Qui l’azzurro e il rosa sono più sospetti cromatici che colori, quasi dei soffi, l’oro è luce abbagliante che mina la compiutezza semplice delle forme, spesso cancellandone gli angoli, mentre due superfici, celesti e celestiali, collocate su due diverse pareti, si attirano tra loro come calamite e si avvicinano fino a sfiorarsi in un angolo della stanza.
La qualità delle vibrazioni cromatiche, la capacità dei corpi di assorbire e sprigionare la luce, le particolari modalità di muovere i supporti e la maniera di occupare lo spazio, disseminandolo di presenze in modo parco ma capillare, rappresentano caratteristiche uniche del fare di Spalletti, un fare che è un inno glorioso alla pittura e alla sua storia, da Beato Angelico, a Piero della Francesca a Malevich.
Come a Parigi lo spettatore che all’Orangerie percorre le sale di Monet si trova a galleggiare ebbro di lucori, bagliori e riflessi, così al secondo piano di Palazzo Cini a Venezia l’osservatore si sente più leggero e intraprende un movimento nella direzione della smaterializzazione. I lavori di Spalletti sprigionano un’aura sacrale paragonabile soltanto a quella di certe opere di Yves Klein.
Questa mostra, promossa dalla Fondazione Giorgio Cini e da ASLC con il contributo di Studio la Città di Verona e il sostegno di NCTM, ha il grande pregio di mettere sotto gli occhi del pubblico internazionale della 56esima Biennale di Venezia la conferma che Spalletti è senza dubbio uno degli artisti contemporanei più poetici e classici.
fino al 23 agosto 2015
Ettore Spalletti
Palazzo Cini
Campo San Vio, Dorsoduro 864 Venezia