macchine, uomini al lavoro, nel traffico, uomini che saldano, martellano, producono.

Non si fa a tempo a mettere a fuoco il soggetto che si passa all’immagine successiva, e alla seguente, e poi ancora nel suo stile iconico che rivela il montatore fuoriclasse che è. Una sensazione di disorientamento e ansia, in cui lo spettatore è completamene smarrito dall’assenza di narrazione. Il giovane regista vuole esprimere l’alienazione, l’incapacità di distinguere la qualità del tempo: nella vita quotidiana, tutto è fatto e percepito in modo frenetico, superficiale, bulimico. Gli uomini lavorano per produrre oggetti da consumare nel tempo libero, e vivono il tempo libero in attesa di tornare a lavorare. La proiezione ha il suo effetto, i video girano sulle pareti specchiate, stordiscono, martellano, alienano.

Gli uomini lavorano per produrre oggetti da consumare nel tempo libero, e vivono il tempo libero in attesa di tornare a lavorare
Il caleidoscopio progettato da Vittorio Gregotti, Lodovico Meneghetti e Giotto Stoppino nella sezione introduttiva della XIII Triennale di Milano: sulle pareti specchiate erano proiettati i cortometraggi montati da Tinto Brass, Tempo libero e Tempo lavorativo. Immagine tratta da Domus 418, 1963. Photo Casali Domus

Quella di Brass è un’interpretazione spietata del concetto del Tempo Libero nell’epoca moderna, un lavoro sperimentale che esordì in un’esposizione aperta al grande pubblico. Domus ne coglieva l’amaro messaggio: “Due film sono proiettati contemporaneamente, sul pavimento (…), paralleli nel ritmo e nello spirito (…) e contemporaneamente vengono riflessi sei volte, negli specchi, insieme agli spettatori stessi. Sovrapposizione, intersezione, coincidenza e sincope delle immagini, previste e imprevedibili. Gli spettatori coinvolti, coi loro gesti spontanei, nella meccanicità delle riflessioni e dei ritmi. Gioco contemporaneo di immagini e di idee, sul filo del tema “non siamo liberi mai” (Domus 418, 1964)

Gli spettatori coinvolti, coi loro gesti spontanei, nella meccanicità delle riflessioni e dei ritmi. Gioco contemporaneo di immagini e di idee, sul filo del tema “non siamo liberi mai

I due rari filmati sono disponibili nell’Archivio audiovisivo della Triennale di Milano, dove è possibile ripercorrere l’esposizione del 1964 attraverso un ricco patrimonio di immagini.

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