Mostra a Roma: Contemporanea Pinacoteca Drive-in e Sotterranea
"Non importa quale sarà il comportamento dell'uomo libero dal lavoro, né quale sarà il contenuto di una produzione intellettuale di massa; quello che è importante è l'uso diverso che ognuno potrà fare del proprio immaginario inespresso, e quindi della propria vita". (Andrea Branzi). Questo pensiero compare, nel catalogo di Contemporanea nella sezione Architettura Radicale. Che lo si trovi nella sezione Architettura e non nella sezione Arte è significativo, poiché è un fatto che l'indagine, l'interesse, per le future qualità del vivere stan scomparendo del tutto dal campo delle arti, e diventano invece uno dei motivi preminenti delle nuove discipline architettoniche, dalla pianificazione urbana al design comportamentistico. Non sorprende quindi che il contributo più interessante al nuovo pensiero sia offerto, in questa mostra, non tanto dalla sezione Arte quanto dalle sezioni, più nuove, e quasi puramente speculative, di Architettura e Design, e Controinformazione, e da interventi minori ma urgenti come L'immaginazione al potere, Architettura concettuale, Per una Città intermedia .
Contemporanea è enorme, è bella, è stupefacente per larghezza di raggio. Rivela grande preparazione, intuizione, impegno da parte degli organizzatori, degli artisti e dei galleristi partecipanti e anche da parte di chi ha fatto il bel catalogo, che è di per sé un documento notevole per chiunque si interessi di teoria visuale avanzata. Eppure, Contemporanea non è una mostra proprio contemporanea. Il tono dato da Graziella Lonardi, segretario generale, a Contemporanea è, purtroppo, convenzionale, quasi anti-contemporaneo. Fa pensare a un tedioso esercizio scolastico ("un esame di linee e di modi tra loro connessi all'interno delle tematiche stesse ...). È evidente che la signora Lonardi, e la maggior parte dei suoi colleghi, hanno una idea un po' vaga di ciò che è il nostro tempo: hanno una qualche idea di ciò che era, certo, ma la loro promessa di rivelazioni autenticamente contemporanee vien meno. Gli Europei si fanno spesso l'idea, ridicola, che l'America rappresenti, in un certo senso, il futuro, e che la nuova arte americana sia l'espressione culturale più avanzata del nostro tempo. Ciò è assurdo, naturalmente. Eppure vi sono artisti europei che accettano, acriticamente, concetti d'arte americani, e per i quali il nuovo è la cultura americana.
In realtà, la cultura americana, sia popolare che intellettuale, è invece, per molti aspetti, arretrata rispetto alla nuova cultura europea, sia nella pratica che nella teoria. (Certo, fino ad un certo livello la società europea tende ad essere conservatrice, sociologicamente, ma non è di questo che ora stiamo parlando). È in risposta alla adulazione europea che si è sviluppato, in America, un atteggiamento culturale totalmente sciovinistico - e sarà divertente vedere come andrà in briciole.
Se il tono dato alla mostra dalla signora Lonardi e dal suo comitato internazionale non è molto aggressivo, ciò non vuol dire che Contemporanea non abbia dei meriti. È la più ambiziosa esposizione di arte e di cultura dopo Documenta 5 (Kassel, 1972).
L'organizzazione della mostra in categorie generali ha dato modo ai diversi curatori di espandere i concetti con libertà, e di sfruttare i limiti, come molti hanno fatto. Il generoso spazio dato alla sezione Controinformazione non può esser visto come pura indifferenza, imparzialità. Sarebbe impensabile, in America, il concedere parte di una pubblica mostra d'arte a manifestazioni di retorica politica e sociale avanzata, per quanto genuine ed umane ne siano le motivazioni. La sezione Controinformazione non ha avuto, ovviamente, né apporti finanziari notevoli, né l'appoggio di mercanti e gallerie, e tuttavia i manifesti e le fotografie, di diversi paesi, su argomenti dolorosi e difficili (come i manicomi, le prigioni, le repressioni politiche e sociali, l'indifferenza istituzionale) erano potenti, e ne va dato merito ai promotori di Contemporanea.
Si pensa a come sarebbe bello poter girare in macchina dentro la mostra. Il primo museo-drive in del mondo. Oppure, girarvi in bicicletta, almeno
Il pezzo di Hans Haacke, Documentazione- Ricerca, che fu bandito dal Guggenheim, qui, nel parcheggio, lo si tollera; la verdura marcia in Insalata di Vostell, è un insulto per tutti; gli schermi a rete di Sartogo accentuano la catacomba e i suoi aspetti peggiori: tutto è freddo, umido, nebbioso. Non c'è un posto dove ci si possa sedere, Non c'è un bar. Grandi spazi vuoti. Un freddo pavimento di cemento che stanca i piedi. Si pensa a come sarebbe bello poter girare in macchina dentro la mostra. Il primo museo-drive in del mondo. Oppure, girarvi in bicicletta, almeno.