Architettura moderna e processo di modernizzazione vengono spesso trattati come sinonimi o come lati di una medesima medaglia. Per quanto una tale concezione esprima un grado di correttezza nel leggere l’ambizione totalizzante di una generazione di architetti nei confronti della potenzialità e del ruolo del proprio lavoro all’interno della società, si tratta di un’assimilazione che inevitabilmente conduce ad individuare nell’architettura e nei suoi artefici un privilegiato capro espiatorio per il fallimento di un ideale di sviluppo. In altri termini, dall’esaltazione dei caratteri innovativi dell’architettura moderna alla denuncia dello squallore urbano e degli incommensurabili problemi delle megalopoli contemporanee il passo è molto breve. Ed è questa la tentazione in cui anche la mostra non può fare a meno di cadere, esprimendo attraverso alcune opere esposte la reiterazione di un discorso polemico ormai da lungo tempo in circolazione e che stenta ad esprimere alcun effetto costruttivo nei confronti di ciò che si vuole condannare.
Così, i punti più deboli dell’esposizione appaiono nelle video-installazioni che mostrano i luoghi della continua suddivisione spaziale dei sobborghi o che attribuiscono in maniera indiscriminata la targa di “Paesaggi Inutili” (Paisaje inutil/Useless landscape di Pablo Leon de la Barra) a un’ampia casistica di situazioni spaziali della città contemporanea che talvolta necessiterebbero di una più approfondita considerazione della propria indubitabile rilevanza sociale all’interno della città.
La mostra si apre con una serie di fotografie di Alberto Baraya che introducono il visitatore al tema attraverso il ritratto di alcune tra le icone architettoniche che hanno segnato il paesaggio urbano sudamericano dal dopoguerra e, tra queste, le opere di Oscar Niemeyer per Brasilia. Ed è proprio con una fotografia del funerale di Niemeyer nel 2012 – una cerimonia spiata da dietro una tenda-sipario – che si conclude l’esposizione. A indicare, nella scomparsa di colui che aleggia come spettro sulle opere esposte, una speranza per poter davvero andare “Beyond the Supersquare”.
Fino al 11 gennaio 2015
Beyond the Supersquare
The Bronx Museum of the Arts, New York