Freedomland: archi-satira pungente

La mostra curata da Keith Krumwiede alla WUHO gallery è fatta per lasciare perplessi e non solo sulla mostra, ma anche su ciò di cui fa la parodia.

Per apprezzare l'allusione ironica che Keith Krumwiede mette in scena in Freedomland, feroce satira d'architettura in mostra alla galleria WHUO di Los Angeles fino al 19 febbraio, occorre risalire a un episodio di storia americana di molto tempo fa. In particolare occorre ricordare (e lo si ricorda grazie al promemoria di un testo di presentazione appeso all'ingresso della galleria) che, in base alla Land Ordinance (la Direttiva sul territorio) del 1785, l'America andava divisa a griglia in insediamenti quadrati di 6 miglia di lato (quasi 10 chilometri), ciascuno dei quali a sua volta comprendesse 36 suddivisioni quadrate di un miglio, della superficie di 640 acri (circa 2.600 metri quadrati).

A illustrare il tono allusivo della mostra cito direttamente il testo della presentazione: "Questa griglia, cornice strutturale della visione jeffersoniana di una società democratica rurale formata da cittadini agricoltori ma anche grande tavolo da gioco per la speculazione immobiliare rampante, costituisce la struttura di base di Freedomland, un nuovo modello di insediamento che mette d'accordo la rinascita del sogno dell'urbanesimo agrario con appetiti domestici da gran tempo consolidati, essendo oggi perfettamente scontato per gli intellettuali e sempre più accettato da chi non lo è che il nostro modello di insediamento attuale è sgradevole quanto ambientalmente insostenibile". In altri termini Krumwiede, oggi vicepreside della facoltà di Architettura di Yale, si dispone a risolvere e riformulare i problemi della bolla dell'edilizia residenziale con una serie di "quadrati" residenziali.
In apertura e qui sopra: Keith Krumwiede, <i>Freedomland</i>, inaugurazione
In apertura e qui sopra: Keith Krumwiede, Freedomland, inaugurazione
Ma prima vorrei descrivere lo scenario della serata inaugurale di Freedomland. La galleria WUHO è a pochi isolati dal Walk of Fame di Hollywood, la "Passeggiata delle celebrità", un luogo che è forse a Hollywood quanto ci sia di più simile a Times Square. Qui i turisti si mescolano agli eccentrici, e adulti vestiti da Uomo Ragno si mescolano a gente travestita da Michael Jackson. E, mentre la maggior parte di chi quella sera si vedeva alla WUHO ci era andata appositamente, altri ci entravano per capriccio, euforici per quel che avevano visto negli isolati precedenti e in cerca di champagne gratuito. Dalle facce era chiaro che quei pochi passanti casuali non riuscivano a capire bene che cosa stavano guardando. E non posso fare a meno di pensare che, nella loro confusione, cogliessero il senso di Freedomland anche meglio di chi tra noi era arrivato alla mostra dopo aver letto il comunicato stampa. Freedomland è fatta per lasciare perplessi, e non solo sulla mostra, ma anche su ciò di cui fa la parodia.
Keith Krumwiede, <i>Freedomland</i>, poster della mostra
Keith Krumwiede, Freedomland, poster della mostra
Al di là delle importanti premesse architettoniche, la mostra di Krumwiede potrebbe essere considerata un'opera d'arte. Per cominciare ha un forte carattere grafico (come fosse inserita in una gabbia, in un diagramma): sulle pareti una serie di fogli quadrati, dai contenuti pure quadrati, simboleggiano le aree in varie sfumature di verde e di grigio. Sul piano visivo la mostra è un monotono caleidoscopio di forme ripetute. Il che, ovviamente, si ricollega direttamente alla forza concettuale di Freedomland. La proposta di Krumwiede di cambiare la forma – spirituale, fisica, finanziaria – dell'America si riduce essenzialmente alla sua trasformazione in forma di cubo. In sostanza Krumwiede suggerisce di rimodellare i quadrati americani in quadrati differenti, come in una riedizione moderna della visione jeffersoniana, riconfigurati per inserire il meglio della vita rurale, urbana e dei quartieri residenziali suburbani in un'unica griglia.
