Che l'architettura sia in buona parte amorale è scritto nelle sue origini e nella sua evoluzione. Vitruvio era pur sempre un ingegnere militare, e quando leggiamo della povera signora Savoye, invitata da Corbu a mettere delle "belle piante selvagge" all'ingresso dell'inabitabile capolavoro di Poissy, o di Miss Farnsworth, sedotta, abbandonata e pure perdente nelle cause legali contro Mies, l'umana empatia confligge con il sentimento di identificazione che, da architetti, proviamo per la crudeltà dei maestri, per la loro determinazione nel raggiungere un esito disciplinarmente significativo.
La dimensione profondamente etica della proposta di Lieven De Cauter e Dieter Lesage (insieme all'impossibilità' del tema e alla sintesi estrema della forma-cartolina) funziona quindi da efficace mezzo di contrasto, contribuendo a rivelare paure, desideri, tic, perversioni, derive ideologiche e feticci di un campione significativo di colleghi. Allo stesso tempo, consente a chi guarda i duecento 'progetti' inviati a Domus di capire qualcosa di se stessi, di effettuare una sorta di test fai da te: come se fossero, nella loro variabile indeterminazione, altrettante macchie di Rorschach architettoniche...
Cartolina #140. [immagine in alto] Dal sogno all'evidenza dei numeri. La visualizzazione grafica delle rotte dei migranti, dei nodi dove queste confluiscono e delle quantità coinvolte mostra una realtà impressionante. Lo stretto di Gibilterra ne risulta come uno dei colli di bottiglia maggiormente problematici, ma la dimensione del Sahara impressiona di più. Un tema per una nuova consultazione?
È un invito a conoscere meglio gli africani? O a farsi domande su chi è effettivamente prigioniero: noi europei trincerati dietro i 'muri' delle nostra frontiere o chi preme per entrare?
Più la guardo e più mi chiedo se l'efficacia dell'immagine (un semplice gesto grafico a contrasto con la grazia figurativa del disegno originale) si risolva nello spingerci all'indignazione verso la ferocia con cui l'Unione Europea si è trincerata dentro i suoi confini o nel rassicurare il nostro desiderio di vivere da privilegiati abitanti di una gigantesca gated community.
Che l'architettura sia in buona parte amorale è scritto nelle sue origini e nella sua evoluzione.
Il progetto della natura è un ossimoro tanto più intrigante se prodotto all'interno di una ipotesi programmatica così politicamente corretta: il fine giustifica i mezzi? buone intenzioni e mutazioni? Verso una architettura geneticamente modificata...