Ognuno di noi ha la responsabilità di contribuire a un futuro sostenibile. Quest’anno, su Domus, abbiamo analizzato a fondo le problematiche che stanno interessando il pianeta a livello globale e sono convinto che le azioni su piccola scala possano avere un impatto altrettanto grande di quelle su larga scala. Ciò è dimostrato da Iris van Herpen, che in questo numero spiega come consideri il suo lavoro una forma di urbanistica. La moda è urbanistica e l’urbanistica è moda.
Il legame tra moda e città è reso ancora più esplicito da un’analisi spaziale di alcune tra le più importanti settimane della moda del mondo. Le grandi passerelle possono impossessarsi di metropoli come Parigi, Londra, New York e Milano, ma per la maggior parte si tratta di eventi non particolarmente democratici, per lo più inaccessibili al grande pubblico. Abbiamo la straordinaria immagine di una sfilata del 2014 a Parigi, quando Chanel costruì una “versione Potemkin” di una strada parigina all’interno del Grand Palais. Perché questi eventi non si svolgono nelle strade, dove il pubblico può interagire in modo più diretto?
Come per la moda, anche il cibo e i cosmetici che usiamo sono oggetti relativamente piccoli, ma hanno un profondo effetto sull’ambiente. Leggendo l’articolo di questo numero sui paesaggi creati dalla produzione di olio di palma – e soprattutto sulle vaste aree di foresta che distrugge – molti di noi guarderanno con più attenzione a ciò che spalmano sul pane tostato a colazione.
Gli scienziati hanno scoperto che c’è abbastanza terra fertile sul pianeta per piantare oltre un trilione di alberi senza influenzare la nostra produzione alimentare. Tuttavia hanno escluso le aree urbane dai loro calcoli
Sempre in tema di foreste, è stato interessante leggere un recente studio che mostra come il modo più efficace ed economico per combattere i cambiamenti climatici sia piantare più alberi. Gli scienziati hanno scoperto che c’è abbastanza terra fertile sul pianeta per piantare oltre un trilione di alberi senza influenzare la nostra produzione alimentare. Tuttavia hanno escluso le aree urbane dai loro calcoli: perché? Nello scorso numero di Domus abbiamo dato ampio spazio all’idea del progetto Green Dip e ai modi di combinare edifici e natura. Se abbiamo bisogno di un trilione di alberi, perché non trasformare ogni nuovo edificio in un’opportunità per contribuire a raggiungere tale numero? Le città non sono solo un problema da risolvere: sono parte della soluzione ai cambiamenti climatici!
Una prospettiva analoga può essere applicata alla crisi dei rifugiati che attualmente coinvolge il Medio Oriente e l’Europa: se i rifugiati fossero una soluzione e non un problema? In questo numero guardiamo alla Germania: i tedeschi sono stati il popolo europeo più coraggioso nell’accogliere rifugiati e immigrati, e hanno tentato di elaborare piani a lungo termine su come queste persone contribuiranno al loro Paese e su come le costruzioni di cui hanno bisogno per essere ospitate influenzeranno il futuro delle piccole e grandi città coinvolte. L’impatto di migliaia di piccole azioni e piccoli progetti, che hanno portato a offrire ospitalità a oltre 1.000.000 di rifugiati, farà nascere nuove forme economiche e sociali.
Un altro esempio dell’impatto di molti contributi individuali è il nostro articolo sull’incendio dello scorso 15 aprile nella cattedrale di Notre-Dame. Forse sembrerà un po’ tardi pubblicare un articolo sul drammatico evento a settembre, ma No-tre-Dame ha più di 800 anni: la discussione rappresenterà un pezzo importante dell’eredità che lasceremo alle generazioni future. Questo dibattito democratico sul futuro di un edificio che sembra davvero appartenere a tutti noi merita di essere portato avanti. Una competizione d’idee è un’iniziativa coraggiosa. Ma a chi toccherà scegliere il vincitore? E su quali basi va presa questa decisione? La partecipazione collettiva è il compito di noi urbanisti.
Immagine di apertura: immagine d’iniziativa spontanea di messa a dimora di germogli da parte di cittadini per contribuire alla salvaguardia ambientale del nostro pianeta. Uno studio recente dimostra che, per combattere i cambiamenti climatici, sarebbe sufficiente piantare pù alberi. Gli scienziati sostengono che sulla Terra abbiamo a disposizione terreno fertile per un trilione di nuove piante.