A tal fine, gli incontri hanno impegnato docenti e studenti del Politecnico di Milano (Marco Imperadori e Andrea Vanossi), dell’Università di Palermo sede di Agrigento (Fausta Occhipinti), e dell’Università di Tokyo (Salvator-John A. Liotta e Yuta Ito) nella costruzione di prototipi sperimentali per la protezione sia dei reperti archeologici sia dei lavori di scavo.
La costruzione delle coperture – oltre a porre problemi tecnici dovuti all’ancoraggio al suolo – trasforma il sito, aggiungendo un nuovo elemento al paesaggio archeologico. I progetti sono stati interpretati come una forma da gestire in continuità col paesaggio, qualcosa che non vi si oppone, ma si fonde con esso. In tal senso, i progetti hanno in parte cercato un dialogo col contesto, lo hanno ascoltato e gli hanno risposto, e, in modo più estremo, cercano di fondersi e annullarsi in esso, per scomparire.
Gli studenti giapponesi ed italiani hanno interagito proficuamente sia con le maestranze locali sia con i funzionari del parco: Giuseppe Amico, Calogero Liotta, Michele Bevilacqua e Antonio La Gaipa. Durante l’incontro, ci si è avvalsi della supervisione scientifica di Kengo Kuma e dei contributi di esperti in materia quali Giuseppe Guerrera e Walter Angelico. Il connubio di queste sinergie – università, funzionari pubblici e artigianato – rappresenta un momento di scambio e crescita unico che apre nuove strade da esplorare. I tre shelter prodotti durante “Architecture x Archeological Sites” – oltre ad avere un valore funzionale ed estetico – vanno a formare il primo nucleo di quello che il direttore Parello immagina come un parco di architettura moderna all’interno di un parco archeologico.