Da non architetto ho sempre pensato che l’architettura sia cruciale e destinata a tornare a quella di Leon Battista Alberti, Michelangelo e Borromini, solo per fare nomi noti anche ai non specialisti. Una disciplina aperta, fatta non solo di ricerche estetiche e funzionali ma soprattutto di ampie conoscenze basate su un approccio umanistico, che oggi si chiama olistico.
Prima di essere saperi verticali, l’architettura e il design stabiliscono collegamenti orizzontali all’interno della società, tra la natura e gli esseri umani, tra i valori e i comportamenti, connessioni che se hanno valore rimangono nel tempo. Anche perché siamo tutti esseri fragilissimi su un pianeta fragilissimo dove ogni cosa è connessa da ben prima della globalizzazione e dell’era digitale.
Per questo credo che gli architetti, i designer e l’ecosistema cognitivo che li sostiene siano in prima linea al servizio del pianeta e della comunità. Perché dal loro lavoro dipende l’equilibrio tra immaginazione e conservazione, memoria del passato e visione del futuro.
È con questo spirito che Domus accoglie il 2023 chiamando alla sua guida scientifica non uno ma due architetti, Steven Holl e Toshiko Mori. Una “coppia-non coppia”, come l’ha definita il Presidente di Editoriale Domus Giovanna Mazzocchi Bordone, che sarà il primo duo a tenere la direzione scientifica nella storia della rivista fondata nell’ormai lontano 1928 da Giò Ponti e Gianni Mazzocchi. E che saluta Toshiko Mori come la prima donna a salire sulla tolda di un’idea che da novantacinque anni porta il mondo a Milano e da Milano immagina il mondo.
Pur essendo due persone con interessi diversi condividiamo conoscenze e convinzioni, ma anche l’intenzione di mettere in discussione e migliorare collettivamente la situazione dell’architettura del nostro tempo.
Del resto, l’anno che si annuncia segna una tappa fondamentale di Domus 10x10x10, il progetto che dal 2018 al 2028, data appunto del centenario di Domus, chiama ogni anno un protagonista dell’architettura globale alla guida scientifica della rivista. Cinque anni vissuti così intensamente, dopo novanta irripetibili, sono un traguardo unico al mondo, che doveva essere festeggiato nell’unico modo possibile. Continuando la rotta nell’esplorazione della realtà e nei cambiamenti della vita associata che Domus conduce fin dalla sua nascita.
Una rotta affascinante, anche se non sempre semplice. Perché dopo Michele De Lucchi, Winy Maas, David Chipperfield, Tadao Ando e Jean Nouvel – architetti notissimi ma prima di tutto intellettuali dotati di una visione – la realtà ci appariva in accelerazione, spinta da eventi inaspettati e non desiderati. Pandemia, guerra, inflazione, migrazioni, fallimento delle politiche globali sul clima. Occorreva un cambio di paradigma, quell’innovazione che resta iscritta nel codice genetico di Domus e di Editoriale Domus.
Da qui l’idea di un dialogo fra due architetti, diversissimi e per certi versi opposti, che si unissero nel prestigio di Domus per stendere un Manifesto 2023 in comune, cimentandosi in un confronto che resta la base della creatività. Abbiamo voluto provare una sorta di intelligenza collettiva, per ingaggiare noi stessi e il nostro pubblico, di lettori e stakeholders in un frangente storico dove le sfide della realtà si fanno più pressanti ed enigmatiche.
Steven Holl e Toshiko Mori non hanno bisogno di mie presentazioni. Figure di spicco del panorama dell’architettura, come del jet set culturale globale, hanno entrambi studio a New York, negli Stati Uniti, un paese che al di là dello sviluppo di altre aree del mondo resta un riferimento obbligato per tutti coloro che si occupano di architettura, design e arte, come di chiunque sia interessato alla trasformazione degli stili di vita.
Entrambi docenti in atenei prestigiosissimi e da sempre in fruttuosa competizione – Holl alla Columbia University di New York e Mori alla Harvard University di Cambridge – hanno accolto con gioia e onore la proposta di Domus, che segna in qualche modo la loro consacrazione nelle categorie architettoniche della contemporaneità.
“Pur essendo due persone con interessi diversi”, hanno scritto a quattro mani nel Manifesto di Domus 2023, “condividiamo conoscenze e convinzioni, ma anche l’intenzione di mettere in discussione e migliorare collettivamente la situazione dell’architettura del nostro tempo. Vogliamo che il nostro dialogo prenda le distanze da una polarizzazione estrema e aspiri invece a modellare una comunità capace di promuovere uno scambio di idee informato e ricco di sfumature”.
Nel 2023, Holl e Mori introdurranno “prospettive di riflessione e rifrazione” che aiutino a pensare alle vite che viviamo. E dando vita a una “piattaforma collettiva per promuovere un dialogo aperto”. E’ il significato originario del purpose di Domus, in cui credo e che sto promuovendo dal mio arrivo grazie alla fiducia e alle possibilità concesse dall’Editore. Piuttosto che distinguere le tradizionali categorie di architettura, arte e design, oggi occorre riconoscere che tutto è collegato. Il cambiamento climatico del nostro pianeta non è legato solo a un’idea di sviluppo, ma anche alle migrazioni sociali, alla conservazione del paesaggio naturale, alle condizioni urbane. Per questo i confini tra architettura, design, arte appaiono sempre più “frontiere sfumate”, proprio come il titolo del Manifesto di Domus 2023.
Vogliamo che il nostro dialogo prenda le distanze da una polarizzazione estrema e aspiri invece a modellare una comunità capace di promuovere uno scambio di idee informato e ricco di sfumature.
Oggi l’architettura è una piattaforma che come Domus – fatto di canali diversi indipendenti ma strettamente collegati, come la carta, il digitale, gli eventi e l’intelligence unit per le collaborazioni strategiche con imprese e istituzioni – fa dialogare finanza e termodinamica, fisica dei materiali e psicoanalisi, politica e medicina, cibernetica e arte. La riprova è avvenuta pochi giorni fa, a Milano, durante la quinta edizione del Domusforum. Ancora una volta, scienziati, civil servants, industriali, finanzieri, economisti, sociologi, letterati e architetti di tutto il mondo hanno dialogato sul futuro delle città. E delle sfide della vita associata.
Siamo convinti che il 2023 sia un anno di svolta. Non solo per noi di Domus, che giriamo la boa della metà del progetto 10x10x10, ma per il mondo. Perché le difficoltà che già sono evidenti rappresentano in realtà una grande opportunità di conoscenza, sviluppo e miglioramento. Da parte nostra possiamo solo dire che ci saremo e cercheremo di dare il nostro contributo come sempre e ancora di più. Per questo ringraziamo Steven e Toshiko e gli diamo un caloroso benvenuto a Domus.