Vienna ha svolto un ruolo significativo nell’evoluzione dell’architettura e del design moderni a partire dal momento in cui Otto Wagner formulò le sue feconde concezioni nel saggio Moderne Architektur del 1896 e Josef Hoffmann, con Koloman Moser, per primi misero in pratica il rapporto tra arte, artigianato e impresa nel loro importante contributo al movimento della Wiener Werkstätte, fondato nel 1903. Ma già all’inizio del XX secolo l’Art Nouveau e poi le celebri opere di Adolf Loos e Josef Frank rappresentarono qualcosa di più che un influsso per l’architettura viennese del XX secolo. Alcune tendenze progettuali meno note, nate a Vienna nella seconda metà del secolo, raccontano una storia completamente diversa del patrimonio culturale dell’architettura cittadina. Le opere di alcune di queste correnti sono ancora visibili in interni di spazi pubblici e progetti d’architettura di piccola scala, importanti e ancora intatti, tuttora visitabili a Vienna.
Dal Modernismo moderato all’Antidesign radicale: un percorso tra gli interni nascosti del XX secolo viennese
Fuori dai soliti percorsi, Adam Štĕch ci guida alla scoperta di piccoli gioielli dimenticati del Modernismo, dei primi progetti dell’era spaziale e dello stile eclettico del Postmoderno. La sua è una Vienna inedita che racconta una storia diversa dell’architettura cittadina.
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- Adam Štěch
- 31 ottobre 2017
- Vienna
Il modernismo moderato della Vienna postbellica
Dopo Adolf Loos, Josef Frank e la Secessione viennese l’architettura e il design degli anni Cinquanta a Vienna furono morbidi e moderati, e non rigidi e geometrici. Grazie agli elementi decorativi e alle forme organiche il Modernismo viennese degli anni Cinquanta giocò sulla raffinata linea di una ricca gamma di materiali e di forme giocose. Uno dei maestri più prolifici dell’epoca fu Oswald Haerdtl (1899-1959), allievo di Koloman Moser e Josef Hoffmann. A Vienna sono tuttora conservati alcuni dei suoi interni e dei suoi progetti architettonici di piccola scala. Il più celebre è probabilmente il popolare caffè Prückel, ristrutturato da Haerdtl nel 1954. Lo spazio dall’alto soffitto, pieno di luce, è arredato con sedute e lampade appositamente progettate, che Haerdtl progettò secondo linee decorative ma organiche e fluide. L’interno del caffè di Haerdtl, proprio di fronte al Museum für angewandte Kunst (MAK) è rimasto ancor oggi intatto nella forma originale.
L’altro celebre progetto dello stesso autore è il Wien Museum di Karlsplatz, monumentale edificio modernista terminato nel 1959. Ancora attivo nella sua funzione museale, l’interno si distingue per la raffinatezza dei particolari e delle superfici. Pannelli d’alluminio anodizzato, porte e ringhiere testimoniano l’attenzione di Haerdtl a ogni particolare, appositamente progettato. Un’altra occasione di osservare l’architettura di Oswald Haertl nella vita reale è offerta dal parco del Volksgarten, dove ci si può incontrare al Volksgarten Pavilion, progettato dall’architetto tra il 1947 e il 1950.
Un piccolo gioiello dimenticato del Modernismo austriaco degli anni Cinquanta si può trovare anche dentro l’albergo Prinz Eugen, vicino alla Stazione Centrale. Progettato dal poco noto architetto Georg Lippert nel 1958, l’albergo con la sua facciata ritmata e i suoi balconcini racchiude gli interni originari del bar, con le sedie di legno delicatamente ricurve, i divani integrati, il lampadario di cristallo e altri raffinati particolari decorativi, come la sensuale nicchia a specchio color oro.
