Colloquio con Dieter Rams
Alessandro Mendini:
Tu sei stato il profeta del periodo mitico del design della Braun. Ho sempre pensato di farti questa domanda: la tua utopia era funzionalista o invece era di tipo poetico e purista?
Dieter rams:
Non sono stato il "profeta" del design Braun – semmai un importante collaboratore e "compagno d'armi". Soprattutto durante il secondo periodo del design Braun: il primo periodo era segnato dalla Scuola di Ulm, attraverso Hans Gugelot per il product design e Otl Aicher per il graphic design. Il lavoro mio e del mio gruppo non è pensabile senza il terreno preparato da loro.
Sono sempre stato per il semplice, il puro – che però è anche utile, e può avere poesia. Devo moltissimo, in questo, al lavoro di mio nonno, che era falegname e che rifiutò sempre le macchine. Massima cura e onesta qualità erano il suo principio. Il principio importante, per me, nella progettazione è: togliere il non-essenziale per metter l'essenziale in evidenza. Buon design per me significa: meno design possibile. Credo che il tempo sia maturo per un ritorno al semplice.
Un progetto esteticamente equilibrato, armonico, fondato su una regola, una sorta di grammatica della forma, dà al prodotto anche un tipo particolare di utilizzabilità. In fondo, mi vedo più come un ingegnere della forma che non come un artista, un poeta.
Mi sento a disagio. Due tendenze soprattutto mi sembrano pericolose: la velocità con cui gli esperimenti vengono fatti passare per soluzioni finite e presentati come tali al pubblico; e il modo massiccio con cui si impiegano i mezzi espressivi per suscitare stimoli emotivi.
Non ho nulla contro gli esperimenti, ma non è necessario che vengano subito prodotti in serie, e quindi copiati da epigoni. E non ho nulla contro un design stimolante, pieno di fascino, ma vorrei prendere posizione contro un design che si preoccupa innanzitutto degli stimoli. Stimoli nuovi, acuti, eccitanti – quindi aggressivi.
La nostra cultura è il nostro domicilio. Proprio la nostra cullura di tutti i giorni, con i prodotti di cui noi designer siamo responsabili. Un design che vuole essere a tutti i costi emotivo, originale, aggressivo, vistoso parla all'alienazione, allo stress. Sarebbe bello poterci sentire più "a casa nostra" nel nostro quotidiano.
Il principio importante, per me, nella progettazione è: togliere il non-essenziale per metter l'essenziale in evidenza. Buon design per me significa: meno design possibile
La produzione di massa dovrà trasformarsi in produzione di qualità. Il contributo del designer sarà importantissimo. Dovremo riuscire a rendere i prodotti più facilmente comprensibili – farli parlare, per così dire, con i mezzi del design. La qualità del design richiede esperienza, bravura, tenacia, diligenza e creatività. E richiede anche che gli amministratori delle aziende facciano propria la causa del buon design ...