Vincent Beaurin e Fabrice Domercq, artisti e designer, hanno concentrato intorno agli ultimi anni del secolo scorso e ai primi di questo una produzione a quattro mani di sculture quasi spontanee, quasi inclassificabili, in bilico fra l'ostentata 'sgargianza' e la visibilissima fragilità. Il riferimento biografico al design è subito evidente anche a livello estetico: non perché le piccole sculture di Beaurin e Domercq ricadano esplicitamente da uno dei due lati della linea, tutta teorica, che separa il design dalle arti visive, ma piuttosto perché rivelano una consapevolezza molto definita di tale separazione, relazionandosi a essa con ironia, spirito di contraddizione, provocatorietà. A uno sguardo disattento, infatti, queste opere potrebbero sembrare oggetti di design: il nitore cromatico, l'uso di tinte vivaci e l'apparente essenzialità delle forme concorrono a suggerire una progettazione tesa alla produzione seriale. In modo ancora più marcato, inoltre, la struttura stessa di tali oggetti sembra richiamarsi a una qualche destinazione funzionale, per quanto forse sublimata, o superata, da esigenze meramente compositive. In realtà, però, tale vicinanza all'oggetto d'uso si rivela immediatamente come una consapevole strategia di depistaggio.