Il Futurismo spaziale degli anni Sessanta
Il Modernismo decorativo degli anni Cinquanta fu un punto critico per l’evoluzione della nuova estetica e dei nuovi movimenti radicali degli anni Sessanta e Settanta. Uno degli appuntamenti della Vienna Design Week di quest’anno si è tenuto nell’ex sede di una banca di Sparkassplatz, progettata nei primi anni Settanta da un altro architetto poco noto: Johann Georg Gsteu (1927-2013). Esponente di una importante generazione di architetti ostili al Modernismo classico, Gsteu progettò un sorprendente spazio pubblico a finestre circolari, ritagliato nella facciata ottocentesca dell’edificio, caratterizzato dal ritmo dinamico dell’interno conferito dalle aperture circolari e dalle lampade sferiche a soffitto. Grazie alla Vienna Design Week questo spazio ha potuto essere scoperto da ogni visitatore che entrasse dalla monumentale porta verde progettata dallo stesso Gsteu negli anni Ottanta come una raffinata macchina cinetica.
Il rappresentante più significativo della generazione d’architetti di cui si è detto, nata dall’insegnamento di Clemens Holzmeister, è Hans Hollein (1934-2014), vincitore del premio Pritzker, il cui lungo percorso va dai primi progetti dell’era spaziale degli anni Sessanta allo stile eclettico del Postmoderno degli anni Ottanta. Il primo capitolo della sua storia è rappresentato a Vienna da due progetti d’architettura di piccola scala, che si trovano nel centro della città. Il negozio del produttore di candele Retti (progettato nel 1964) e la Christa Metek Boutique (progettata nel 1966) sono piccoli lavori in cui l’esterno si sposa all’interno in un progetto complesso. La meno nota Christa Metek Boutique è uno spazio anticipatore con una vetrina rivestita d’alluminio dominata da un’apertura circolare. Dentro si possono ancora vedere gli espositori originali integrati di plastica, gli scaffali, le lampade e perfino i singoli pezzi d’arredamento di Hollein. Il tutto sotto tonnellate di abiti di Chanel, Valentino e Prada d’epoca in vendita oggi nel negozio.
La pericolosa architettura del movimento Antidesign
Hans Hollein appartiene alla generazione degli architetti radicali, che criticavano l’aspetto disumano del Modernismo. Con Gustav Peichl, Coop Himmelb(l)au, Haus-Rucker-Co e Günther Domenig, questa corrente proponeva dal punto di vista simbolico un’architettura di vita e di morte. Secondo le loro concezioni l’architettura doveva assalire l’utente, stimolarne le attività quotidiane e magari traumatizzarlo con le sue forme espressive e puntute. Si opponevano radicalmente allo “stile noioso” del Modernismo per colpire e aggredire.
L’idea del pericolo e dell’antiarchitettura è rappresentata in due altri progetti significativi degli anni Settanta. Hollein progettò nel 1972-1974 il suo negozio dell’Am Graben per la gioielleria Schullin come una sfrenata composizione di lastre di granito e d’ottone per ottenere un aspetto brutale quasi barbarico. La facciata del negozio riprende le forme naturali della roccia, attraversate da una cicatrice, in una forma da progetto distrutto o non finito.
Il progetto per un’agenzia della banca Zentralsparkasse, completato da Günther Domenig (1934-2012) nel 1979, funziona secondo una concezione analoga. Mentre la facciata della banca pare una pericolosa creatura robotica da fantascienza, l’interno fu progettato in una combinazione di strutture d’acciaio high-tech, impianti tecnici a vista e forme organiche di calcestruzzo che si inseriscono le une nelle altre. Si può ancora visitare l’interno della banca, dove oggi si vendono abiti a buon mercato, e scoprire le numerose caratteristiche originali dell’interno. La più interessante è probabilmente una gigantesca mano di calcestruzzo, simbolo del potere dell’architettura che può prendere vita e colpire nel corpo e nell’anima, come sostenevano gli architetti dei movimenti radicali viennesi degli anni Sessanta e Settanta.
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