Ci sono molti modi per distruggere una città, quello più efficace è distruggerne l’architettura. E ci sono molti modi per distruggerne l’architettura, bombardare l’intera città facendola tornare all’età della pietra è semplicemente quello più drammatico. Altri modi altrettanto efficaci e molto meno degni di nota sono per esempio quello di demolire intere strisce di vecchi edifici con il pretesto di un rinnovo urbano, oppure lasciare che i proprietari li trascurino e abbandonino, o ancora suddividerli e convertirli in costruzioni residenziali o in spazi commerciali. A Cali, in Colombia, sono stati tutti messi in atto contemporaneamente.
Cali non è di certo una Mecca dell’architettura, tuttavia, specialmente all’interno del centro storico della città, si trova un sano mix di stili architettonici del secolo scorso, tra cui vari imponenti edifici in stile Art Deco. O meglio, c’erano vari edifici in stile Art Deco nel centro città fino a che non sono stati distrutti, a uno a uno, in diversi modi e per diverse ragioni.
Quando gli immigrati europei, per la maggior parte architetti ebrei, trapiantarono gli edifici dell’Art Deco nelle Americhe, non si trattava di palazzi per i ricchi bensì di alloggi per la classe culturale degli immigrati e del posto. L’Art Deco rappresentava l’ultimo sprazzo di eleganza europea prima che l’architettura funzionalista degli USA, fatta con lo stampino, travolgesse la regione, sfornando edifici che stipavano le persone in spazi ancora più piccoli e utilizzavano lo spazio aereo solo per aumentare il numero di unità abitative.
Oggi, però, il centro di Cali è quasi completamente disabitato a causa della dilagante commercializzazione degli spazi pubblici e degli alti tassi di criminalità. Nonostante vi si trovino la maggior parte degli edifici storici della città, come chiese, edifici coloniali, palazzi governativi, teatri e piazze, il centro di Cali non è più anche il centro culturale della città (ancor meno una destinazione turistica) ed è diventato perlopiù un mercato di strada di merci contraffatte provenienti dalla Cina.
La maggioranza dell’architettura Art Deco, costruita tra gli anni ’20 e gli anni ’50 nel centro città, è stata a lungo trascurata. Il governo locale concede sgravi fiscali sulle proprietà patrimoniali, ma raramente include edifici in stile Art Deco, e anche quando lo sono, i costi di mantenimento del patrimonio architettonico possono essere onerosi. Senza un supporto del governo, in ben pochi hanno la disponibilità economica per riportare questi raffinati edifici al loro antico splendore e mantenere la loro funzione originale. Perciò molti sono costretti a venderli ai consorzi immobiliari che li sventrano brutalmente e li convertono in volgari imprese commerciali.
Il destino dell’Hotel Artisti, un emblematico hotel in stile Art Deco e sito chiave della storia culturale del XX secolo della città, è un esempio lampante dell’inutile perdita del patrimonio culturale e architettonico. L’hotel, costruito nel 1951 sul modello dell’Hotel Albion a Miami, si sviluppava su dieci piani di stanze da affittare a giornata o a lungo termine (con sconti per gli artisti). Vantava una piscina sul tetto e una sauna, una sala grill, il bar di classe El Paraiso, enormi saloni per i concerti, una pasticceria europea, un salone di bellezza, una bottega di barbiere, un fiorista e anche una galleria d’arte, un cinema e persino un teatro da 1.000 posti a sedere il cui design era stato ispirato dal Radio City Music Hall di New York. L’Hotel Artisti è stato venduto anni fa a dei costruttori che hanno smembrato e suddiviso questa immensa struttura in un centro commerciale fatto di negozietti che vendono merce importata. Nonostante l’edificio sia ancora in piedi, questa trasformazione ha di fatto distrutto uno dei maggiori depositari della storia e della cultura di Cali.
Il Vecchio Hotel Bulevar del Rio è un altro caso di un hotel iconico riconvertito in spazio commerciale. Questo hotel vantava una hall di lusso, una piscina, una sala ricreativa, ma ora affitta i suoi tre piani di stanze come magazzini. Anche se la sua hall di lusso, ormai decrepita, è ancora intatta, la sontuosa piscina situata in un patio al piano terra è stata di recente riempita di ghiaia per farne un parcheggio commerciale all’interno della struttura e così farci stare almeno altre quattro macchine.
