Storicamente, chi desiderava passare una vacanza nella natura si spostava verso luoghi lontani e fuori mano, dove il contatto con la natura, la quiete e l’aria fresca offrivano una pausa dalla opprimente vita di città. Uno di questi posti, a giusto un’ora e mezza di macchina da New York City, si trova su una lunga e sottile isola sabbiosa al largo della costa di Long Island. Fire Island è composta da tante piccole comunità che sorgono su una striscia di sabbia tra la Great South Bay e l’Oceano Atlantico.
Una di queste, The Pines, è costituita da una popolazione completamente stagionale, che ogni estate occupa le 600 case, i 100 condomini e il piccolo albergo dell’area e gestisce le poche attività commerciali concentrate lungo un piccolo porto. L’isola è raggiungibile solo in traghetto. A The Pines non ci sono strade per le macchine, e le case sono collegate al porto e alle spiagge tramite una griglia di passerelle sopraelevate larghe meno di due metri. Non appena scendi dal traghetto, vieni travolto dal rumore dell’oceano, dal cinguettio degli uccelli e dal fruscio del vento tra le erbe palustri. Il viaggio ti ha rimosso fisicamente e mentalmente dai rumori e dai ritmi frenetici della città, per trasportarti in un luogo magico immerso nella natura e caratterizzato da una stupefacente ma allo stesso tempo semplice architettura modernista che celebra la bellezza della natura. A partire dagli anni ’30 circa, questa porzione di Fire Island ha cominciato ad attrarre folle di frequentatori dei circoli teatrali e artistici di Manhattan.
Soggiornando in piccole baracche di legno e a volte anche in semplici tende, questa comunità ha potuto godere del senso di evasione e libertà che l’isola offriva. Con l’aumentare della popolarità, negli anni ’60 l’isola cominciò ad ospitare personalità sempre più glamour: con l’arrivo di personaggi del calibro di Calvin Klein, Perry Ellis e Angelo Donghia, i quali abitavano l’isola e spesso ospitavano i loro famosi amici Andy Warhol, Liza Minnelli e Yoko Ono, le architetture da spiaggia divennero sempre più sofisticate, chic e minimaliste. Horace Gifford, un giovane architetto amante della spiaggia, si era trovato al posto giusto al momento giusto: aveva un modo molto informale di vivere la vita di mare, e spesso incontrava i clienti proprio sulla spiaggia, con addosso uno speedo e una valigetta in mano, per progettare piccole case rivestite di legno di cedro, che fungevano da padiglioni all’aperto in cui vivere e divertirsi. L’architetto Charles Renfro, partner dello studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro, ogni estate soggiorna in una delle prime case progettate da Gifford.
“Le case sono fondamentalmente tende di legno, una sorta di rifugio primordiale. L’architettura è ridotta alla sua essenza: si tratta di ‘vivere’, e non più di ‘guardare’”. Chiacchieriamo con Charles Renfro sul bordo della piscina della sua casa, che è circondata da paludi naturali, alti canneti e alberi di pino. Non c’è una netta distinzione tra gli spazi abitativi interni ed esterni, con aperture a tutta parete grazie alle ampie porte a vetri sia sul fronte che sul retro del ‘padiglione’. “Si esce dalla spiaggia e si entra in casa, semplicemente”, continua a spiegare.
“Questo tipo di architettura ti permette di vivere nella natura e con la natura, godendo di un lusso minimale”. Le case di The Pines sono state progettate in maniera da celebrare l’unicità degli elementi naturali dell’isola. Le case appollaiate sulla cima di alte dune si protraggono verso il cielo grazie alle loro particolari forme geometriche, le quali offrono anche delle meravigliose viste sull’oceano, mentre altre case, caratterizzate da forme più graziose e morbide, richiamano i movimenti della sabbia sulla spiaggia, e sostituiscono i muri con delle vetrate per non ostacolare il passaggio della brezza dell’oceano. Le case costruite sulle palafitte sorgono invece in zone più boschive, ricordando così delle case sugli alberi dei bambini, pur essendo create per il relax e il divertimento degli adulti.
L’architetto Scott Bromley, famoso per aver progettato il mitico nightclub Studio 54 a Manhattan, vive in una delle case progettate da Horace Gifford, ed è un residente locale che conosce da tempo The Pines.
“La mia prima cosa che ho pensato quando sono arrivato a The Pines a Fire Island è stata: quanto può essere bella Madre Natura? Penso alla bellezza dei colori della sabbia, del mare e del cielo, che cambiano continuamente. Sono venuto per la prima volta a The Pines quando avevo circa 24 anni, ero un giovane ragazzo canadese... e adesso sono ben 50 anni che amo The Pines”. Lo studio di architettura di Scott, Bromley Caldari Architects, ha progettato molte delle case a The Pines. Questa architettura cattura lo “Spirito del luogo” utilizzando la bellezza delle materie prime e abbracciando l’etica di un vivere semplice ma elegante che evoca la bellezza naturale circostante. “Sono sempre stato un minimalista, e Fire Island è sinonimo di divertimento, quindi perché inserire dettagli inutili o che attirano solo la polvere? L’architettura della nostra casa sulla spiaggia è priva di modanature, ci sono per lo più finestre e porte che vanno dal pavimento fino al soffitto (per permettere all’esterno di entrare nella casa), molti elementi nascosti, e strutture in legno. A The Pines, la gente vuole solo arrivare sull’isola, aprile la porta di casa, e iniziare a vivere”.