Sono tante le testimonianze che, dagli anni ’20 fino ad oggi, mostrano come la progettazione architettonica abbia risposto alle stravaganze e agli eccessi di personaggi famosi, talvolta ossessionati dall’idea di una residenza all’altezza del proprio ego. Così sono nati progetti talvolta esuberanti ed insoliti, che hanno fatto da scenario non solo a feste e ricevimenti patinati, ma spesso anche a giochi di potere e vicissitudini politiche.
La grandeur è sicuramente una parola d’ordine, un dogma indiscutibile che un persoaggio di successo non può disconoscere (come nelle case progettate da Barry Dierks per Maxine Elliott, da John Lautner per Bob Hope e da Ferris Rafauli per Drake).
Tuttavia, in direzione contraria, anche la ricerca di un rifugio intimo, appartato e a contatto con la natura, in fuga dai clamori della ribalta (come nelle case progettate da Dante Bini per Monica Vitti e Michelangelo Antonioni, da Horace Gifford per Calvin Klein), è un forte principio ispiratore.
Infine, non da ultimo, la volontà dei progettisti di ideare una casa ”su misura” della personalità anticonvenzionale del proprietario (casa di Adolf Loos per Joséphine Baker, di Ora ïto per AIR, di Rem Koolhaas per Vincent Gallo, di Axel Vervoordt per Kim Kardashian, di Tadao Ando per Kanye West) rivelano una tensione mai sopita dell’architetto ad andare oltre le ostentazioni e i luoghi comuni per indagare il senso profondo dell’abitare, anche nel firmamento abbacinante delle celebrità.
Immagine di apertura: Axel Vervoordt per Kim Kardashian, Los Angeles, USA 2020