La mostra a cura di Célia Bernasconi aveva inaugurato il 7 febbraio a Villa Paloma – Nuoveau Musée National de Monaco, poco prima che il lockdown relegasse la visita delle opere di Frey ai soli spifferi e fantasmi. Nel frattempo, la direttrice Marie-Claude Beaud, custode delle chiavi del gioiello della principessa Carolina, ha annunciato il passaggio di testimone a Björn Dahlström, ex direttore del Museo Yves Saint Laurent di Marrakech, previsto per l’anno prossimo. Una simile occasione ha rappresentato un secondo debutto per una mostra la cui inaugurazione non ha certamente brillato per tempismo.
Passiamo a Eugène Frey. Nato a Bruxelles, classe 1864, segno zodiacale bilancia, pittore, inventore, operatore, erede e pioniere, artista e tecnico, fantasma dei palcoscenici e sconosciuto uomo del dietro le quinte dell’Opéra di Monte Carlo dal 1904 al 1924. Al timido Eugène si deve l’invenzione di una tecnica di allestimento scenico, “Les Décors Lumineux”, tema prescelto del percorso espositivo. Grandi parole per concetti confusi, con un nome che rimanda immediatamente alla sfera dell’immaginifico, del leggero, del soffuso e del paradisiaco. Niente di più lontano dalla realtà.
Eugène Frey, l’illusionista dimenticato che ha rivoluzionato l’arte scenica
I riflettori si accendono nuovamente su “Variations, Les décors lumineux d’Eugène Frey” concedendo visibilità postuma a un personaggio ignorato dalla critica, dimenticato dal proprio pubblico e consegnato all’oblio agli albori del XX secolo.
Archivio NMNM
Collezione NMNM, n°2004.25.3
Credit Monte‐Carlo Société des Bains de Mer
Collezione NMNM, n° 2003.7.81 © NMNM / Marcel Loli
Collezione NMNM, n° 2007.19.63
Courtesy Ville de Paris / Bibliothèque Forney
Collezione NMNM, n° 2003.7.93 © NMNM / Marcel Loli
Credit Monte‐Carlo Société des Bains de Mer
Credit Monte‐Carlo Société des Bains de Mer
Credit Monte‐Carlo Société des Bains de Mer
Courtesy dell'artista. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Courtesy dell'artista. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Courtesy dell'artista. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Courtesy dell'artista. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Courtesy dell'artista. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Courtesy degli artisti. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Courtesy degli artisti. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Courtesy degli artisti. © NMNM / Andrea Rossetti, 2020
Credit Cinémathèque française. © NMNM / François Fernandez
Credit Cinémathèque française. © NMNM / François Fernandez
Credit Cinémathèque française. © NMNM / François Fernandez
Collezione NMNM, n° 2006.4.1 à 44. © NMNM / Mauro Magliani & Barbara Piovan
Collezione NMNM, n° 2006.4.1 à 44. © NMNM / Mauro Magliani & Barbara Piovan
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- Gabriele Cirami
- 19 giugno 2020
I Décors, infatti, fondano le proprie origini nel mondo della meccanica e degli ingranaggi unti, non sono esili, pesano e la loro esistenza dipende dalla forza delle braccia dei tecnici di scena, i quali, come scrive lo stesso Frey, hanno sempre visto più come un onere che un onore avere a che fare con una simile complessità ingegneristica.
In termini contemporanei un Décor è l’antenato degli effetti speciali, con l’aggiunta di qualche nota di unicità. Nati dal desiderio di fine ‘800 di ricreare il movimento, i Décors Lumineux sono un insieme di proiezioni a luce continua provenienti da una celata macchina mostro, che infonde vita ai disegni della quinta, trasformandoli in attori e ambienti muti pronti ad interagire con il dramma.
Nel secolo dell’evoluzione della tecnica, degli spostamenti di massa al grido di Esposizioni Universali, Frey incanala il Dio progresso plasmandolo nella dimensione di elemento decorativo.
