A-Way

L’associazione Architettando ha da poco festeggiato il 20esimo anno di attività riattivando temporaneamente quattro infraspazi di Cittadella (PD) attraverso il gioco, la partecipazione e la co-costruzione.

Dal 31 maggio al 22 giugno 2014, a Cittadella, una delle più belle città murate del Veneto posizionata a pochi chilometri da importanti centri artistici come Padova, Vicenza e Treviso, si è cercata una via (A-Way) per sperimentare inediti processi di fuga (Away) dalla modalità consueta e conosciuta di rapportarsi con gli infraspazi.

A-Way, installazione di Architettando, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

Per festeggiare il 20esimo anno di attività, l’Associazione Culturale Architettando, ha deciso di invitare tre studi di livello internazionale a riflettere e intervenire concretamente su una serie di spazi privi di netta codificazione: habitat ideali del rinnovamento, luoghi capaci di offrire inedite opportunità tanto ai progettisti quanto ai potenziali utenti, possibilmente alimentando nuove connessioni e relazioni, ribaltando o ridefinendo gerarchie, filoni di senso, divenendo interpreti di una sorta di laboratorio in vitro dove sperimentare soluzioni ipoteticamente reiterabili o scalabili. Il tutto attraverso il linguaggio del gioco, definendo con l’aspetto ludico dell’intervento il parametro di successo dell’allestimento temporaneo.

A-Way, installazione di BAM!, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

Oltre ad Architettando, sono stati invitati a proporre dispositivi capaci di restituire all’utilizzo collettivo spazi oggigiorno marginali, BAM! Bottega di Architettura Metropolitana di Torino, l’Associazione Campomarzio di Trento e Superuse Studio di Rotterdam i quali, in ordine, hanno realizzato altrettanti allestimenti per quattro aree posizionate a ridosso della cinta muraria ovvero il Campo della Marta, il sottoponte di Porta Vicenza, il percorso pedonale Villa Rina e il parchetto di Riva IV Novembre.

A-Way, installazione di BAM!, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

Utilizzando un budget provocatoriamente basso, i collettivi selezionati, rappresentanti di quella natura nomade, entusiasta, intraprendente e pluridisciplinare nascosta dietro ogni studio di progettazione contemporaneo, hanno prima proposto e dopo costruito, coinvolgendo gli abitanti, quattro architetture passeggere per rivelare le potenzialità di quattro luoghi abbandonati perché privi, apparentemente, di valori eclatanti. Le installazioni, inaugurate dalla lectio magistralis di Bernardo Secchi e Paola Viganò, hanno successivamente ospitato eventi di varia natura, come ad esempio lecture e performance teatrali itineranti, dimostrando in scala 1:1 la loro capacità di riattivare luoghi di risulta.

A-Way, installazione di Campomarzio, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

Come detto, il linguaggio scherzosamente imposto dagli organizzatori della manifestazione, è stato quello del gioco e di come quest’attività primordiale che accompagna l’uomo fin dai primi momenti della propria esistenza, possa (quando non addirittura debba) imporsi come momento fondamentale nel processo creativo per riposizionare la figura dell’architetto lasciandolo libero di sperimentare nuovi linguaggi, nuove logiche e perché no, nuove regole. Ed è stato proprio il concetto di gioco a collegare tutte le conferenze che si sono susseguite durante le tre settimane di svolgimento di A-Way.

A-Way, installazione di Campomarzio, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

Ma sono le installazioni temporanee, vero e proprio fulcro dell’iniziativa, il pretesto per testare concetti e ragionamenti espressi durante le conferenze. Architettando, concentrando l’azione progettuale sulla superficie di una copertura di un parcheggio interrato posto all’interno della cinta muraria nel Campo di Santa Marta, ha trasformato parte della distesa verde in una sorta di spiaggia decontestualizzata, rivisitando il concetto di molo e di sdraio, facendo atterrare la sabbia dove non ve n’è mai stata traccia. In questo modo la cittadinanza ha potuto oltrepassare un limite, quello imposto dal marciapiede che circonda l’area di progetto, senza per questo doversi sentire particolarmente colpevole.

A-Way, installazione di Superuse, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

BAM! Bottega di Architettura Metropolitana, invece, ha letteralmente ricucito le sponde del canale nei pressi di Porta Vicenza, trasformando gli ipotetici nodi di questo rattoppo in una moltitudine di sedute atipiche capaci di offrire inedite visuali sul paesaggio circostante, installando un’altalena nel sottoponte a dimostrazione di come si possano ottenere con estrema semplicità nuovi scenari d’uso dello spazio monumentale.

Superuse studio di Rotterdam ha utilizzato materiali di scarto locali per realizzare un dispositivo temporaneo di riflessione personale e collettiva sul territorio che circonda l’area di Riva IV Novembre. Assemblando 24 finestre con cornice in legno, ha costruito un piccolo padiglione, un semplice riparo per al massimo quattro persone, offrendo la possibilità di ritrovarsi per immaginare il futuro di quel piccolo lembo di verde che affaccia direttamente sulle mura del 1220.

A-Way, installazione di Superuse, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

Infine, l’Associazione Campomarzio di Trento, capovolgendo sostanzialmente una delle peculiarità della città contemporanea, ovvero quella di voler collegare tra loro realtà differenti, ha sperimentato la definizione di un nuovo spazio significante nei pressi di Villa Rina attraverso la realizzazione di un muro che lo separa dall’ambiente circostante, ottenuto attraverso l’installazione di una serie di tamponamenti di legno e tessuto. Uno spazio a servizio della biblioteca posizionata a pochi metri dall’intervento, hortus conclusus in cui rifugiarsi, dove ospitare intime letture o incontrare conoscenti o sconosciuti quando non addirittura trasformarsi, grazie all’aiuto dell’illuminazione, in quinta scenica per concerti e conferenze.

A-Way, installazione di Superuse, 2014, courtesy Architettando | Associazione Culturale

Tutte e quattro le installazioni sono avvenute per gioco, obbligandosi, però, a “servire a qualcosa per qualcuno”. Tutte e quattro le architetture sono state progettate e poi realizzate con l’aiuto (oltreché di sponsor e partner tecnici) della popolazione locale. Tutti e quattro i dispositivi hanno dimostrato quanto gli infraspazi possono offrirsi alla città come territori della sperimentazione, dove provare a costruire nuovi linguaggi di interazione, condivisione e integrazione.

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