Ci sono molti modi per distruggere una città, quello più efficace è distruggerne l’architettura.
Gli edifici Art Deco hanno sofferto così tanto principalmente perché in origine erano stati costruiti a scopo residenziale, una funzione ormai inutile per l’attuale mercato immobiliare del centro di Cali. In linea con la direzione economica che la città sta prendendo, molti androni e primi piani sono stati invasi da ristoranti fast-food, supermercati, cartolerie, meccanici, rivenditori di biglietti della lotteria e, soprattutto, parcheggi.
Poiché la maggior parte delle persone che si reca al centro lo fa per fare shopping o prendere qualcosa di veloce da mangiare, c’è un grande bisogno di parcheggi. La mancanza di posteggi cittadini (e la paura che la propria macchina o moto venga rubata) ha creato una nuova nicchia economica di parcheggi, un modo semplice per convertire lo spazio in denaro. Senza alcun riguardo per la storia culturale della città e spesso violando le leggi patrimoniali, i proprietari di edifici in stile Art Deco del centro demoliscono queste imponenti strutture (anche se a volte ne rimane la facciata) per farne dei lotti vuoti. E visto che nell’ultimo decennio le strade di Cali sono state invase da moto cinesi a basso costo, è ormai normale che i piani terra degli edifici in stile Art Deco abbandonati siano stati trasformati in parcheggi per moto.
La distruzione diffusa degli edifici in stile Art Deco nel centro di Cali, che può quasi sembrare un genocidio nei confronti di una specifica architettura portata dagli immigrati, è in realtà parte di una più ampia trasformazione del centro. Il mega progetto urbano Ciudad Paraiso, che prevede la costruzione di un centro commerciale di lusso (proprio di fronte all’Hotel Artisti), un nuovo tribunale e un complesso di appartamenti di fascia alta, è iniziato proprio radendo al suolo uno dei più vecchi e tradizionali quartieri del centro. I promotori di Ciudad Paraiso continuano a insistere dicendo che il progetto contribuirà a risollevare il quartiere e porre fine alle insicurezze, ma per ora ha solo portato alla completa distruzione dell’architettura residenziale unifamiliare del quartiere e allo sfollamento di un’ampia comunità di lavoratori.
Il rinnovamento urbano viene spesso descritto come una guerra di classe. Oltre ai numerosi megaproiettori che hanno completamente sfigurato il paesaggio urbano, specialmente nei quartieri popolari, Cali ha sofferto in modo diretto della guerra civile che ha afflitto il paese per oltre cinquant’anni e che ha portato con sé autobombe e altri attacchi alle infrastrutture e all’architettura della città. Il 7 agosto 1956, in una zona popolare del centro di Cali, sette camion dell’esercito carichi di oltre mille casse di dinamite sono stati parcheggiati, per ragioni che nessun funzionario militare poté spiegare, vicino alla vecchia stazione ferroviaria e fatti saltare in aria.
L’esplosione avvenne nelle prime ore del mattino, distrusse 41 isolati e si lasciò dietro un cratere di 50 metri di diametro e 25 metri di profondità. Lo scoppio, equivalente a un terremoto di magnitudo 4.3 sulla sala Richter, ha spazzato via dalla faccia della Terra centinaia di edifici, case e attività commerciali e ha incenerito circa 4.000 persone (l’1% della popolazione), ferendone altre 12.000. I disastri urbani sono sempre delle opportunità e l’Esplosione di Cali è stata una vera e propria manna dal cielo che ha cambiato per sempre il volto della città e non ha lasciato alcun segno della carneficina e distruzione passate.
Sebbene lo sventramento degli edifici in stile Art Deco del centro sia un fenomeno isolato, non violento e non orchestrato, il diffuso sfollamento dei lavoratori nella città fa parte di uno studiato genocidio architettonico a lungo termine. Anche se queste grandiose strutture vengono distrutte, le loro facciate puntellate restano in piedi, testimoni delle brutali politiche economiche e delle volgari funzioni commerciali a cui l’architettura è costretta a sottostare in una città in cui il governo pecca di lungimiranza nel preservare la cultura della città.