Kjetil Trædal Thorsen è socio fondatore dello studio di architettura, paesaggio, interni e immagine coordinata Snøhetta, con sedi sparse in varie città di tutto il mondo tra cui Oslo, New York, Innsbruck e San Francisco. Con la sua storia trentennale la sua architettura è un felice esempio di innovazione cui si devono alcuni dei progetti più significativi e creativi degli ultimi decenni, tra cui il National September 11 Memorial & Museum, il teatro lirico di Oslo, la ristrutturazione di Times Square e la Bibliotheca Alexandrina.
Che cosa sono per te la creatività e l’innovazione in architettura?
Per analizzare l’utilità dei due termini è meglio mantenerli distinti. Mentre la creatività è un processo, l’innovazione è un risultato positivo. La parola “innovazione” per un problem solver potrebbe essere ambigua. Il termine è stato adottato in campi differenti ed è divenuto più che altro sinonimo di risultato commercialmente conveniente: si potrebbe concluderne che i processi che non portano a una soluzione o a un prodotto non possano essere definiti innovativi. Perciò si potrebbe facilmente cadere in una trappola efficientista che non permetterebbe più il pensiero critico, l’apprendimento attraverso il fare, la sperimentazione o l’arte di formulare le domande.
Che cosa può fare un architetto nella pratica quotidiana della professione?
L’innovazione si ottiene quando si forzano i limiti delle attese convenzionali. Il che vuol dire individuare nuovi modi di creare l’interazione umana, aggiungere nuove funzionalità e schemi d’uso che permettano nuove tipologie architettoniche che inducano cambiamenti di ordine sociale. Si può pensare a come passeggiare sul tetto di un teatro lirico oppure cenare sott’acqua. Secondo me, la creatività dev’essere una differenza nel rapporto con il tempo, il luogo e le circostanze culturali.
Come nasce un impulso innovativo?
Nasce dalle persone coinvolte. È la somma delle verifiche della capacità intellettuale, della diversità e della realtà necessarie a guardare ai problemi da prospettive differenti. La nostra concezione attuale si basa su un metodo che chiamiamo “trasposizione”. È il tentativo di creare un nuovo livello di collaborazione. Non invitiamo professionisti diversi a sedersi allo stesso tavolo ma invitiamo ciascun professionista a immaginare se stesso in un posizione differente. Allora l’architetto diventa sociologo, il sociologo artista, l’artista ingegnere, l’ingegnere grafico, il grafico committente, il committente architetto e così via. Secondo la nostra esperienza ciò spinge ciascuno a condividere altri interessi e altre esperienze di vita. La responsabilità professionale viene superata e ciascuno contribuisce a raggiungere un obiettivo comune fondato sulle rispettive particolarità. È un elemento di singolarità in un’impostazione pluralista, più che una definizione pluralista della singolarità.
Qual è l’elemento che guida essenzialmente il tuo lavoro?
Può variare dall’elemento umano agli strumenti, secondo la fase e la programmazione del progetto. Per esempio Preparazione e Panoramica si svolgono generalmente nelle prime fasi, mentre Fisicità e Prototipazione rapida trovano posto in seguito. Voglia di stupire, Messa in scena, e Sfida alla fantasia sono elementi emotivi che accompagnano il processo nella sua totalità, mentre Resistenza generativa, Creatività punk e Risata liberatoria dipendono dalle circostanze e da quanto chi partecipa al progetto osa essere problematico. A tutti si affiancano diversi strumenti analogici e digitali, dagli oggetti fatti a mano all’informazione digitale che sullo schermo non manca mai. Crediamo fermamente in queste procedure plurime che danno la possibilità di scegliere metodi e strumenti che ci danno il miglior risultato possibile.
Oggi che cosa si trascura?
Un edificio non è automaticamente architettura. Neppure se è progettato da un architetto. La complessità contemporanea pare affrontata da un crescente numero di persone in Europa con semplificazioni ingenue, riferimenti storici casuali, ideologie politiche radicali che tutelano interessi particolari. Si arriva così a oggetti indifferenziati che soddisfano solo semplici funzioni primarie come gli interni basati su parametri illogici di benessere, o l’illuminazione naturale sufficiente per chi ci abita. Questi oggetti d’utilità non hanno alcuna ambizione di soddisfare urgenti bisogni della società.
E che cosa pensi si debba fare adesso?
Prospettiva ecologica, soluzioni innovative, ricerca sperimentale, coinvolgimento dell’utente, convenienza economica e di conseguenza espressività estetica sono ritenuti ostacoli superflui per ambienti autoriferiti e dotati di prospettive e interessi limitati nello sviluppo di un futuro comune. Come l’arte, l’architettura è parte del contesto storico del pensiero critico al servizio della società. Lo spazio necessario a ottenere una continua condizione di reinvenzione in architettura può essere garantito solo da una politica consapevole, che sostenga un’ulteriore evoluzione della sensibilità collettiva e individuale nei confronti degli altri e del mondo.