Il dettaglio, ciò che è fievole come colore e luce, destinato a un’esistenza della durata di una scena, diventa così lo strumento necessario alla rinnovazione del pensiero sull’allestimento teatrale, creando involontariamente una nuova concezione di teatro: labile, immateriale, dinamico e irriproducibile.
Viene così messa la parola fine all’evoluzione meccanica ai fini della scienza che si fa intrattenimento, che aveva caratterizzato le stagioni dei cabaret allo Chat Noir e del Folies Bergère di Parigi. Esperienze tutte in cui il pubblico era stato chiamato ad assistere alla realizzazione di vere e proprie macchine-burattinai rappresentanti esse stesse l’intero spettacolo.
Il nuovo Teatro di Luce nasconde la sua avanguardia tecnica e fa dell’elemento decorativo e luminoso, un tempo arredo e supporto agli attori, una componente spettacolare e in costante trasformazione dell’esibizione stessa.
Questo passaggio rivoluzionerà completamente la motivazione primaria della presenza dello spettatore a teatro, insinuando nella mente di molti il dubbio su cosa lì abbia spinti in platea: il dramma, lo spettacolo luminoso, l’uno o l’altro? La loro coesistenza?
Per comprendere la spettacolarità e la complessità dell’opera di Frey sarebbe necessario risvegliarsi in quarta fila mentre l’ombra di Brunilde prende vita e sempre accompagnata dalle fide Valchirie notifica a Siegmund di essere consacrato alla morte. La musica di Wagner incanala la forza sprigionata dalle ombre che Frey anima in un clima in tempesta, mentre corde e fiati ci accompagnano in un bagno di solennità che ci restituisce al mondo disorientati. Sfortunatamente la presentazione del lavoro di Frey in mostra è limitata al materiale preparatorio al debutto sul palco, ai gobbi del sipario chiuso e inanimato: lastre di vetro, bozzetti, maquette, plastici e fotografie sono gli unici testimoni della grandezza di un’esperienza non rievocabile, perduta e, forse fortunatamente, cristallizzata nel passato. Ciò che il visitatore riesce ad apprezzare nelle sale sembra più la precisione e la minuzia di questi piccoli manufatti di oreficeria su carta che la dimensione massiva e spettacolare della tecnica di cui sono stati strumenti.
Sono invece le opere di João Maria Gusmão, presenti in mostra, i memorandum della tecnica con cui i Décors Lumineux prendevano vita. L’artista contemporaneo è stato chiamato a reinterpretare il mezzo, estrapolato dal contesto teatrale e forzato all’indipendenza, creando vere battaglie di una luce sull’altra, di un colore su un fondo, di una dimensione sulla sottostante. Nei pianerottoli, lungo le scale o inquadrate dalle lastre di vetro miniate che portano la firma di Frey, appaiono scorci di un faro la cui luce si dirama sulla costa, di un panorama in trasformazione con lo scorrere del tempo, di colline ricoperte dalla lentezza di una nevicata.
Realtà di una semplicità compositiva sconcertante, ma che mettono dinanzi all’innegabile differenza dello stato emotivo tra lo spettatore di Frey e il visitatore di Gusmao.
Se l’alba del secolo scorso aveva incanalato l’arte nella cultura del progresso scientifico, la contemporaneità ci trova, saturati dalla dinamicità dell’immagine, sterilizzati dalla frenesia del digitale, costretti a cercare pace nel culto dell’obsolescenza tecnologica e nella primordialità, facendo di “Variations, Les décors lumineux d’Eugène Frey” un’esperienza di quiete nostalgica per visitatori digitali stremati.
La mostra con le Opere di Frey, Gusmao, Paivre e numerose esperienze proto-cinematografiche ha allungato la sua permanenza nelle sale del Nuoveau Musée National de Monaco e sarà visitabile fino al 30 Agosto 2020.