Forse la parte più interessante di Freedomland è che non è poi del tutto eccentrica. Dopo tutto il panorama dentro la galleria WUHO non è diverso da quel che si vede dal finestrino di un aereo in rotta da New York a Los Angeles: si allunga il collo per vedere una serie di superfici quadrate, dai contenuti quadrati, di varie sfumature di verde e di grigio
A sinistra: Ville d'Anelle. A destra: Bayt el Kadi
A sinistra: Ville d'Anelle. A destra: Bayt el Kadi
I quadrati sulle pareti della WUHO quindi sono soprattutto piante: piante d'architettura e piani per il futuro. Con intelligenza, sono anche piani costruiti su piante esistenti: Krumwiede usa piante di case reali di alcuni tra i maggiori costruttori di abitazioni di lusso d'America come moduli costruttivi per le sue riconfigurazioni. La strategie di Krumwiede è una palese mescolanza di contraddizioni: adotta le "incontestabili verità" della bontà del cibo a chilometri zero (ruralismo), della vita urbana e perfino degli agi dei quartieri residenziali fuori città. Freedomland allude a due contraddittori stereotipi americani: "Prenditi quel che puoi" il primo, "Prenditi quel che puoi, ma solo se è una cosa onesta" il secondo. Freedomland coniuga queste due schematiche rappresentazioni e fornisce loro una bandiera da inalberare sul quartiere "onnicomprensivo". Per tirare concretamente le somme della paradossale prospettiva di Freedomland Krumwiede inserisce inoltre nella sua proposta la seguente prescrizione: "Per trarre vantaggio dalla sempre più breve vita delle abitazioni, e analogamente alla rotazione dei terreni agricoli, l'intero quartiere, abitazioni comprese, da demolire e ricostruire, ruota in senso antiorario ogni vent'anni, completando la rotazione in otto anni. Ciò ha la positiva conseguenza di fornire a ogni residente, a intervalli regolari, una nuova casa esattamente uguale alla vecchia abitazione".
A sinistra: CityLAB for Practical Utopias (20 case, 100 camere da letto, 80 bagni). A destra: The Estates at Satter Fields (20 case, 80-100 camere da letto, 80 bagni, 20 servizi)
A sinistra: CityLAB for Practical Utopias (20 case, 100 camere da letto, 80 bagni). A destra: The Estates at Satter Fields (20 case, 80-100 camere da letto, 80 bagni, 20 servizi)
All'inaugurazione ho parlato con Krumwiede, il quale mi ha riferito che parecchi colleghi gli hanno chiesto se dicesse sul serio: "No, certo che no; ma anche sì", dichiara, sottolineando ulteriormente il tono beckettiano della sua intelligente mostra. Una volta di più credo sia il caso di ripetere che parte della proposta di Krumwiede comprende la rotazione antioraria dei residenti ogni vent'anni per "cambiare la scena", ma in qualche modo con una scena esattamente identica. E inoltre Krumwiede sottolinea che le sue piante sono ispirate ai progetti di alcuni grandi personaggi ("Questa qui è di Frank Lloyd Wright, quest'altra di Le Corbusier…" e così via). Be', questa è satira, no? Farci esclamare "È ridicolo!" di fronte a ciò che ci è più familiare. Forse la parte più interessante di Freedomland è che non è poi del tutto eccentrica. Dopo tutto il panorama dentro la galleria WUHO non è diverso da quel che si vede dal finestrino di un aereo in rotta da New York a Los Angeles: si allunga il collo per vedere una serie di superfici quadrate, dai contenuti quadrati, di varie sfumature di verde e di grigio. Katya Tylevich
A sinistra: ville a Pek Park (20 ville, 60-100 camere da letto, 80 bagni, 20 servizi). A destra: Ramsaland (32 ville, 169 camere da letto, 128 bagni, 32 servizi)
A sinistra: ville a Pek Park (20 ville, 60-100 camere da letto, 80 bagni, 20 servizi). A destra: Ramsaland (32 ville, 169 camere da letto, 128 bagni, 32 servizi)
A sinistra: Pellitshker Plotz (20 case, 80-100 camere da letto, 80 bagni, 20 servizi). A destra: fattorie e rotazione delle case
A sinistra: Pellitshker Plotz (20 case, 80-100 camere da letto, 80 bagni, 20 servizi). A destra: fattorie e rotazione delle case
A sinistra: organizzazione della città. A destra: divisione in quadranti del territorio comunale
A sinistra: organizzazione della città. A destra: divisione in quadranti del territorio comunale

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