Quando vengono degli stranieri a far visita a Domus e, architetti, arredatori, artisti, tifosi d'architettura come sono, ci chiedono quali costruzioni moderne visitare a Milano noi indichiamo fra le prime la casa di Ignazio Gardella che illustriamo in queste pagine.
Per inciso diremo qui il breve elenco delle opere che facciamo visitare, lieti se qualche lettore milanese ci darà qualche indicazione che ci è sfuggita: casa Rustici di Terragni e Lingeri (valore storico in fatto di architettura moderna, e valore attuale perchè è sempre una architettura bellissima e nient'affatto superata): casa di via Broletto 37 di Figini e Pollini (due architetti di grande valore che meriterebbero un maggior riconoscimento pubblico); casa Zanoletti in piazza Diaz di Asnago e Vender (osservazione come sopra): casa di angolo fra via Senato e via S. Andrea di due giovani architetti che si affermeranno con sicurezza, Zanuso e Menghi; albergo Auriga di Guido Veneziani; Palace Hotel di Giorgio Ramponi col bellissimo Campigli, e interni dell'hotel Duomo di Bega (perchè gli stranieri vedano testimonianze anche in fatto di architettura alberghiera): le Montecatini; alcuni edifici del Q.T.8. le case 'popolari' di B.B.P.R. in piazza Carlo Magno: l'Università Bocconi di Pagano; poi, quando è aperta, qualche padiglione della Fiera Campionaria, e, come si è detto, questa casa di Gardella.
1) È un edificio isolato e quindi è "un'architettura", cioè è una costruzione autonoma e completa, mentre le altre costruzioni, Università Bocconi esclusa, ma Montecatini compresa, han ricevuto, ahimè, dimensioni non dagli architetti, ma dai regolamenti.
2) È un edificio di Gardella, cioè l'espressione di una spiccata individualità fra gli architetti moderni, e di un vero architetto, Gardella, ingegnere prima e laureatosi poi architetto, è uno degli 'inflessibili' nel perseguire un rigore di espressione architettonica, non inteso in senso calvinistico, ma nel senso classico per cui l'architettura è precisione nel gioco proporzionale degli elementi che la compongono. Tutta l'opera sua è marcata da questa virtù, da questo merito, motivato dalla convinzione che l'emozione estetica nasce dalla perfezione dell'organismo architettonico.
Questa impostazione è maturata in Gardella da una vocazione familiare (padre, nonno e bisnonno architetti; il bisavolo allievo del Barabino; il nonno si dilettava a far disegnare ed ombreggiare i capitelli al fanciullo Ignazio ed è testimoniata dalla coerenza di una successione di opere "d'architetto" (1934: riordino del teatro di Busto Arsizio; 1936 dispensario antitubercolare di Alessandria; 1939 laboratorio antitubercolare di Alessandria; casa Barbieri di Castano e le nuove terme di Lacco Ameno ad Ischia, e la casa per impiegati della Borsalino in Alessandria. Fra le sue opere una ricordiamo particolarmente, ed è la sistemazione parziale della villa Borletti nella quale Gardella realizzò negli interni non dei vani (dove i muri scompaiono e sono solo dei limiti) ma un gioco di muri nello spazio stesso, nel qual gioco i muri con i loro spessori visibili e le loro superfici sono parte ed espressione dello spazio.
La copertura: Gardella l'ha risolta separandola dal volume della costruzione. È la migliore risoluzione di una difficoltà necessaria perchè la gronda (negli edifici di non grande altezza e non rivestiti di materiali incorruttibili) ci vuole e ci si doveva arrivare e siamo grati a Gardella di questo esempio.
Questa soluzione di gronda separata, di tetto "oltre l'architettura", di tetto 'aureola', consente ai volumi dell'edificio di finirsi coerentemente in sé.
Ma perchè ci sia pure una coerenza dimensionale fra l'edificio e la copertura, Gardella reinserisce quest'ultima nell'architettura alleggerendo i volumi anzi facendoli scomparire (questa casa è più un gioco di diaframmi, i muri, che un solido di muro) mostrando di costa i muri, come di costa si vede la copertura, e tagliandoli con una sequenza verticale di finestre verticali. Così è da lui istituita una modulazione sottile, leggera, elegante, verticale che si compone benissimo colla leggera (così ha da essere) copertura orizzontale del (diremo così, ma 110n è più così) tetto.
La verticale dei muri visti in costa è resa ancor più evidente dal rivestimento di rame dello spessore delle balconate, che così scompaiono (l'architettura ha Ie sue magie visuali ed ottiche). L'edificio ha due corpi affiancati ma distinti, ed il volume ne riesce variato nei prospetti ed alleggerito, il che è meglio fra gli alberi, come risorsa di luci e d'ombre e di spazi, che porre fra essi un volume pieno.
Ho parlato di leggerezza e voglio aggiungere fra gli attributi di questa costruzione anche l'eleganza. Questo attributo d'eleganza è diventato, chissà perchè, sospetto, come se la funzionalità, la modernità, la razionalità, la socialità ed altre cose che giustamente preoccupano gli architetti, contassero col concetto di eleganza, che non va certo interpretato come futile o mondano ma come una qualità, una educazione di spirito, che si risolve in espressioni e ritmi inconfondibili.
Passando agli interni di questa villa, che illustriamo in una abitazione arredata da Gardella, mi è venuto spontaneo di riferirmi, nel considerarli, ad una specie di 'galateo', all'arredamento del "vero signore" - come ha intitolato Giovanni Ansaldo il suo moderno galateo longanesiano. Perché? Perchè per me l'arredamento moderno, l'arredamento del vero signore d'oggi (che non vuoI dire del vero ricco ne' del vero padrone, ma dell'uomo che ha certe virtù civilissime ed educate) è proprio questo, dove in una cornice rigorosamente moderna sono umanisticamente raccolti oggetti e libri e mobili di qualsiasi stile ed epoca, collegati da una coerenza di scelta e di gusto cioè da una cultura. Questa è una lode per chi abita, tanto più meritata quanto più rara, ma è una lode per l'architetto perchè questo modo di arredare corrisponde al pensiero, alla natura, alla levatura di Gardella.
Arredare non è affatto fornire mobili ma contribuire, assieme a chi abita, ad una espressione di cultura e di civiltà, ad una rappresentazione edificante della vita privata. Quante case testimoniano soltanto la rozzezza dispendiosa degli abitanti, la loro sordità culturale! Ciò che gli architetti migliori propugnano come arredamento non è una messa in scena. con gli abitanti - personaggi in vetrina, e invece un esempio di gusto e, quando vi sono mezzi, il giustificarli con una dimostrazione di civiltà. Gio Ponti