Più che costituire una tipologia architettonica, le capanne di legno immerse nella natura formano un immaginario confortante, che chi vive in città può rivivere per frammenti attraverso gli schermi di un dispositivo elettronico.
Sono rifugi reali per chi li abita e virtuali per chi li sogna mentre sta chiuso nella sua gabbia metropolitana, privata o collettiva che sia.
La capanna progettata da Sanden+Hodnekvam Arkitekter coincide esattamente a questo stereotipo: si trova a chilometri di distanza dai segni dell’antropizzazione, in un sito ripido e scosceso con vista sul fiordo.
È a partire dalla tradizione costruttiva e dalle abitudini locali che si sviluppa il progetto: “Ai norvegesi piace fare escursioni e passare il tempo all’aria aperta. Quando ci fermiamo a riposare, questo è il tipo di spazio che cerchiamo solitamente. Per il progetto abbiamo puntato allo stesso tipo di qualità spaziale, rifugio e sensazione di isolamento,” racconta John Sanden.
“La Capanna a Rones comprende due livelli e si adatta alla topografia del sito. L’impronta a terra minima riduce l’impatto sul paesaggio e preserva il più possibile la vegetazione.”
Lo studio norvegese compone un volume elementare triangolare rivestito di legno lamellare incrociato con una solida base di cemento grezzo. All’esterno troviamo anche una grondaia e altri dettagli in rame non trattato, che reagiscono al tempo scurendosi.
Anche gli interni sono caratterizzati dalla combinazione tra legno e cemento – questa volta lisci e levigati. Gli arredi di betulla mostrano i propri incastri e contribuiscono a diffondere quel senso di comodità, sicurezza, accoglienza e familiarità descritti dal termine hygge, sostantivo in lingua danese e norvegese che indica una felicità semplice, austera e quotidiana.