Proiezione di Chevauchée des Walkyries sullo sfondo del palcoscenico, processo di Eugène Frey, al Théâtre de Monte Carlo (lato giardino). Estratto da La Science et la Vie, n°61, marzo 1922
J. Demontrond, Eugène Frey et la machinerie des Décors lumineux, s.d. Fotografia in gelatina d'argento 27,8 x 22cm
Eugène Frey, Etude pour les Décors lumineux de "La Walkyrie", ca. 1909. Inchiostro nero, guazzo e fotografie incollate su cartone, 15 x 21 cm
Eugène Frey, Etude pour les Décors lumineux de "La Damnation de Faust" / "Mefistofele", ca. 1905. Inchiostro nero e guazzo su carta tessuta, 24,2 x 31,6 cm
Eugène Frey, Etude pour les Décors lumineux de "La Damnation de Faust" / "Mefistofele", ca. 1905. Matita di grafite, inchiostro nero e guazzo su cartone, 26 x 15,3 cm
João Maria Gusmão, Behold the fiendish mare of Mephistopheles and its deceitful rider!. Serigrafia a colori su carta dopo il poster di Georges Dola per La Damnation de Faust al Théâtre du Capitole, 102 x 72 cm
Eugène Frey, Etude pour les Décors lumineux de "La Flûte enchantée", ca. 1921. Matita di grafite, inchiostro nero e guazzo su cartone nero, 24 x 41,2 cm
Eugène Frey, "La Damnation de Faust" / "Mefistofele", 1905. Piastra di vetro con filtri colorati, 9 x 12 cm
Eugène Frey, "La Damnation de Faust" / "Mefistofele", 1905. Piastra quadrupla in vetro verniciato, 9 x 12 cm
Eugène Frey, Vue de projection pour Décors lumineux non identifiés, s.d. Fotografia a colori su lastra di vetro, 9 × 12 cm
João Maria Gusmão, Window (détail), 2020. 4 faretti 6×6 modificati, filtri in gelatina e vetro, dischi in alluminio e plexiglas, dimensioni variabili
João Maria Gusmão, Light House (détail), 2020. 3 faretti 6×6 modificati, filtri in gelatina e vetro, disco in alluminio, dimensioni variabili
João Maria Gusmão, Blue Mountains (détail), 2020. 3 faretti 6×6 modificati, filtri in gelatina e vetro, disco in alluminio, dimensioni variabili
João Maria Gusmão, Flickering Cave (détail), 2020. 2 proiettori 6×6 modificati, filtri in gelatina e vetro, dimensioni variabili
João Maria Gusmão, RGB (détail), 2020. 3 faretti 6×6 modificati, filtri in gelatina e vetro, dischi in plexiglas, dimensioni variabili
João Maria Gusmão e Pedro Paiva, Snowfall (détail), 2018. 4 modified 6x6 spotlights, gelatine and glass filters, aluminium discs, variable dimensions
João Maria Gusmão e Pedro Paiva, Sunset (détail), 2017. 2 faretti 6×6 modificati, filtri in gelatina e vetro, dischi in alluminio e plexiglas, dimensioni variabili
João Maria Gusmão e Pedro Paiva, Camera Inside Camera (détail), 2010. Camera oscura, faretti illuminati, modello in legno, dimensioni variabili
Léon Sandis, Affiche "Théâtre d’ombres", s.d. Litografia su carta. 107 × 156 cm tela
Georges Redon, Affiche "La Boîte à musique", 1897. Litografia su carta, 93 × 126 cm tela
Jules Chéret, Folies‐Bergère – La Loïe Fuller, 1893. Litografia su carta. 127 × 91 cm tela
Attribuito a William Kennedy, Laurie Dickson e William Heise, Annabelle Serpentine Dance, 1895. Emulsioni gelatino-argento su un supporto flessibile di nitrato di cellulosa. 8,5 × 9,9 cm ciascuna.
Attribuito a William Kennedy, Laurie Dickson e William Heise, Annabelle Serpentine Dance, 1895. Emulsioni gelatino-argento su un supporto flessibile di nitrato di cellulosa. 8,5 × 9,9 cm ciascuna.