La più recente installazione di Ishigami mette in risalto il perimetro della Curve Gallery con un allineamento di colonne 'a pioggia': filamenti bianchi quasi impercettibili galleggiano sullo sfondo delle pareti bianche, delineando un arco di 80 metri intorno al Barbican. Le colonne stesse sono oggetti incredibili: ciascuna di esse è un tubo costituito da un foglio arrotolato di fibra di carbonio bianca, del diametro di 0,9 millimetri: all'incirca quello di una goccia di pioggia. Le colonne si levano (più che cadere) per circa quattro metri e si librano quietamente a mezz'aria, in apparenza sostenute soltanto dalla volontà. In realtà le colonne sono sostenute in modo pressoché invisibile da una 'nube' di cavi, delle fibre di nylon trasparenti: per la precisione 2.756 fili, riuniti a gruppi di 52 per ciascuna delle 53 colonne sospese. Tra esse l'aria – come architettura – e lo spazio, nella sua essenza stessa: un muro intangibile costruito dal suggerimento di una linea.
I numeri possono stupire, e il rispettoso silenzio pare insito nella stessa esperienza della visita. All'ingresso nello spazio della galleria viene cortesemente chiesto di togliersi le scarpe, e anche i soprabiti pesanti, le borse e gli accessori ingombranti che potrebbero inavvertitamente interferire con la ragnatela dell'installazione. Ancora fresco nel ricordo, ovviamente, il bestiale sabotaggio dell'anno scorso; e anche qui la delicata struttura ha dovuto subire almeno un attacco umano prima dell'inaugurazione. Ma malumore e numeri vengono messi da parte insieme con le scarpe e i soprabiti; quando si scende scalzi al livello della galleria, mentre gli occhi si adattano al biancore, fragili linee emergono lentamente dal pallore. L'impulso ad alzare lo sguardo verso la delicata ragnatela dei cavi si accompagna all'invito a percorrere la lunghezza dello spazio, reso intimo dall'installazione di Ishigami.
Ma Ishigami sottolinea che le sue esistenziali "architetture d'aria" non sono altro che iterazioni di una certa idea in spazi specifici. Il numero delle colonne è significativo solo in quanto colma adeguatamente lo spazio; la posizione dei cavi è dettata solo dall'efficienza e dal carico. Più che invocare le alate parole della critica d'architettura contemporanea o un modo prescrittivo di concepire lo spazio, Ishigami stupisce per la potenziale impresa tecnica quanto per la suggestione filosofica e quasi spirituale del suo progetto. Dall'altra parte della città un'altra installazione pubblica – l'hortus conclusus di Peter Zumthor – rappresenta un corrispondente studio in nero. Entrambi gli spazi monocromi e sommessi indicano che a Londra, quest'estate, il pensiero architettonico sta concedendosi un pensoso momento di riflessione. Shumi Bose
28 June 2011 – 16 October 2011
Junya Ishigami: Architecture as Air
The Curve, Barbican Centre
London
Nell'affrontare lo spazio alla dimensione atomica, le indagini di Ishigami, più che essere pragmatiche, vanno in profondità; e pare quindi appropriato che alla sua struttura ci si riferisca come a qualcosa di 'concepito', più che di costruito.