Benché Kahn vada considerato uno dei progettisti più importanti del XX secolo, non raggiunse mai la popolarità di Le Corbusier, Gropius e Mies van der Rohe. Perché? Forse uno dei motivi è in parte la sua mancata partecipazione alle riunioni internazionali d'architettura moderna del CIAM, cui fu invitato solo una volta, nel 1959, quando il gruppo era già in via di scioglimento. La ragione principale — parrebbe — è proprio il suo lavoro d'architetto, difficile da classificare: Kahn fa categoria a sé. Non faceva parte del Movimento moderno, né era un precursore del Postmoderno. Edifici come il Salk Institute di La Jolla, in California, o l'Indian Institute of Management di Ahmedabad, sono opere che possiedono la perfezione, la nitidezza e l'atemporalità dei templi greci. Il virtuosismo di Kahn nel progettare spazi grazie alla luce e la semplicità delle sue strutture e delle sue idee sono leggendari, ma tutte queste qualità senza paragoni si comprendono solo nell'esperienza fisica.
Louis Kahn aveva un carattere enigmatico, talvolta quanto la sua architettura. Il film My Architect del 2003, girato dal figlio Nathaniel, ha svelato alcuni tratti sconosciuti della sua storia personale, ma anche dopo averlo visto, non si riesce a capire meglio la sua architettura. La mostra del Vitra, per fortuna, non dice molto sui dettagli della sua vita privata, ma inizia, dalla prima sala, con un'abbondanza d'informazioni e di materiali sulla sua carriera, compresa la sua cartella e i begli acquerelli dei viaggi in Europa e in altri Paesi, e certe sequenze in cui Kahn compare in interviste o filmati.