Il raggio d'azione è tra l'arte e l'architettura, "Testiamo i confini e i limiti dello spazio pubblico, con grande impegno sociale", spiegano. Benny Jepsen, uno dei componenti, precisa che per loro lo spazio pubblico è un luogo dove ognuno può fare sentire la propria voce, un luogo aperto e accessibile a tutti i cittadini senza distinzione alcuna.
In pratica, Bureau Detours dà vita a oasi contemporanee multifunzionali nel paesaggio urbano, luoghi dove possano nascere nuove relazioni e dove le persone possano interagire. Come l'ultima massiva installazione realizzata, la scorsa estate, nella cittadina danese di Arhus all'esterno del Centro di Arte Contemporanea in occasione dell'Arhus Festival: una bizzarra impalcatura fatta di bancali di legno che si stendeva su 500 metri quadrati e dieci metri di altezza e che all'interno nascondeva, tra le altre cose, palcoscenici, giardini, bar, un ostello, una cucina, unità mobili per esporre lavori d'arte.
Lo scorso febbraio, il gruppo danese è stato l'ospite d'onore al DoGA (il centro norvegese per il design e l'architettura) con la mostra "More is More", organizzata da Norsk Form. Qui Bureau ha trasportato il proprio metodo di lavoro open source, per dirla con un termine molto in voga nell'universo informatico. L'obiettivo? Dimostrare che il progetto è la base di tutto, il resto viene da sé, basta avere un atteggiamento aperto e ricettivo. ES
