La mostra “Fausto Melotti” al NMNM prende in esame il periodo cruciale che va dal temporaneo abbandono della ricerca astratta dopo il 1935 alla ripresa della scultura all’inizio degli anni Sessanta. L’arco di tempo affrontato dalla mostra dunque, coincide con il percorso che riporta Melotti a fare grandi sculture, a volerle mostrare, a misurarsi di nuovo con la critica che pure aveva ignorato la sua prima forte dimostrazione di autonomia nel proporre un’astrazione geometrica intrisa di lirismo e di ritmo musicale. In questo percorso sembra avere un ruolo speciale Domus, spettatrice attenta e sensibile dei cambiamenti in atto nello studio con fornace di via Leopardi 9, dove spesso si recavano tanto Gio Ponti, quanto la figlia Lisa. Gli articoli sulla rivista si susseguono segnalando le sue collaborazioni da decoratore con Ponti e con altri architetti, ma anche dedicando spazio a carte e formelle, di cui è sottolineata la continuità con la scultura astratta, fino alla pubblicazione dei testi che preludono al ritorno deciso alla scultura, in due saggi a sua firma del 1962 e del 1963.
Eva Fabbris
Dei due saggi citati, vi proponiamo il primo qui di seguito, mentre troverete il secondo nel numero di luglio/agosto di Domus.
Pubblicato in origine su Domus 392/1962
Si chiamano ancora arti figurative, ma la bella realtà è fuggita. Oggi, tolti i vecchissimi maestri, nessun grande artista, degno di rappresentare l’allucinata epoca nella quale viviamo, mette più la tela o il trespolo davanti alla realtà. A volte, è vero, bamboleggiando ci trasciniamo dietro legato ad uno spago il mondo figurativo, oppure applichiamo un titolo preso dalla natura ad alcune trovate grafiche. Espedienti. Sull’altra riva, dadà e neo-dadà, fuochi fatui e dissipatori, li riunisce l’assioma comune: le arti plastiche ‘non’ discendono dal disegno. Conturbanti come miraggi appaiono e scompaiono. E poi Tapiès scopre il mondo degli intonaci, dei grumi, delle crepe, con gli occhi di un ragno sensibile; drammatici insetti hanno gli occhi di Tobey, Pollock. Nelle radure piene di fermenti irrequieti altre vie si aprono. A guardia d’ognuna, artisti dai modi e confini ben stabiliti, esigono pedaggi. Con licenza della critica e dei mercanti, che si vedono aiutati nei riferimenti e nelle classificazioni, per non tradirsi ripetono meccanicamente fino alla noia il discorso accettato.
Potenzialmente infedeli alle classificazioni e sempre imprevedibili, si allontanano verso le paludi artigianali nelle quali forse si nasconde la nuova semente.
Artisti veri. Dubuffet, Fontana.
Ci accostiamo e ritorniamo, in questo, fra i tanti intermezzi (atti di vita?), all’orfico, mediterraneo imeneo della geometrica con la poesia.
E dovremo pur riuscire a giustificare questi intermezzi senza pace, questa inquieta incoerenza che può apparire immorale. (Picasso è il paradigma di questa certezzaincertezza). Intenti da mane a sera ai mille travestimenti in cui l’arte rivive, questo farnetico ci fa presente il parallelo col morente, che, nell’attimo estremo, rivede in mille specchi gli episodi della propria vita. Ecco allora che questa licenza non ci appare più tale, ma solo inconsapevole tragico monito d’una prossima catarsi di questa nostra estenuante civiltà, e l’apparente incoerenza si giustifica in una ‘condizione’ sofferta e moralmente assolta.
Fausto Melotti
09 luglio 2015 – 17 gennaio 2016
Fausto Melotti
a cura di Eva Fabbris e Cristiano Raimondi
NMNM – Villa Paloma
Monaco