Lo studio milanese Laboratorio Permanente ha vinto il concorso per l’ampliamento della Casa della Serenità di Lovere, RSA sulle sponde del lago d’Iseo.
Dal progetto, sviluppato durante il primo lockdown, emergono delle riflessioni e delle condizioni inevitabilemente legate a quel momento, attraverso due aspetti. Primo, l’adeguamento degli spazi a un virus di cui ancora non si conosceva molto e che molte morti stava causando nelle RSA e nella provincia di Bergamo. In seconda istanza, la relazione intensa fra comunità e paesaggio che l’impianto vuole sviluppare, la cui radicalità è figlia di una primavera passata fra le mura domestiche.
I fondatori, Angelica Sylos Labini e Nicola Russi, ci raccontano della loro proposta: un edificio principalmente di legno CLT che, con la natura, trova un nuovo modello terapeutico.
Come si è svolto il vostro lavoro per questo progetto?
Il progetto di ampliamento della Casa della Serenità è stato, di fatto, il nostro primo lavoro fatto totalmente in lockdown, nella primavera del 2020. Questo ci ha portati naturalmente a lavorare in modo diverso, senza quegli strumenti analogici che sono per noi imprescindibili, come i modelli di studio. Il concept iniziale, come accade di norma per i nostri progetti, è partito da un’interpretazione profonda delle condizioni del contesto, sia quello della RSA stessa che a livello di paesaggio. L’edificio è diviso in due blocchi disposti trasversalmente rispetto alla collina. Il lago d’Iseo è il più selvaggio dei laghi del nord Italia, e abbiamo cercato di creare, sperimentando attraverso delle visualizzazioni 3D, una comunicazione ambientale fra il lungolago e le montagne.
Le RSA sono state al centro delle cronache di alcuni dei momenti più critici legati alla pandemia. Come ha influito quel periodo sullo svolgersi del lavoro?
Il bando prevedeva di realizzare un’addizione dell’edificio esistente che seguisse il modello della RSA aperta della regione Lombardia, includendo, oltre ad alloggi e camere ospedalizzate, una serie di servizi aperti al territorio e alla comunità locale. Essendo uno dei temi più delicati sui giornali, anche al di fuori dell’Italia, in quel periodo abbiamo apportato delle modifiche rese necessarie dalla condizione in cui ci trovavamo, che riguardavano soprattutto la circuitazione.
In modo più implicito, poi, il progetto è stato fortemente investito dalla condizione di confinamento che stavamo vivendo nelle nostre case. Dover affrontare la vita in uno spazio concluso ci ha portati a considerare, umanamente e progettualmente, dei temi su cui altrimenti non saremmo stati altrettanto decisi, come la struttura di legno CLT e la relazione con il paesaggio, la possibilità di personalizzazione degli spazi domestici e la creazione di logge. Tutte le camere hanno una vista verso il lago e, contemporaneamente, verso la corte aperta e gli altri alloggi della RSA, anche per vedere la vita degli altri. Questa sorta di “filtro umano” rappresenta proprio quel senso di comunità che volevamo portare al progetto alla luce di quello che stavamo vivendo la scorsa primavera.
Che ruolo ha il paesaggio nel progetto per la Casa della Serenità?
Lavoriamo sempre coinvolgendo i consulenti già in fase embrionale del progetto, e così abbiamo fatto anche in questo caso. Proprio dai paesaggisti è nata la suggestione della dimensione terapeutica della natura, che si realizza in tre momenti: quello diretto del contatto (che consiste nell’osservare un seme che germoglia o nel toccare una foglia che cresce) e quelli della vista, dell’orizzonte prossimo e di quello lontano. Il progetto, in questo senso, vuole mantenere questi tre livelli, partendo proprio dal coinvolgimento attivo nella manutenzione del verde nella corte che separa i due volumi, che porta i residenti, accompangnati da visitatori ma anche da esperti, a riconoscere quegli elementi familiari nella natura che li aiuta a sentirsi a casa.
Il giardino dei fiori e gli orti di fronte alle cucine davanti all’edificio esistente sono un’estensione di questo approccio, mentre la piazza-belvedere pubblica cerca una continuità con la piazza di Lovere attraverso l’uso dello stesso tipo di pavimentazione.
In più, abbiamo dato pari attenzione alle zone dei residenti e a quelle del personale, preservando la qualità architettonica anche negli spazi di servizio e cercando dove possibile di illuminare naturalmente.
I confini dell’architettura si stanno oggi ampliando verso altre competenze, come la tecnologia o il paesaggio. Che rischi ci sono per la disciplina?
Per noi il confine dell’area di intervento non coincide mai con il confine dell’area di progetto. C’è una cosa però che temiamo, ovvero che si perdano i fondamentali di una professione: la multidisciplinarietà è necessaria, ma questa è connaturata all’architettura, che è sempre stata una disciplina ibrida. Facendo un parallelo con il cinema, l’architetto sta diventando un produttore esecutivo (quindi un organizzatore), con il rischio di perdere il suo ruolo di regista.
Cosa pensate che la pandemia abbia modificato per l’architettura?
Se fino all’anno scorso il tempo è stato il cardine delle nostre esistenze, la pandemia ha riportato al centro lo spazio, a partire dal suo ruolo nella diffusione del virus. I dibattiti sullo spazio si sono moltiplicati in questi mesi, e abbiamo ragionato continuamente su cosa volesse dire subirlo, condividerlo o usarlo. In questo contesto, dobbiamo ricordarci che l’architettura è l’unica disciplina che si occupa della misura, della qualità e delle condizioni dello spazio.
- Capogruppo di progetto:
- Laboratorio Permanente
- Fondatori:
- Angelica Sylos Labini, Nicola Russi
- Team di progetto:
- Luca Cozzani, Amedeo Noris, Alberto Ceriotti, Pietro Nobili Vitelleschi, Greta Benelli, Mario Ventilato, Francesca Luci, Pablo Hernando del Amo, Vittoria Leonardelli, Giulia Turati, Emilio Vata
- Consulenti per il paesaggio:
- RSL - Rebediani Scaccabarozzi Landscape (Vera Scaccabarozzi, Lorenzo Rebediani)
- Consulenti per l’ingegneria:
- FOR Engineering Architecture (Roberto Mancini, Sofia Mori, Chiara Rinaldoni, Ronni Semeraro, Maria Sergio)
- Coordinamento tecnico e scientifico del concorso:
- Luca Molinari Studio
- Committente:
- Onlus Fondazione Beppina e Filippo Martinoli
- Progettazione:
- 2020