Può sembrare una cosa facile: affittare un prodotto invece che acquistarlo, guadagnare vendendo l’uso al posto del possesso. Sono anni, del resto, che Philips ha smesso di vendere lampade per offrire ai suoi clienti un servizio di illuminazione chiavi in mano. Iniziato con una mega-operazione nell’aeroporto Schiphol di Amsterdam nel 2015, Light As Service ha trasformato in cinque anni il modello di business del gigante olandese: che ora installa le fonti luminose presso i clienti, le mantiene, ne sostituisce parti quando è necessario, se le riprende quando e se non servono più. Per il cliente significa zero investimento iniziale e la certezza di un servizio professionale immediato. Per l’azienda, la possibilità di creare un rapporto di fiducia continuativo con chi acquista il servizio e un enorme passo avanti in tema di sostenibilità. Perché sostituire il possesso con l’uso è uno dei pilastri dell’economia circolare che porta con sé un cambio nel sistema organizzativo degli affari di un’azienda (dalle transazioni one-off alle relazioni che durano nel tempo), nella progettazione (i prodotti devono essere progettati per lo smontaggio e la manutenzione, quindi durare molto più a lungo) e nel fine vita (ogni elemento e materiale deve poter essere riutilizzato per ridurre al minimo il riciclo).
Ma quello che è risultato fattibile e proficuo in un settore tecnico come quello dell’illuminazione o della mobilità sembra molto più complicato quando si parla di arredo.
Era il marzo 2019 quando Ikea ha annunciato l’inizio di una serie di ricognizioni sull’affitto dei propri mobili in 30 Paesi con l’idea di partire con il servizio nel 2020, in coerenza con l’ambizione di diventare un business circolare e climate positive entro il 2030. Eppure, a un anno di distanza, il colosso svedese non ha molto da aggiungere sul tema (salvo il fatto che sono in corso studi esplorativi e che i veri test partiranno nell’arco di due mesi).
Perché affittare mobili a privati e rendere il modello d’affari economicamente sostenibile non è semplicissimo. “Ci sono problematiche di diverso tipo da tenere in conto”, spiega Alessandro Ceccon, marketing manager di Lago. Nei prossimi mesi, l’azienda padovana partirà con un progetto pilota di affitto arredi a Milano su una serie limitata di pezzi della collezione Air – come parte della strategia dell’azienda verso un approccio più sostenibile. “Come azienda, investiamo per produrre e vendere un oggetto. Se lo affittiamo i tempi per recuperare l’investimento si allungheranno. Le incognite sono relative all’accettazione del nuovo sistema, alla relazione finanziaria a lungo termine con il cliente, alla massa critica di prodotti che verranno usati ma non acquistati. Noi però ci crediamo”. Rincara Daniele Lago: “Nella nostra visione, il modello distributivo attuale omni-canale evolverà offrendo l’affitto di fianco alla vendita. La facciamo perché crediamo che questo sistema allunghi la vita dei prodotti e quindi riduca l’impatto ambientale. C’è poi anche un altro fattore in gioco: noi siamo convinti che la società si stia evolvendo verso un’economia dell’accesso più che del possesso e vogliamo essere pronti. Ecco perché tutti i nostri intermediari commerciali (dealer) saranno coinvolti in questa nuova proposta e faranno sì che i servizi erogati siano eccellenti. Il futuro della distribuzione sarà sempre di più in ibridazione tra on e l’off line dove uno ha bisogno dell’altro per avere successo”.
A chi ci ha provato l’anno scorso, Studio Apeiron di Dario Brivio e Francesco Cazzaniga, non è andata benissimo. I loro AfforTable, presentati al Fuorisalone 2019, noleggiabili per un euro al giorno e poi eventualmente acquistabili, non sono diventati un business. “In un anno ne abbiamo affittati solo venti”, dicono dallo studio che è anche autore degli arredi, realizzati con legno di recupero, a km zero e personalizzabili. “Non è chiaro quali siano le problematiche ma pensiamo che l’idea del non possesso, in Italia, non sia ancora diffusa e accettata quanto si pensi”.
In alcuni Paesi, in effetti, la proprietà è ancora considerata un valore a prescindere. A giudicare dalle ricerche fatte da diverse aziende su questo tema, uno dei fattori determinanti nell’accettazione di un servizio di affitto di mobili è la mobilità della popolazione. Lo studio di Ikea citato prima, infatti, pubblicato nel 2019 sul tema rent e leasing, metteva in evidenza come l’apertura nei confronti di progetti del genere fosse più decisa in Paesi con grandi comunità di espatriati o di studenti universitari fuori sede (come la Svizzera, l’Olanda, i Paesi scandinavi). Un’altra ricerca, realizzata da un produttore di software per gli affitti di mobili americano, EZRentOut, ha invece calcolato, sempre nel 2019, che dal 2016 il business dell’affitto degli arredi ha registrato una crescita globale del 1.000 per cento portando il valore di questo business tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari. Secondo lo studio, il crescente interesse per gli arredi in affitto è dovuto all’instabilità economica che vive la generazione dei Millennial e alla necessità di spostarsi frequentemente per lavoro (la maggior parte di loro, dice la ricerca, affitta una nuova casa in media 12 volte prima di acquistarne una).
Diverso è il discorso quando si parla di aziende attive nel settore contract. Come l’olandese Lensvelt, 11 milioni di euro di fatturato di cui il 3% proviene dall’affitto. “Vorrei dire che ho creato questo modello di business solo perché ci tengo all’ambiente e credo nell’economia circolare”, afferma Hans Lesnvelt, CEO. “Se non fosse così, sarebbe folle mettersi a creare qualcosa del genere nel contesto attuale che, malgrado i paroloni e le grandi intenzioni di imprese e governi, continua ad alimentarsi con l’estrazione delle materie prime, la trasformazione e la vendita. Per chi vuole fare in modi diverso, la strada è per ora decisamente in salita”. Lensvelt è riuscita nell’intento investendo nella creazione di un magazzino dedicato, dove sono presenti un centinaio di pezzi di diverse collezioni, e lavorando con istituzioni e grandi committenze che acquistano l’uso di un numero elevato di pezzi. “Il numero dipende dal clienti e da cosa chiedono”, continua Hans Lensvelt. “I nostri arredi costano ogni mese tra l’1 e il 2% del prezzo d’acquisto complessivo: ciò significa che dopo 100 o 50 mesi avresti comprato il prodotto. A un’istituzione come lo Stedelijk Museum di Amsterdam, l’affitto conviene da un punto di vista economico perché normalmente le sedute, nei loro spazi, non durano mai più di 3 anni. Per un cliente che non ha così tanto passaggio, invece, e che fa durare le cose a lungo l’affitto è un guadagno solo in termini di convenienza economica e flessibilità d’uso. In Olanda questo è un fattore chiave perché nascono, si evolvono e rinascono tantissime piccole realtà di continuo. La verità è che comprare sarà sempre più vantaggioso sia per l’azienda sia per il cliente. E che gli arredi a pochi euro sono alla portata di tutti. Scegliere l’uso sul possesso deve essere il risultato di una scelta etica, non economica. Che mi auspico saranno sempre più persone a compiere”.