Sono a tavola con Francesco Librizzi e suo padre a Gratteri, nell'entroterra siciliano, nella loro casa di famiglia. È un'architettura appropriata, progettata e interamente costruita da Librizzi senior. Una casa molto diversa da quella illustrata in queste pagine. La domanda è ovvia. Perché siamo qui? Perché per comprendere le logiche e le ragioni progettuali di Francesco è di grande aiuto osservarlo in quelle situazioni in cui torna a essere il ragazzino che trafficava con il motorino: il bambino che è trasmigrato nel cuore della persona adulta.
Mentre ci fa vedere questo interno, Francesco racconta: "Avrò avuto otto anni. Si rompe il frullatore. Mio padre lo apre e capisce che si è spezzato un ingranaggio. Allora si mette ad armeggiare e costruisce un microstampo. Da non credere: fonde un pettine di plastica e stampa un nuovo ingranaggio per sostituire quello rotto. Ecco. Questa per me è la mia infanzia. Un misto tra un Robinson Crusoe formato domestico, mio papà, e mio zio che trasformava il Ducato in altro: un veicolo che pareva uscito dai telefilm degli A-Team che guardavo alla televisione. Un'infanzia meravigliosa, durante la quale ho imparato che il progetto non è questione di competenze, quanto di attitudini". Apparentemente, le astrazioni spaziali di Librizzi adulto sono lontane anni luce da Francesco bambino che giocava con lo zio nella campagna siciliana. Ma, forse, non è così. Sono due facce della stessa medaglia. Il racconto continua: "Mio padre è stato professore di educazione tecnica in una scuola media di Cefalù per 40 anni. Non è un architetto. Entrambi—mio padre e mio zio—sono comunque dei progettisti raffinatissimi e incredibili. La grande tradizione mediterranea. Che si tratti di costruire la propria casa, o che si debba trasformare un furgone in un fantasmagorico camper per andare a Capo Nord, loro sono progettisti assoluti. Dal cucchiaio per arrivare alla città: invece di Gropius al Bauhaus, siamo però nella Sicilia più pura e più aspra. Con me, bambino, che guardo incantato ed emozionato".
Oscillando tra la tradizione del disegno d'interni e le seduzioni digitali del contemporaneo, l'architetto ribadisce che il progetto, in primo luogo, è una questione di attitudini.
Gruppo di progetto: Francesco Librizzi con Matilde Cassani
Collaboratori: Carolina Martinelli
Strutture: Federico Santarosa
Struttura di metallo: Mario F23